Elaborazione di una mia immagine: ecco i risultati!

Poco più di due settimane fa ho reso pubblici i file grezzi di una mia immagine astronomica, chiedendo a tutti gli interessati di elaborarla, a condizione di elencare i passaggi fatti e i software utilizzati. Ne è venuto fuori un progetto molto interessante, con la partecipazione di molti appassionati ed esperti di fotografia astronomica che hanno interpretato secondo il loro gusto personale i dati che avevo messo a disposizione. In questo post sono raccolte tutte le elaborazioni di chi ha partecipato, corredate di foto finali, di passaggi effettuati e a volte persino di screenshot e di processi eseguiti, in modo che chiunque possa riprodurre il risultato.

Prima di lasciarvi alle elaborazioni, mi piace tirare delle conclusioni, che per alcuni sono ovvie ma per altri meno:

  • Ogni immagine ha un impatto diverso su chi la osserva perché c’è una componente di interpretazione personale nel restituire i colori e i contrasti. Non troverete quindi due immagini uguali, ma…;
  • A prescindere dall’impatto estetico, un’attenta analisi mostra che tutte le elaborazioni mostrano circa gli stessi dettagli. Cambiano i contrasti, il livello di rumore, i colori, la saturazione… ma la forma, le dimensioni e la presenza o meno dei dettagli sono uguali per ogni foto e questo significa due cose: a) nessuno ha barato creando artefatti più o meno voluti e b) La fotografia astronomica non è arte ma deve rispecchiare la realtà. Non è foto ritocco ma elaborazione, spesso con metodi e processi rigorosi, che mira a mostrare nel miglior modo possibile ciò che è stato catturato e non ha lo scopo di migliorare in modo arbitrario i dettagli laddove il segnale non c’è;
  • A prescindere dal gusto personale, dalle ricette e persino dai software usati, quando si applica un buon procedimento di elaborazione il risultato tende a convergere e prescinde da cosa si è utilizzato per arrivarci. Ci sono software più specifici, altri meno; altri ancora sono potentissimi e alcuni richiedono più manualità da parte dell’utente ma alla fine, quando si ha una minima padronanza dei processi e si ha ben chiaro il legame stretto tra la fotografia e la realtà, i risultati convergono. Alcuni utenti meno esperti hanno forse esagerato abbassando curve e livelli e facendo quasi scomparire le tenui volute di polvere che abbracciano tutto il campo. E’ in questo caso che entra in gioco l’esperienza di elaborazione e la conoscenza del soggetto che si è ripreso. Questo significa che la fotografia astronomica non si improvvisa ma che sotto c’è un grande lavoro di esperienza e di studio, sia delle tecniche che dei soggetti astronomici.

Detto questo, vi lascio alle elaborazioni degli utenti che hanno partecipato a questo progetto, ringraziandoli pubblicamente.

La mia elaborazione, invece, corredata da tutti i passaggi fatti ed eseguita con software differenti rispetto alla maggioranza dei collaboratori, la trovate scaricando questo PDF. In fondo all’articolo è possibile visualizzare il collage di tutte le elaborazioni fatte per avere una panoramica d’insieme.

Elaborazione di: Daniele Gasparri

Elaborazione di: Daniele Gasparri

 

Ruggiero Carpagnano

Partendo dal file grezzo ho usato solo Pixinsight. Ho allegato uno screen shot dei processi usati.

Prima ho croppato l’immagine, poi ho usato il DBE. Dopo sistemato il fondo cielo e calibrato i colori con il Backgroundcalibration e il Colorcalibration. Successivamente ho applicato uno stretch STF sull’histogramtrasformation.

Ho creato una maschera di luminanza, l’ho clonata e dalla seconda mi sono creato una maschera di stella con Trouswavelet e l’ho sottratta alla prima maschera per averne una solo della nebulosità.

Ho applicato quest’ultima maschera alla foto e ho alzato un po la saturazione con le curve e poi un pochino (ma proprio poco) la curva del rosso per esaltare la nebulosità oscura.

Con Clonestamp ho eliminato i pixel caldi colorati.

Mantenendo applicata la maschera ho dato un paio di passati al 35% con LHE (uno con il Kernel basso ed uno alto) per esaltare il contrasto.

Un paio di passaggi di HDR per recuperare il nucleo.

StarMask e Morphologic per ridurre le stelle e una leggera deconvoluzione.

Con la maschera di stelle applicata ho cercato di sistemare la dominante gialla sulle stelle con al curva giallo/celeste.

Una passattina di ACDRN per il rumore

Ed una correzione con SCNR per eliminare il verde in eccesso.

Elaborazione di: Ruggiero Carpagnano

Elaborazione di: Ruggiero Carpagnano

 

Davide De Col

Ecco la mia versione della tua immagine con i seguenti passaggi interamente in Pixinsight:

  • Crop
  • Pulizia dei gradienti con il DBE
  • Background neutralization
  • Color calibration
  • Deconvoluzione
  • Masked stretch
  • Curve con saturazione e luminanza
  • ACDNR
  • Histogram transformation
  • Local histogram equalization per provare a dare profondità
  • Riduzione stelline
  • Saturazione stelline
  • Tgvdenoise
  • HDRmultiscaleTransform
  • Riduzione del rumore
  • SCNR
Elaborazione di: Davide De Col

Elaborazione di: Davide De Col

 

Paolo Demaria

Come software ho impiegato CCDStack (gestione colori, DPP e deconvoluzione), PixInsight LE (saturazione) e Photoshop CS2 (livelli, curve con maschere, riduzione rumore e correzione hotpixel).

Elaborazione di: Paolo Demaria

Elaborazione di: Paolo Demaria

 

Piermario Gualdoni

Ho aderito al tuo suggerimento per quanto riguarda l’elaborazione della tua Iris Nebula e la condivisione delle tecniche utilizzate.
Premetto che io riprendo con CCD mono, per cui il mio workflow è un pò diverso da quello che ti descriverò, comunque molti punti sono in comune. Sono partito dal tuo file già calibrato:
1) Preprocessing in Pixinsight:
– Histogram Transformation per lo stretching
– Automatic Background Extraction in divisione

2) Salvataggio come TIFF 16bit e Importazione in Photoshop CC dove effettuo quasi tutto il processing estetico:
– Applicazione della corrispondenza colori
– Denoise selettivo sulle zone a basso segnale con Topaz Denoise
– In camera raw aumento del contrasto, della saturazione e variazione della temperatura colore a gusto personale
– Riduzione dei diametri stellari con filtro minimo
– Aumento del colore sulle stelle tramite maschera di livello
– Aumento della nitidezza a zone tramite selezione sfumata
– Applicazione di Detail Extractor e Pro Contrast tramite plug in Nik Suite
– Finitura dei colori tramite correzione colore selettiva
– Ottimizzazione finale a gusto personale

Elaborazione di: Piermario Gualdoni

Elaborazione di: Piermario Gualdoni

 

Domenico De Luca

Ciao Daniele ti allego il JPG. Ho usato PixInsight e Photoshop; i tool te li elenco in sequenza.

1) PixInsight:

-Background Neutralization

-Color calibration

-Dynamic Background Extraction

-Histogram strech per passare a foto non lineare

-Dark structure ehnance

-Deconvoluzione

-HDR

-Saturazione

-Multiscale Median Trasform

2) Passaggio in Photoshop:

-Colore selettivo

Elaborazione di: Domenico De Luca

Elaborazione di: Domenico De Luca

 

Edoardo Luca Radice

Innanzi tutto ho ripetuto la calibrazione e l’integrazione in modo da cancellare gli hot pixel presenti nell’immagine.
Non ho usato i flat perché mancano i relativi dark e/o i BIAS (con i quali avrei potuto riscalare i dark dei light) e quindi è impossibile rimuovere la componente additiva dal master flat.
Visto che c’erano dei gradienti da I.L. abbastanza invadenti ho deciso, prima di fare l’integrazione, di applicare ABE (Automatic Background Extractor) a tutti il light impostando a 1 il grado del polinomio interpolatore, in questo modo ottengo un background col gradiente lineare che rimuove gran parte dell’inquinamento luminoso. Per farlo ho creato un image container per eseguire l’operazione in batch su tutti il light.
Fatto ciò ho integrato le immagini usando come peso la stima del rumore e un algoritmo di pixel rejection in modo da cancellare gli hot pixel senza degradare il segnale (Winsorized Sigma Clip)
Terminata l’integrazione ho eseguito un Crop per eliminare le aree non perfettamente sovrapposte.

Questi sono stati i passaggi di elaborazione:
– DBE (Dynamic Background Extractor) con correzione a divisione (per correggere la vignettatura e neutralizzare il fondo cielo);

– Ho applicato un RGB working Space uniforme e lineare (propedeutico alla deconvoluzione di immagini RGB);
– Deconvoluzione con una PSF gaussiana da 1,6 pixel usando un’opportuna maschera stellare per il deringing;
– Riduzione del rumore utilizzando TGVDenoise;
– Aggiustamento manuale dei colori con AssistedColorCalibration;
– Delinearizzazione, prima con una lieve trasformazione di istogramma, poi con MaskedStretch in modo da esaltare le parti deboli senza saturare il centro della nebulosa;
– Ripristino dell’RGBWorkingSpace sRGB (gamma 2.2);
– Compressione del Range Dinamico con HDRMultiscaleTranform utilizzando un’opportuna maschera di luminanza per non comprimere troppo le parti deboli;
– Sistemazione del contrasto tramite classica “curva ad S” con i canali RGB come target;
– Accentuazione delle zone scure tramite LocalHistogramEqualization anche qui con la consueta maschera di luminanza per non “uccidere” le parti deboli;
– Applicazione di una curva di saturazione (con la stessa maschera di LHE) per aumentare un pochino il colore;
-tocco finale con SCNR per rimuovere una il rumore verdastro ancora presente sulle parti più deboli.

Edorardo ha anche messo a disposizione le icone di processo utilizzate in PixInsight per reflicare i suoi risultati. Si possono scaricare qui.

Elaborazione di: Edoardo Luca Radice

Elaborazione di: Edoardo Luca Radice

 

Maximilian Iesse

Per mancanza di tempo sono passato direttamente alla elaborazione del “grezzo finale”.

Vado con ordine per i passaggi e programmi utilizzati:

Pixinsight:

  1. Dynamic crop: per ritagliare e lasciare fuori l’effetto mosaico
  2. Automatic background extractor, 1 volta in sottrazione ed una volta in divisione
  3. Color calibration
  4. Histogram transformation: per “strechare” l’immagine, in più passaggi
  5. HDR multiscale transformation: per cercare di recuperare un poco la parte interna alla nebulosa essendo un po’ bruciata
  6. Deconvolution: per aumentare la nitidezza, parametro StdDev portato a 1 per minimizzare gli artefatti

Paintshop:

  1. Mappatura toni locali: per contrastare maggiormente le nebulosità

Photoshop:

  1. Creata una maschera con la bacchetta magica, a partire dalle parti non luminose, lasciando fuori stelle e parti più visibili della nebulosa
  2. Riduci il rumore: per ridurre un po’ il rumore dovuto alla deconvoluzione
  3. Dopo aver invertito la maschera, ho fatto la correzione colori selettiva, lavorando per lo più su rossi e blu.
  4. Con il comando clone ho rimosso i difetti di pixel più evidenti

Questi sono i passaggi che ho fatto.

Il coma non ho idea di come correggerlo in post produzione.

Elaborazione di: Maximilian Iesse

Elaborazione di: Maximilian Iesse

 

Rossano Cortona

E stato usato esclusivamente Pixinsight:

1)    Histogram Trasformation

2)    Dynamic crop

3)    Automatic background extractor

4)    Background neutralization

5)    HDR multiscale trasform

6)    Star mask

7)    Morfological tranformation

8)    Mask invert

9)   Courve trasformation

10) ACDNR

11) Luminance Mask

12) Courve trasformation

13) DarkStructureEnhance

Elaborazione di: Rossano Cortona

Elaborazione di: Rossano Cortona

 

Elisabetta Trebeschi

Ciao, ho provato a elaborare il tuo file con il metodo che utilizzo ultimamente. Sw usati DSS, Lightroom (per abitudine sarebbe stato uguale e più ordinato con camera raw) e Photoshop.

1 – prima di tutto ho aperto il tuo file fits su DSS (NON ho fatto l’elaborazione da zero con lights – dark – flat);

2 – ho cliccato su azzera per riportare ai valori di default nei tre tabs (rgb/luminanza/saturazione);

3 – ho allineato i tre livelli rgb, una piccola correzione alla curva ed ho aumentato la saturazione a 15%, poi ho salvato in tiff 16bit;

4 – ho importato il file su Lightroom* e dato le impostazioni base, curve di viraggio e dettagli

– sulla destra ho clonato dei pixel verdi;

5 – ho aperto il file in photoshop per applicare il filtro “minimo” sulle stelle per rimpicciolirle:

Selezione->intervallo colore e con il contagocce ho selezionato una stella per ammorbidire la selezione. Selezione->modifica->espandi 4px. Selezione->modifica->sfuma 2px. Filtro->altro->minimo. Modifica->dissolvi minimo; dove non indicato ho lasciato le impostazioni di default.

 

* non pensavo di applicare il filtro minimo in photoshop altrimenti avrei aperto il file tid da lì usato il filtro Camera Raw per dare le impostazioni date con LR.

Elaborazione di: Elisabetta Trebeschi

Elaborazione di: Elisabetta Trebeschi

 

Alessio Vaccaro

In allegato c’è il mio “lavoro”. Cavolo! è la prima volta che metto mano su un CCD del genere! Fino ad ora ho solo lavorato con una Canon EOS 60D. Ho avuto un bel po’ di difficoltà a lavorare con i FITS a 32bit, non ci sono abituato!

Ecco il processing, più o meno dettagliato:

–          Dal grezzo che mi hai dato ho estratto un MONO con MaximDL;

–          A questo canale MONO applico una deconvoluzione “Maximum Entropy” con molte iterazioni (40-50) (sempre con MaximDL);

–          Dopo la deconvoluzione salvo il tutto in FIT 32bit. Apro il MONO_DEC appena salvato con PixInsight LE e, dopo aver fatto lo stretching logaritmico dell’istogramma, rimuovo un po’ di rumore alle basse frequenze (Wavelets) e alle alte (SGBNR). Salvo in TIF 16bit. Il MONO_DEC è pronto per Photoshop. Ora passo all’RGB;

–          Apro il file RGB (praticamente quello che mi hai dato tu) con MaximDL e faccio un binning 2×2. Salvo in FIT 32 bit;

–          Apro questo file con PixInsight e faccio lo stretching logaritmico stando attento a non tirare su troppo rumore. Salvo in TIF 32bit;

–          Apro i due file MONO_DEC e RGB su Photoshop e inizio a fare un trattamento separato sui due;

–          Il MONO_DEC prima viene smoothato da un paio di sfocature gaussiane poco evidenti che applico in modalità “schiarisci” e “normale” per appiattire il fondo cielo e per aumentare la profondità dell’immagine;

–          Dopo applico un Passa Alto sul MONO_DEC per risaltare i dettagli della nebulosa. Questo lo faccio con 2 raggi diversi: uno piccolo (dell’ordine dei 20-30px) e l’altro intorno ai 150-300px. Ovviamente tutto questo con le maschere e su dei livelli diversi che vengono “sovrapposti”. La luminanza è pronta;

–          Importo l’RGB su Photoshop, sistemo un attimo le curve e i livelli, aumento la saturazione e lo sovrappongo a tutti i livelli in modalità “colora”. Un po’ di ritocchi al colore (bilanciamento, curve, livelli, ecc..) a piacimento e poi è fatta;

–          Unisco tutto: ottengo l’immagine. Tocco finale che aumenta la profondità dell’immagine e dà un tocco un po’ più “magico” al tutto: prendo l’immagine appena ottenuta, la copio, la sovrappongo alla stessa, applico una sfocatura di 4-5 px e la metto in modalità “schiarisci”. Si ottiene quello che vedi!

Un bel casotto! Ci sono parecchi passaggi da programma in programma per compensare la mancanza di licenza in alcuni programmi (funzioni limitate). Questo è un workflow che ho “studiato”/scoperto/perfezionato in questi giorni, spero che il risultato sia di tuo gradimento!

Elaborazione di: Alessio Vaccaro

Elaborazione di: Alessio Vaccaro

 

Vincenzo Iodice

Mi sono permesso di realizzare queste elaborazioni, discutibili, però mi è piaciuto mettere in evidenza le nebulosità che sembrano siano presenti intorno alla IRIS. Nella prima foto le ho evidenziate in rosso, nella seconda in blu.

Le operazioni che ho fatto sono semplicemente, importarle ed elaborarle in DSS i light, dark e flat, inserendo il debayer giusto. All’elaborazione finale in DSS ho solo settato la saturazione a 18 per far emergere un minimo di colori.

In seguito ho aperto il file TIF con PS, ed ho solo giocato con i valori tonali e di saturazione mettendo in evidenza ora il rosso ora il blu.

Infine ho applicato i filtri polvere e grana e maschera di contrasto per aumentare un po’ il contrasto tutto qui.

Il risultato non è eccelso, ma le mie conoscenze si fermano qui.

Termino complimentandomi per i sui articoli sul blog sono molto utili.

Elaborazione di: Vincenzo Iodice

Elaborazione di: Vincenzo Iodice

 

Cristian Mari

Sono partito dallo stack, non so perchè pixinsight non voleva allinearmi i vari light ma va bene lo stesso.

Elaborazione eseguita totalmente in pixisight
Fase Lineare:

  • Dynamic PSF su una trentina di stelle;
  • Creata maschera stellare da utilizzare come deringhingh template nel processo di deconvoluzione, a cui passi pure l’immagine risultante del dynamyc psf;
  • Applicata la deconvoluzione con una 50 ina di passaggi;
  • Split dei 3 canali RGB e applicato processo linear fit prendendo come riferimento il canale verde;
  • Ricomposizione in rgb da channel combination;
  • Trasformazione in non lineare da ScreenTransferFunction applicato all’histogram transofrmation.

Fase non lineare:

  • Creazione di una maschera stellare ottenuta in pixel math dalla max() di tre maschere create su tre livelli di intensità e dimensione stellare;
  • Applico la starmask invertita per lavorare sulle polveri;
  • Sempre con la maschera attivata applico un processo di HDRMultiscaletransform lasciando i parametri di default;
  • Giocherello sulle curve;
  • Inverto la maschera per lavorare sulle stelle e applico una deconvoluzione leggera a 10 passaggi;
  • ColorSaturation per aggiustare l’azzuro e salvataggio in jpg.
Elaborazione di: Cristian Mari

Elaborazione di: Cristian Mari

 

Marco Boscolo

Ciao, ho ottenuto questa elaborazione eseguendo questi passaggi:
DEEP SKY STACKER
– selezione 90% delle immagini migliori (25 su 31)
– Impostazioni immagine –> taglio mediano kappa-sigma (K=2 , iterazioni = 5)
– Dark –> mediano
– flat mediano
Ottenuta l’immagine:
– Luminanza: mezzitoni = 48.8, Chiari = 30
– Saturazione = 20%
– Livelli RGB portati all’altezza del primo flesso inferiore della curva
-Salvataggio tiff applicando i cambiamenti

PHOTOSHOP:
– ritaglio immagine per migliorare l’inquadratura dovuta alla rotazione di campo
– regolazione livello neri
– aprendo una copia dell’immagine a parte in scala di grigi esalto i dettagli nebulari (esagerando per tirar fuori il più possibile)
e applico un leggero passaggio di noise ninja
– Copio questa immagine ottenuta nell’immagine principale impostando la tendina di somma livello da “Normale” a “Luminosità” e setto opacità al 75%
– ricalibro i livelli
– aumento saturazione +30
– applicazione del plugin (gratuito) HLVG
– riduzione del rumore mediante azione “deep noise reduction” ( il livello ottenuto lo sommo a 50% per non perdere troppo dettaglio)
– applico azione local contrast enhancement sommando( il livello ottenuto lo sommo a 30%)

Elaborazione di: Marco Boscolo

Elaborazione di: Marco Boscolo

 

Marco Burali

Partito dal file già preparato con colore. In maxln-dl sviluppato il segnale con ddp a controllo curva in manuale usando l’impostazione set-user-filter, poi ho applicato una seconda funzione ddp in modalità FFT-deconvolutiva e di contrasto, anche qui controllo curva segnale in manuale, leggero filtro locale adattivo per aumentare leggermente il contrasto, riequilibtio colore con la funzione Color-Bilance sul fondocielo salvato in Tiff: Portato in PS6, apertura con Camera Raw, regolazione contrasto e Chiarezza, poi leggerissimo ritocco con Esposizione gamma per la riduzione del rumore di fondo, conversione profilo in CMYK, regolazione livelli e allineamento istogramma, riconversione in RGB, regolazione bilanciamento colore, protezione delle stelle e apertura plug-in NIK e utilizzo della funzione Color-Efex- Detail Estractor saturazione colore al 30% e valore di estrazione sagnale al 12%, in modalità selezione inversa, apertura di maschera di livello e regolazione livelli RGB sulle polveri. Unito tutto in unico livello, selezione nucleo- sfumatura e ottimizzazione del contrasto e regolazione dei livelli rgb, deselezione e salvataggio. Lavoro molto sbrigativo ma secondo me buono. Spero di essere stato utile

Elaborazione di: Marco Burali

Elaborazione di: Marco Burali

 

Anna Luongo

  • tono automatico
  • colore automatico
  • livello automatico
  • curve output 62 input 19
  • filtro rc astro grandientxterminator
  • azioni astronomy tools  lighten only DSO and dimmer stars
  • increase star color
  • fade sharpen to mostly lighten
  • space noise reduction
  • enhance dso and reduce stars
  • lazo selezione centrale sfuma 18 maschera di contrasto fattore 96 raggio 3 soglia 0
  • selezione inversa curve output 98 imput 41
  • e poi ho salvato….
  • non sono riuscita a capire come fare a mettere in evidenza i colori…..

 

Elaborazione di: Anna Luongo

Elaborazione di: Anna Luongo

La (vera) potenza di un telescopio

“Che bello questo telescopio, quanto ingrandisce?”

È questa la domanda che spesso mi fanno durante le serate pubbliche, ed è la stessa domanda che feci io al mio ottico di fiducia quando dovetti scegliere il mio primo strumento, nel lontano 1993.

Se la domanda è sensata, la risposta è spesso spiazzante, soprattutto nelle sfumature più ironiche, che possono suonare più o meno così: “In teoria anche un milione di volte”, oppure: “Niente, se non ci metti l’oculare”, o ancora: “Infinito!”. Benché ironiche, queste tre risposte raccontano a modo loro i pezzi di una realtà che spesso spiazza chi non conosce ancora il mondo dell’astronomia amatoriale: l’ingrandimento di uno strumento può essere piccolo o grande a piacere, perché dipende dagli oculari che si usano, ma l’immagine che otterremo non sarà sempre nitida e luminosa.

A livello prettamente matematico, l’ingrandimento di uno strumento è dato dal rapporto tra la focale del telescopio, che è fissa, e la focale di un accessorio, che si chiama oculare e che serve per rendere visibile l’immagine all’occhio. Di oculari ce ne sono moltissimi, dalla focale di 2 millimetri a 40 e più millimetri. Inoltre, altri accessori, chiamati lenti di Barlow, possono raddoppiare, triplicare o addirittura quintuplicare gli ingrandimenti, a parità di oculare. Di conseguenza, un telescopio da 1000 mm di focale può lavorare da 10 a 2000 ingrandimenti o più, se inseriamo 2 lenti di Barlow da 5X. “Caspita, a 10 mila ingrandimenti riuscirò a vedere persino la bandiera lasciata dagli astronauti sulla Luna!” No, purtroppo le cose non stanno così. Io, a 10 anni, quando iniziai a fare astronomia non lo sapevo, ma presto mi resi conto di tutto ciò quando comprai un oculare da 4 mm di focale e una lente di Barlow 2X, superando i 400 ingrandimenti con il mio piccolo rifrattore da 90 mm di diametro e vedendo praticamente nulla persino sulla brillante Luna.

L’ingrandimento di ogni telescopio non rappresenta una misura della sua “potenza”, piuttosto è solo il mezzo con cui cerchiamo di sfruttare al massimo le sue prestazioni, che sono fissate dal diametro dell’obiettivo e dalla qualità con cui sono stati lavorati lenti e specchi.

Le quantità fondamentali di uno strumento astronomico sono la capacità di raccolta della luce, che permette di osservare oggetti più deboli di quelli visibili a occhio nudo, e il potere risolutivo, ovvero la capacità di mostrare piccoli dettagli degli oggetti astronomici. Entrambe queste due quantità dipendono prima di tutto da quanto è largo il telescopio, cioè dal diametro delle lenti o dello specchio primario. Questi elementi ottici devono naturalmente essere lavorati in modo preciso, affinché non ne vengano intaccate le prestazioni determinate dalle leggi della fisica. Ecco, allora, perché non è possibile costruire un telescopio con una semplice lente di ingrandimento o con uno specchio da barba che ingrandisce le immagini: la loro lavorazione è di gran lunga insufficiente per fare osservazioni anche solo decenti.

Se la qualità con cui sono lavorati gli elementi è buona, il diametro rappresenta l’unico (o quasi) elemento per valutare la potenza di un telescopio, perché è questo che determina il potere risolutivo e quanta luce posso raccogliere dagli oggetti deboli. Attraverso l’ingrandimento si cercherà di arrivare al limite delle possibilità del telescopio, ma non potremo mai aumentarne le prestazioni oltre quelle determinate dal suo diametro (e qualità ottica).

Se ora inseriamo nel contesto anche gli oggetti astronomici che ci piacerebbe osservare, si capisce anche un’altra cosa che a me, tanto tempo fa, stupì non poco: tranne i pianeti, tutti i più brillanti oggetti del cielo profondo, ovvero ammassi stellari, nebulose e galassie, hanno un’estensione angolare simile, o addirittura superiore, a quella della Luna piena vista a occhio nudo! Il problema, quindi, nella grande maggioranza dei casi non è ingrandire l’oggetto per osservarlo meglio, ma riuscire a trovare un ingrandimento, di solito modesto, tale per cui entra nel campo e allo stesso tempo la sua luce non viene diluita così tanto da risultare quasi invisibile.

Quasi tutti gli oggetti del cielo profondo vengono osservati al meglio tra i 30 e i 150 ingrandimenti, a prescindere dal diametro del telescopio. La loro debolezza intrinseca rende quasi sempre vano ogni tentativo di osservazione in alta risoluzione, cercando dettagli piccolissimi che non potremmo mai vedere.

Solo con l’osservazione di pianeti, Luna e stelle doppie si possono aumentare gli ingrandimenti fino a cercare di sfruttare tutto il potere risolutivo dello strumento. Una regola empirica vuole che, per osservare tutti i minuti dettagli di oggetti brillanti, l’ingrandimento massimo debba essere compreso tra le 2 e le 2,5 volte il diametro del telescopio espresso in millimetri. Ecco allora che un telescopio da 100 mm di diametro può sfruttare con profitto ingrandimenti fino a 200-250 volte e solo su soggetti brillanti che mostrano dettagli ad alto contrasto e luminosità (e nelle serate “buone”!). Questo ingrandimento è sufficiente per sfruttare il potere risolutivo dello strumento. Continuare a ingrandire è possibile ma l’effetto è simile a quello che si ottiene ingrandendo a dismisura una fotografia sul computer.

L’esempio con una fotografia calza molto bene e fa capire alla perfezione la situazione (rima fatta!). Immaginiamo di avere un’immagine con una risoluzione superiore a quella dello schermo; se vogliamo vedere tutto il campo ripreso dobbiamo ridurne le dimensioni: quest’osservazione a basso ingrandimento ci fa percepire meno dettagli piccoli, perché anche se ci sono il nostro occhio non li riesce a vedere. Ingrandendo l’immagine perdiamo la visione d’insieme ma possiamo arrivare a vedere sempre maggiori dettagli. Alle dimensioni originali otteniamo di fatto quello che per un telescopio è il massimo ingrandimento utile: stiamo osservando una piccola porzione dell’immagine ma riusciamo ad ammirare tutti i piccoli dettagli che prima non potevamo percepire (sebbene fossero presenti). Se continuiamo a ingrandire ben oltre le dimensioni originali non otteniamo alcun miglioramento della visione, perché abbiamo già visto tutta la risoluzione catturata dalla foto, che è stata fissata al momento dello scatto e che nessun ingrandimento può alterare.

 

Ingrandire un oggetto è come fare zoom su una fotografia: quando superiamo un certo ingrandimento l'immagine si sfoca e non ci restituisce più dettagli.

Ingrandire un oggetto è come fare zoom su una fotografia: quando superiamo un certo ingrandimento l’immagine si sfoca e non ci restituisce più dettagli.

 

Ingrandire molto serve solo per Luna, pianeti e stelle doppie, ma occhio a non esagerare altrimenti si avrà l'effetto simile a quello della precedente fotografia.

Ingrandire molto serve solo per Luna, pianeti e stelle doppie, ma occhio a non esagerare altrimenti si avrà l’effetto simile a quello della precedente fotografia.

Ecco allora che abbiamo imparato una cosa molto importante, che è fondamentale per fare il primo passo verso l’astronomia amatoriale e capire anche di chi ci si può fidare quando vogliamo dei consigli sull’acquisto di un telescopio. Il mio ottico, tanto tempo fa, quando gli feci quella domanda sugli ingrandimenti mi consigliò un telescopio che poteva arrivare a quasi 600 volte, invece di un altro che non avrebbe superato i 300 ingrandimenti. Entrambi erano rifrattori da 90 mm di diametro, solo che uno aveva una focale di 500 mm e l’altro di un metro. Secondo voi, ora che sapete come stanno le cose, avrei dovuto fidarmi della sua competenza astronomica?

Test TS APO 71 Q

Un nostro affezionato cliente, Mauro Maggioni, ha fatto un bellissimo test sul TSAPO71Q in combinata con lo Star Adventurer e ci ha permesso di riprodurlo sul nostro blog: GRAZIE MAURO!!!!

Visitate anche il suo bellissimo sito web: http://www.skattodinamico.altervista.org/index.html
Ecco la sua prova:

 SKY ADVENTURER & TS71Q
… accoppiata perfetta …

… la malattia della “strumentite”, che affligge molti astrofili, mi porta spesso a “saltellare”  tra i vari siti di shopping on-line per cercare qualche novità …

questa volta la mia attenzione cade su uno strumento piccolo, portatile e dalle caratteristiche ottiche davvero raffinate, che sulla carta si presenta come uno strumento da favola. Una combinazione di 5 lenti per un campo spianato sul formato Full Frame … WOW: il TS71Q 🙂

Per dettagli tecnici fate riferimento al sito TS ITALIA: http://www.teleskop-express.it/apocromatici-ota/1598-ts-apo-71q-ts-optics.html

Provo a contattare l’Oracolo di Delfi (che nel mondo dell’astrofilia moderna risponde al nome di Lorenzo Comolli) e anche lui apprezza le notevoli caratteristiche dello strumento, ma, non avendolo mai testato, mi dice che l’unica è metterlo alla ‘frusta’ sul campo.

Ci penso per qualche mese e intanto faccio un po’ di cassa vendendo un po’ di strumentazione (eh già, a volte la “strumentite” mi porta a prendere oggetti che poi finisco con l’usare pochissimo …)

Contatto quindi Riccardo Cappellaro della TE Italia che, con notevole cortesia e competenza, soddisfa la mia richiesta di avere qualche immagine raw fatta con il telescopio in modo da poterla analizzare.

Le immagini sono davvero interessanti e decido di passare all’acquisto.

Nel frattempo avevo acquistato anche un modello di Star Adventurer con lo scopo di realizzare qualche time-lapses.

Per caso una sera, giocando con gli strumenti, provo a montare il TS71Q sullo Star Adventurer e mi rendo conto che lo strumento viene retto egregiamente. La fantasia continua a dilagare e inizio a ipotizzare l’uso dello Star Adventurer per fare pose a largo campo; con una focale di poco più di 350mm e la sony A7s potrei spingermi a pose di un paio di minuti. Oltretutto la presenza della porta di autoguida mi convince che la cosa sia fattibile.

Mi serve però un cavalletto più stabile di quello da “fotografia” diurna e mi dedico per qualche tempo al tuning di un cavalletto SW aggiungendogli una colonna in carbonio (leggera e robusta).

Ultimata la colonna monto tutta la configurazione e, come telescopio guida, riciclo un obiettivo da 400mm F5,6, molto leggero, installato su una testa micrometrica.

Ed ecco il risultato: setup pratico, leggero e dalle notevoli potenzialità … non mi resta che testare il tutto.

Quale migliore occasione del cielo di Tatti, presso Villa Tatti, nella Maremma toscana, in provincia di Grosseto…



La nottata è splendida e dopo uno stazionamento abbastanza preciso inizio la sessione di autoguida …

Fantastico! In assenza di vento la guida in AR resta all’interno del +/-1 e la deriva in DEC mi permette pose da 2 minuti senza problemi. Qualche folata evidenzia la sensibilità dello strumento con picchi che salgono anche a +/-2, ma lo Star Adventurer corregge correttamente e le pose non subiscono errori.

La guida è stata eseguita con una MZ5 e PHD.

Ora si passa all’analisi dell’immagine ripresa dal TS71Q. Attendo i 2 minuti di esposizione sulla IC1396 e  resto davvero soddisfatto: immagine pulita con stelle puntiformi fino ai bordi. Ho confrontato l’immagine con il TAKA FS102, non è allo stesso livello come incisione (non ne dubitavo…il Taka FS102 non ha rivali), ma lo strumento mi soddisfa.

porzione del fotogramma in alto a SX

Il flat è necessario in quanto ai bordi si nota una leggera vignettatura

La serata continua in compagnia di qualche cinghiale ( che fa capolino tra i boschi intorno a Villa Tatti) e dopo una integrazione di circa 2 ore il risultato è il seguente:

IC1396 realizzata con TS71Q – SKY ADVENTURER

pose da 2min per
un’integrazione totale di 2h.

3 dark – 5 flat – 5 darkflat – 9 bias

Sony A7s modificata

Autoguida con obiettivo 400mm e PHD

Quindi se cercate un setup pratico e amate le foto a grande campo non fatevi sfuggire questa coppia di strumenti.

Ho creato anche una versione video con i time lapses ripresi durante il test … buona visione …


https://youtu.be/mDHOTcTH5ZM


Per dettagli tecnici fate riferimento al sito TS ITALIA:

http://www.teleskop-express.it/apocromatici-ota/1598-ts-apo-71q-ts-optics.html

 

Provate a elaborare una mia immagine astronomica

Molti astronomi amatoriali, soprattutto nel campo della fotografia astronomica, non rivelano mai, se non in modo parziale e con molta riluttanza, i propri segreti di elaborazione delle immagini, credendo che il sudore versato per imparare alcune efficienti tecniche di elaborazione debba servire per mantenere una posizione di vantaggio sugli altri.
Io, tuttavia, non ho mai sposato questa filosofia anche perché stiamo facendo, volenti o nolenti, scienza, o almeno stiamo analizzando dati reali che devono produrre risultati reali, per di più come un hobby e non come lavoro. Per confermare la realtà di ogni elaborazione serve che, come in ogni processo scientifico, il risultato sia ripetibile da tutti gli altri dopo che questi sono stati cottettamente informati di cosa è stato fatto. La bravura di uno scienziato e anche di un astrofotografo non è nell’ottenere risultati unici e di portarsi il segreto nella tomba, ma di arrivare per primo a tali livelli, di sviluppare metodi, tecniche e percorsi innovativi che permettano di sfruttare ancora meglio la strumentazione e il cielo sotto cui è stata usata. Si verrà allora ricordati non solo per le belle foto ma anche per aver dato un fondamentale contributo alla crescita di una comunità, perché convidivere un viaggio con tanti appassionati è sempre meglio che sovrastare il prossimo con la propria saccenza. Se nessuno avesse mai comunicato le proprie scoperte in fotografia astronomica staremmo ancora inseguendo le stelle con un oculare a reticolo illuminato e in altri ambiti ben più importanti il mondo sarebbe stato molto più arretrato.

Con questo spirito di collaborazione, invece che di competizione, propongo questo primo post in cui metto a disposizione dei dati acquisiti con la mia strumentazione su un soggetto astronomico e invito chiunque fosse interessato a elaborare l’immagine e a convidivere il suo processo di elaborazione.
Il modo per partecipare è semplice:

  1. Da questo link si può scaricare una mia sessione fotografica sulla IRIS nebula, eseguita lo scorso 3 Agosto con un telescopio Newtoniano da 25 cm f4.8, montatura Ioptron iEQ45 e camera CCD a colori ST-2000XCM. Il file compresso (sono comunque 191 MB) contiene i light, i dark e i flat per chi volesse partire da zero. In alternativa, nella cartella principale trovate già il file grezzo da elaborare, frutto della media di 28 scatti da 720 secondi;
  2. Ognuno può elaborare (solo per uso personale e per questo progetto) nel modo che vuole l’immagine, che può poi inviarmi via mail (in versione jpg) a danielegasparri [at] yahoo.it (sostituite [at] con la @) corredandola con i passaggi e i software utilizzati (non serve descrivere in dettaglio tutti i parametri impostati per i filtri, ma sarebbe bello elencare tutti i tools e i passaggi fatti per arrivare al risultato);
  3. Le immagini elaborate e inviate alla mia mail, complete dei passi elaborativi effettuati, verranno pubblicate in questo post, corredate dal nome dell’utente (se non volete comparire con nome e cognome segnalatemelo via mail) e rappresenteranno un’ottima base di confronto tra diverse tecniche e differenti software di elaborazione;
  4. Dopo circa una settimana pubblicherò anche il mio risultato e i passi effettuati. Non lo faccio prima per non influenzare le vostre elaborazioni.

I dati che scaricherete non sono volutamente di qualità eccelsa perché sono stati ripresi con strumentazione economica accessibile a molti amatori (avrei potuto farvi elaborare un’immagine di Hubble ma non sarebbe stata molto indicativa delle immagini medie che ottengono gli astrofotografi!): si noterà il coma ai bordi del campo, qualche problema con l’inquadratura, qualche gradiente residuo dovuto a infiltrazioni di luce dal cielo e dalla strada vicina e dei colori duri da bilanciare perché ho ripreso senza un filtro taglia infrarosso, sfruttando quindi tutta la sensibilità della mia camera CCD a colori. Il cielo sotto cui è stata scattata questa immagine aveva una qualità media pari a 21.3 magnitudini su secondi d’arco al quadrato, non male per la nostra inquinata Penisola.

L’obiettivo di un’elaborazione (estetica) è semplice: estrapolare tutto il segnale ripreso, riuscendo a gestire bene le zone in cui questo è più forte e quelle in cui è più debole, minimizzare i difetti estetici e restituire allo stesso tempo un’immagine gradevole alla vista ma attinente alla realtà. Qualche informazione sulla natura della Iris Nebula può aiutare: si tratta di una zona ricca di gas freddo e polveri. Nei pressi della stella centrale questo diventa visibile come una nebulosa a riflessione, che ha un colore blu-azzurro. Lontano dalla luce della stella, gas e polveri diventano oscuri e asumono una tonalità leggermente virata verso il rosso/marrone.

Buona elaborazione!

Come fare ottime fotografie del Sole in H-alpha con una camera a colori

Fotografare il Sole attraverso un telescopio solare in H-alpha è una delle attività più belle e rilassanti dell’astronomia amatoriale, sia per la spettacolarità dei dettagli visibili, sia perché si può fare a qualsiasi ora del giorno (NON della nottee!) in pochi minuti.

Se però tutto fosse davvero facile e immediato, questo mio post si concluderebbe ora e non avrebbe neanche avuto senso scriverlo. Purtroppo, quindi, le cose sono leggermente diverse.

Un telescopio solare in H-alpha (o in altre lunghezze d’onda, come il calcio) mostra solo una piccolissima finestra di luce, che di fatto è monocromatica. Questo lo possiamo notare quando facciamo osservazioni: in H-alpha il Sole si presenta monocolore, di un rosso intenso privo di sfumature di tonalità. Non potrebbe essere altrimenti poiché non passa nessun’altra lunghezza d’onda se non quella dell’idrogeno Alpha a 656,3 nm. Per questo motivo, se vogliamo ottenere fotografie di ottima risoluzione ed estetica, è fortemente consigliato utilizzare una camera monocromatica e colorare poi la nostra foto in fase di elaborazione, se vogliamo dargli una parvenza di colori (sebbene non corretti perché stiamo lavorando su una sola lunghezza d’onda).

Le camere monocromatiche però non sono tanto diffuse come quelle a colori, soprattutto perché in questa categoria rientrano anche le reflex (molto meglio se modificate!). Cosa accade allora se proviamo a fare una foto (o un filmato) con una camera a colori attraverso un telescopio solare? Che se non stiamo attenti lo scatto sarà da buttare.

Le camere a colori, infatti, hanno dei filtri rossi, verdi e blu direttamente sui pixel del sensore e in questo modo riescono a catturare un’immagine a colori in un unico scatto. Quando lavoriamo però nella regione H-alpha, quindi nel rosso profondo, solo i pixel rossi, che sono solo ¼ del totale, riceveranno una grande quantità di luce: questo porta subito una cospicua perdita di risoluzione. Come se non bastasse, poi, la sorgente monocromatica inganna il software di controllo della fotocamera (e i nostri occhi che guardano lo schermo) restituendoci nella maggioranza dei casi un Sole uniformemente rosso e privo di tutti quei dettagli che risultavano evidenti all’oculare. Questo succede perché se cerchiamo di regolare la giusta luminosità complessiva, andremo per forza di cose a saturare l’immagine nel canale rosso, nonostante a monitor il disco solare ci sembri ancora piuttosto scuro e l’istogramma totale sembrerebbe confermare la nostra sensazione (sbagliando).

Tipica fotografia solare scattata con una camera a colori (scatto singolo di un video). Dove sono finiti i dettagli del disco? E le protuberanze perché sono così deboli? E’ tutta una questione di corretta esposizione…

Tipica fotografia solare scattata con una camera a colori (scatto singolo di un video). Dove sono finiti i dettagli del disco? E le protuberanze perché sono così deboli? E’ tutta una questione di corretta esposizione…

Come possiamo ottenere buone immagini del Sole in H-alpha anche con camere a colori? È possibile?

Certo che è possibile, basta solo applicare la giusta tecnica, che in qualche modo prevede di ingannare il sensore e il software di controllo della camera a colori.

La notizia migliore arriva dalla scarsa qualità della griglia di filtri colorati posta di fronte a ogni sensore a colori: i filtri blu e soprattutto verdi, infatti, sono parzialmente trasparenti alla lunghezza d’onda H-alpha, come si vede nell’immagine precedente, nella quale, a rigore di logica, solo il canale rosso avrebbe dovuto contenere informazione.  Possiamo allora sfruttare a nostro vantaggio questo “difetto”: l’obiettivo è infatti quello di concentrarci sul canale verde, che possiede la migliore risoluzione di tutti (perché i filtri verdi coprono metà del sensore). In fase di elaborazione, poi, estrarremo solo questo come se fosse un’immagine monocromatica da elaborare, dimenticando (quasi) il rosso (saturato) e il blu (troppo debole e con poca risoluzione).

Il punto fondamentale, quindi, è trovare in fase di ripresa la giusta combinazione tra esposizione e guadagno, tale per cui si abbia la corretta luminosità per il canale verde, trascurando quello che succede nel rosso, che sarà sempre saturo. La cosa interessante è che quando raggiungeremo la luminosità corretta per il canale verde l’immagine del Sole ci apparirà, all’improvviso, ricca di colori tendenti al magenta e pullulerà di tutti quei dettagli che prima, curando solo la luminosità del canale rosso, non riuscivamo a scorgere. A questo punto facciamo filmati (se abbiamo camere planetarie) o effettuiamo almeno una trentina di scatti (se abbiamo una reflex) e prepariamoci alla fase di elaborazione.

Eccoli i dettagli che vedevamo anche all’oculare! Con le camere a colori bisogna concentrarci nell’ottenere la giusta luminosità per il canale verde, saturando il rosso. In questo modo vedremo apparire i dettagli sulla nostra immagine e in fase di elaborazione useremo solo il canale verde per estrapolare tutti i dettagli.

Eccoli i dettagli che vedevamo anche all’oculare! Con le camere a colori bisogna concentrarci nell’ottenere la giusta luminosità per il canale verde, saturando il rosso. In questo modo vedremo apparire i dettagli sulla nostra immagine e in fase di elaborazione useremo solo il canale verde per estrapolare tutti i dettagli.

L’allineamento e lo stacking si fanno normalmente come se fosse una comune immagine. Quando avremo l’immagine raw dovremo, prima di fare qualsiasi altra cosa, estrarre il canale verde. L’estrazione del canale verde si può fare con ogni software a partire dall’immagine a colori. Con Photoshop, ad esempio, possiamo aprire l’immagine, posizionarci sul canale verde e fare copia e incolla in una nuova immagine. Con MaxIm DL basta dare il comando “Color –> Split tricolor”. In alternativa, se abbiamo usato Registax per fare la somma dei nostri scatti (con Autostakkert questo “trucco” non funziona), possiamo salvare l’immagine in formato fit e provvederà lui, in automatico, a separare i canali in altrettanti file.

Ora dobbiamo elaborare leggermente la nostra immagine estratta dal canale verde con i soliti filtri di contrasto. Tutti i programmi vanno bene ma presto vi accorgerete che farà la sua comparsa una strana e fastidiosa griglia: si tratta della traccia lasciata dalla matrice di filtri colorati della camera di ripresa. Possiamo eliminare questo difetto all’istante: basta applicare, prima di qualsiasi altra elaborazione, un filtro gaussiano di raggio (circa) 1 pixel. In Photoshop il filtro si trova in “Filtro –> Sfocatura –> Controllo sfocatura” ma consiglio di applicarlo con software dedicati come MaxIm DL, Registax o IRIS; quest’ultimo è il migliore. Con questa operazione preliminare saremo in grado di applicare filtri di constrasto (maschere sfocate o wavelet) in modo molto più efficace.

Effetto di un filtro gaussiano su un'immagine solare ottenuta con una camera a colori ed estratta dal canale verde. In questo modo si ridimensiona moltissimo l'effetto della griglia di filtri posta sopra il sensore.

Effetto di un filtro gaussiano su un’immagine solare ottenuta con una camera a colori ed estratta dal canale verde. In questo modo si ridimensiona moltissimo l’effetto della griglia di filtri posta sopra il sensore.

 

Con l’immagine del canale verde elaborata ci accorgeremo presto che le protuberanze sembreranno spente e deboli. In questo caso ci viene in aiuto il vantaggio di aver fatto foto con una camera a colori, perché non dovremo fare una nuova ripresa sovraesposta per il disco per estrapolare il segnale delle protuberanze, ma basterà recuperare il canale rosso della nostra immagine di partenza a colori. Se il disco è saturo, le protuberanze si dovrebbero vedere molto bene e a questo punto potremmo trasferire questa informazione sulla nostra immagine estrapolata dal canale verde (e già elaborata) per ottenere una fotografia solare completa, con dettagli della cromosfera e delle protuberanze.

Vediamo il tutto con un esempio pratico. A questo link potete scaricare i due canali, rosso e verde, estratti da un’immagine a colori ed entrambi elaborati con pochi filtri di contrasto (dopo il solito gaussiano, o filtro sfocatura, di raggio 1 pixel per togliere la griglia di filtri).

Apriamo le immagini in Photoshop e copiamo l’immagine estratta da quello che era il canale rosso sull’immagine che proveniva dal canale verde.

Il canale verde conteneva dettagli del disco, quello rosso le protuberanze. Possiamo prendere il meglio da entrambe le immagini senza sacrificare nulla. Copiamo l’immagine che era stata estratta dal canale rosso sopra quella che era stata estratta dal canale verde.

Il canale verde conteneva dettagli del disco, quello rosso le protuberanze. Possiamo prendere il meglio da entrambe le immagini senza sacrificare nulla. Copiamo l’immagine che era stata estratta dal canale rosso sopra quella che era stata estratta dal canale verde.

Poniamo l’opacità di questo nuovo livello a zero e spostiamoci sul livello di sfondo rappresentato dal fu canale verde. Con lo strumento bacchetta magica e tolleranza alta, tipicamente tra 50 e 100 (in questo caso ho usato 80) clicchiamo in un punto qualsiasi del fondo cielo. Magicamente si formerà una selezione attorno al disco solare che non includerà le protuberanze.

Dobbiamo selezionare tutto tranne il disco, comprendendo nella selezione anche le eventuali deboli protuberanze del nostro originario canale verde.

Dobbiamo selezionare tutto tranne il disco, comprendendo nella selezione anche le eventuali deboli protuberanze del nostro originario canale verde.

A questo punto il gioco è semplice: sfumiamo la selezione di un pixel. Ora spostiamoci sul livello contenente l’immagine proveniente dal canale rosso (senza aumentarne l’opacità), facciamo copia (ctrl+c) e incolla (ctrl+v) e la “magia” è completa: comparirà un nuovo livello contenente solo la parte esterna della cromosfera, con le protuberanze ben visibili!

Un anello di fuoco attorno al Sole: sono comparse le protuberanze che erano tanto evidenti in quello che era il canale rosso della nostra foto.

Un anello di fuoco attorno al Sole: sono comparse le protuberanze che erano tanto evidenti in quello che era il canale rosso della nostra foto.

Giochiamo un po’ con l’opacità per regolare la luminosità di questo anello attorno al nostro Sole e poi uniamo i livelli. La nostra immagine è completa. Potremo volerla colorare, ma su questo argomento tornerò con un post adatto, così anche chi utilizza camere monocromatiche potrà trovare ottimi spunti per rendere ancora più bella ogni immagine solare. Nel frattempo, avete idee/suggerimenti su come come dare il colore alla nostra immagine solare in H-alpha, prima che vi sveli la mia ricetta preferita?

In questo caso ho impostato l’opacità del livello con le protuberanze al 53% e regolato le curve per far vedere bene le protuberanze più deboli ma senza creare un vistoso e brutto effetto di anello di fuoco attorno al Sole.

In questo caso ho impostato l’opacità del livello con le protuberanze al 53% e regolato le curve per far vedere bene le protuberanze più deboli ma senza creare un vistoso e brutto effetto di anello di fuoco attorno al Sole.

Come correggere le stelle allungate nelle nostre foto

Quante volte vi è successo di litigare con l’inseguimento del telescopio o con l’autoguida che sembra dotata di una propria, sadica, intelligenza e che ogni tanto si diverte a far uscire le stelle mosse sulle nostre sudatissime foto? Di solito, presi anche dallo sconforto, si prendono gli scatti rovinati e si buttano ma quest’operazione, viste le difficoltà affrontate per ottenere quegli scatti, non dovrebbe mai essere fatta alla leggera.

Per fortuna nella maggioranza dei casi possiamo recuperare le nostre foto, a patto che le stelle abbiano ancora una parvenza di astri puntiformi e non siano delle linee lunghe decine di pixel.

Ci sono due modi di aggredire questo problema, in base a quanto è grave:

 

Su una sessione di ripresa solo un paio di scatti mostrano stelle un po’ allungate, mentre gli altri sono tutti buoni. In questo caso una scuola di pensiero dominante prevede di non includere i pochi scatti venuti male nella somma. In realtà, se non vogliamo perdere neanche un po’ del sudato segnale, possiamo includere nella somma anche le poche immagini non perfette, a patto che le combiniamo con un algoritmo del tipo “Sigma Clip”. In pratica, al di là dell’interpretazione prettamente matematica, questo modo di mediare gli scatti tende a escludere tutti quei dettagli transienti che non compaiono nella maggioranza degli scatti. In questo modo possiamo includere immagini attraversate da aerei e satelliti senza che questi diventino visibili sull’immagine grezza da elaborare e anche nel caso di stelle non perfettamente puntiformi il difetto non verrà mostrato, se la maggioranza delle foto incluse nella somma avrà stelle perfette.

 

Tutte le foto che vogliamo sommare presentano stelle leggermente allungate. Questo è il caso più disperato, in cui tutti vorrebbero buttare il lavoro di una notte. Per fortuna a tutto (o quasi) c’è rimedio. Intanto usiamo tutti gli scatti per fare la somma e ricavare l’immagine grezza, che naturalmente in questa situazione mostrerà anch’essa le stelle leggermente allungate. A questo punto elaboriamola come se niente fosse, facendo stretch, regolando colori e chi più ne ha più ne metta. Come atto finale, poi, cerchiamo di porre rimedio a quelle brutte stelle allungate. Se l’immagine ha un grande formato, come quello tipico delle reflex, possiamo ridurre il difetto riducendo le dimensioni dell’immagine anche del 50%. I sensori da diversi milioni di pixel ci consentiranno ancora di avere un’immagine di generose dimensioni, più incisa, con meno difetti, tra cui stelle di certo meno allungate. Se il difetto persiste, o se non abbiamo grossi sensori da poterci permettere di perdere metà dei pixel, possiamo attaccare il problema in modo più creativo. Spesso una leggera deconvoluzione mitiga il brutto effetto, ma è complicata da usare e richiede immagini con ottimo segnale. Esiste un metodo, più semplice ed efficace, che si può attuare manualmente con Photoshop o qualsiasi altro programma di elaborazione grafica, in pochi ma efficaci modi:

  • Apriamo la nostra immagine in Photoshop;
  • Ruotiamola in modo che l’allungamento delle stelle sia perfettamente verticale o orizzontale. Questa operazione è fondamentale: se l’allungamento è diagonale potremo avere molti più problemi del previsto (ma potete, anzi, dovete provare!);
  • Selezioniamo tutta l’immagine, copiamola e incolliamola su un nuovo livello. D’ora in poi lavoreremo su questo;
  • Dobbiamo selezionare le stelle e solo le stelle. Di solito io procedo con lo strumento bacchetta magica con tolleranza attorno a 60 e con click successivi, tenendo premuto il tasto “shift”, seleziono tutte le zone contenenti il fondo cielo. In questo modo, in realtà, si seleziona tutto fuorché le stelle, ma poi con il comando “Selezione –> Inversa” otterremo la selezione sugli astri. Questa operazione è molto comune nell’elaborazione delle fotografie del profondo cielo, poiché si tende a separare l’oggetto e lo sfondo dal campo stellare, che ha caratteristiche che richiedono un’elaborazione differente, per questo motivo la do per scontata in questa situazione (ma magari ci torneremo in qualche post futuro). Nel nostro caso usiamo la selezione delle nostre stelle per fare un mezzo “miracolo”;
  • Dopo aver selezionato le stelle invertendo la selezione faticosamente fatta, espandiamola di un pixel e sfumiamola di altrettanto. A questo punto attorno alle stelle, almeno la grande maggioranza e di certo le più brillanti, quindi le più allungate, avremo tanti piccoli cerchietti. Il “miracolo” avviene nel passo successivo;

 

Selezioniamo le stelle, espandiamo e sfumiamo la selezione di un pixel

Selezioniamo le stelle, espandiamo e sfumiamo la selezione di un pixel

  • Applichiamo un filtro che in pochi conosceranno. Si chiama “Sposta” o “Offset” se abbiamo la versione in inglese. Si trova in “Filtro –> Altro –> Sposta”. Si aprirà una finestra in cui potremo far scorrere due cursori che sposteranno le nostre stelle di una quantità che imposteremo noi. Nel nostro caso dobbiamo spostare il contenuto della selezione di una piccola quantità, quasi sempre un pixel, nella direzione perpendicolare all’allungamento. Se le stelle sono allungate lungo l’asse verticale, dovremo quindi spostare lungo l’asse orizzontale; viceversa se l’allungamento è orizzontale (ecco perché prima ho detto di orientare in modo furbo l’immagine!). Il verso non è importante, quindi è indifferente se impostiamo un valore di +1 o -1. Confermiamo e osserviamo cosa succede: tutte le stelle della nostra selezione si sono spostate di un pixel in una direzione! Ma come può aiutarci questo a correggerne l’allungamento? È nel prossimo punto che avviene la “magia”:
Applichiamo il filtro "Sposta" lungo la direzione perpendicolare all'allungamento

Applichiamo il filtro “Sposta” lungo la direzione perpendicolare all’allungamento

  • Togliamo la selezione e impostiamo il modo di unione di questo livello su “Schiarisci” (in basso a destra, nella scheda “Livelli”; di default è impostato su “Normale”) e osserviamo cosa accade: solo la porzione delle stelle che si trova spostata di un pixel nel livello superiore viene aggiunta al livello inferiore contenente l’immagine originale e le stelle diventano all’improvviso molto più rotonde!
Combiniamo i livelli con il metodo "Schiarisci" e uniamoli: le stelle ora sono molto più rotonde di prima!

Combiniamo i livelli con il metodo “Schiarisci” e uniamoli: le stelle ora sono molto più rotonde di prima!

Abbiamo appena compiuto un’operazione che sembra davvero fantascienza, ma è reale e ben spiegabile, anche se, come è facile intuire, non bisogna abusarne e di certo non bisogna applicarla se vogliamo usare le nostre immagini per scopi scientifici. Si tratta di un mero ritocco estetico che però è in grado di salvare la nostra serata, trasformando un’immagine mediocre con astri allungati in uno scatto che non contiene più neanche il ricordo delle imprecazioni dette durante la serata e nella prima parte dell’elaborazione, quando pensavamo che sarebbe stato tutto da cestinare.

Per far capire quanto sia semplice l’operazione, ho preparato un file immagine di Photoshop contenente una mia foto rovinata da una guida poco precisa. Potete scaricarlo qui e fare pratica. In questo file ho già copiato l’immagine sul livello superiore che useremo per spostare le stelle e già fatto la selezione delle stelle per voi (già espansa e sfumata, quindi non dovete fare nulla): basta caricarla con il comando “Selezione –> Carica selezione” (si chiama “Stelle”). A questo punto applichiamo, al Livello 1, il filtro “Sposta” con movimento di un pixel lungo l’asse orizzontale. Confermiamo e impostiamo il metodo di unione di questo livello su “schiarisci”: improvvisamente vedremo l’immagine sottostante con le stelle molto più rotonde. Uniamo i livelli e salviamo la nostra immagine rinata a una nuova, insperata, vita!

Conoscevate questo metodo? Quali altri espedienti conoscete per porre rimedio a stelle leggermente allungate?

Star Adventurer: prima prova

Un nostro fedele cliente e esperto astrofilo, Fabrizio Marchesan, ha provato la scorsa sera, approfittando di una pausa tra un temporale e l’altro, lo Star Adventure.

Scrive Fabrizio: “Ho montato lo Star Adventure sul treppiede di una HEQ5 che si è ovviamente rivelato una roccia. Lo stazionamento al polo è immediato e preciso grazie al nuovo cannocchiale polare e all’uso di software come polar finder. Ho montato un Canon 70-200 f/4 L su una Canon 350D. La focale usata è stata di 100mm, equivalenti a 160mm sul formato APS-C. La canon è stata equipaggiata con un filtro eos clip cls-ccd e nonostante la presenza della Luna quasi piena ho eseguito pose su NGC7000 da 120s a 180s. L’astroinseguitore è andato oltre le mie aspettative dimostrando solidità e precisione nell’inseguimento. Lo ritengo uno strumento molto valido sopratutto per chi può viaggiare e trovarsi in luoghi veramente bui, portandosi dietro un setup minimale”

NGC7000

Guida fuori asse con le nuove camere di guida

Sempre più spesso mi vengono chiesti consigli su guide fuori asse e camere di guida, specie abbinate in situazioni dove i riduttori di focale regalano ben poco backfocus.

Le prime guide fuori asse erano spesse qualche cm e inoltre il lato camera di guida presenta un filetto T2, per poter montare agevolmente la maggior parte delle camere di guida presenti qualche anno fa.

La gran parte delle guide fuori asse attuali, oltre ad essere molto sottili, permette la rotazione della camera di guida, ma se si usa una reflex, spesso, questo movimento è limitato in quanto va a sbattere contro il corpo macchina. Inoltre portare in una situazione di parafocalità una reflex/ccd e una camera di guida avvitata al filetto T2 non è semplice in quanto spesso bisogna ricorrere alle prolunghe T2 e si va tendenzialmente a tentativi.

Per fortuna l’arrivo della Lodestar ha introdotto il concetto di camera compatta, grazie al barilotto da 31,8mm, che quindi poteva innestarsi come un qualsiasi oculare da 31,8mm. Quindi se si mettesse un portaoculare da 31,8mm sul filetto T2 della guida fuori asse, ecco che la camera di guida per andare a fuoco rispetto alla camera di ripresa, basterebbe muoverla su giù rinunciando a complicate prove con prolunghe T2.

Teleskop Service ha creato il TST2-1-T2s che andando ad avvitarsi sul filetto T2 lato camera della guida fuori asse, consente di montare camere di guida con barilotto da 31,8mm (Lodestar, QHY5II, QHY5L-II) e di metterle a fuoco muovendole delicamente su e giù nel raccordo. Il bloccaggio con anello comandato da viti di blocco garantisce l’assenza di graffi sul corpo della camera.

Inoltre la sensibilità della Lodestar e della QHY5L-II le rende ideali per essere usate con telescopi a lunga focale, come i diffusi SC o RC.

In sostanza si crea un sistema davvero versatile ma soprattutto facile da usare, il che si traduce nel mettere in funzione il sistema in circa 10-15 minuti massimo.

La foto raffigura una TSOAG9 con il raccordo TST2-1-T2s e una camera QHY5L-II.

Se state valutando di passare alla guida fuori asse, vi consiglio fortemente questo tipo di configurazione, per la sua semplicità e velocità d’uso!

TLAPO804: la recensione di Claudio

Un nostro affezionato cliente ha preso il TLAPO804, il suo resoconto della prima serata osservativa, buona lettura!

“Ecco i primi risultati delle prove che abbiamo fatto con il piccolo killer TLAPO804 ,( chiamato il killer per aver strapazzato il fs78 in altri confronti definito in quelle occasioni il “cattivo”). Con il Coronado l’abbinamento è perfetto con un 20mm la visione completa del disco Solare con le protuberanze e alcune facole mostra una incisione e risoluzione notevole… spettacolare.

Ma il bello viene quando lo abbiamo messo a confronto con il Tak fs78 f8, puntato Venere nel TLAPO804 non vi è nessuna minima traccia di cromatismo un immagine che sembra simile a quella fornita da un newton f6, perfettamente bianca, cosa che non si può dire per il Tak che non è perfettamente immune dal peccato di lieve cromatismo. Poi puntiamo Giove la visione è sorprendente a 171x si vedono bene incise le due bande principali con alcune particolari formazioni più altre quattro o cinque bande più sottili e un bel transito di Io sul disco a memoria mi ricorda molto l’immagine che mi aveva a suo tempo impressionato fornita da Astro-Phisics 90 f5 il ( clandestino), anche qui il TLAPO804 batte il Tak per una migliore risoluzione dei dettagli. Pure la visione di, Saturno della bella e nera divisione di Cassini e della netta ombra degli anelli proiettata sul pianeta! e di tre delle sue lune, che dire? Un  appagante massaggio shatshu alla retina come la spettacolare separazione a 280x di delta Cygni ,epsilon Bootes,xi Bootes,Castore,Polaris et molte altre.

Tutto questo per confermare la mia grande soddisfazione per l’acquisto di questo piccolo concentrato di alta tecnologia ottica, e con le prime impressioni da semplice visualista, mi sento di dire che oggi non ha più senso spendere molti più € per acquistare Takahashi o Astro- Phisics (per quest’ultimo gioca anche l’incognita del tempo di consegna).
Grazie per la cordialità e a risentirci per nuove sensazioni e soprattutto immagini.”

Grazie a te Claudio e buone osservazioni!

Ortoscopici a confronto

Test ortoscopici: Takahashi Mc Abbe Ortho vs Kasai vs Baader Genuine Ortho + test su Giove tra C9 e TS ONTC 8” f/5

Da un po’ di tempo sono tornati di gran moda gli oculari ortoscopici, dopo una bella diffusione dei vari oculari a grande estrazione pupillare, che hanno avuto il pregio di rimediare ad uno dei principali difetti dello schema ortoscopico: la bassa estrazione pupillare. Invece ora in molti tendono a ricercare la massima prestazione, ed ecco che gli ortoscopici sono tornati sulla cresta dell’onda.

Io personalmente amo gli ortoscopici, perché preferisco sempre usare degli oculari ad alte prestazioni per concentrarmi meglio sui limiti dello strumento piuttosto che stare a capire se e quanto un oculare incide su quello che vedo. Usando molti strumenti diversi, era una scelta obbligata, ma che mi ha sempre ben ripagato.

Nella mia collezione personale ho i Kasai, i Baader Genuine Ortho (la prima versione, quelli fatti in Giappone) e i nuovi arrivati, i Takahashi Mc Abbe Ortho. Quindi tutte lenti di ottima fattura costruiti nel paese del Sol Levante.

I test li ho fatti a ripetizione sul soggetto che secondo me poteva sviscerare le piccole differenze tra i vari oculari: Giove. Grazie al basso contrasto superficiale ho ritenuto che fosse il soggetto ideale per capire i limiti dei vari modelli.

Telescopi usati: C9 (Nexstar Evolution 925) e TS ONTC 8” f/5 – anche il test di questi due strumenti merita un appunto a parte.

Primo round: Kasai 12.5mm VS Takahashi 12.5mm – strumenti usati: C9 e ONTC 8”

Il seeing non era male, ho iniziato ad osservare col C9 e con l’ONTC poi. Il Kasai si è rivelato un pelo più morbido del Takahashi, nel senso che nel Taka le bande erano disegnate in modo molto più netto, così come i vari festoni. La Grande Macchia rossa, in levata sul bordo del pianeta, si mostrava in modo spettacolare. Una differenza più rilevante è nella resa del colore: nel Kasai è più calda, mentre nel Taka è più fredda, più neutra. Il Takahashi si è rivelato superiore del 20-30% rispetto al Kasai. Riguardo il colore dell’immagine, la cosa è puramente soggettiva: la differenza la fa il gusto dell’osservatore, anche se ovviamente non è che il Taka cambi il colore delle cose, sono differenze che credo non si possano neanche notare senza una comparazione diretta. Invece una differenza ENORME l’ha fatta la comodità di osservazione: il Kasai con la sua forma a punta era TERRIBILMENTE scomodo, mentre il Taka, col suo paraluce molto corto, era davvero comodissimo e riparava anche bene dalle luci parassite (ho condotto il test in pieno centro città tra i lampioni). Una nota interessante è stato notare come il Taka venisse messo a fuoco in posizione ben più esterna rispetto al Kasai.

 

Secondo round: Baader Genuine Ortho 9mm VS Takahashi 9mm

Ho usato sempre il C9 e l’ONTC da 8”, le considerazioni su questi due strumenti le trovate in fondo al test.  Il Baader offre, come il Takashi, una buona comodità nell’osservazione, anche se la presenza di quel piccolo paraluce, quando si osserva in mezzo a luci parassite, l’ho trovata davvero comoda. A livello di resa cromatica il Baader si è comportato come il Kasai, offrendo immagini più calde rispetto a quelle più fredde del Takahashi. A livello di prestazione la differenza, sinceramente, c’è tutta. Se nel Baader si vedevano la seb e la neb, nel Takahashi si vedevano anche le altre bande minori, questo per dare un metro di paragone, ovviamente senza troppo sforzo. Il Takahashi focalizzava inoltre i satelliti in modo più efficace, raggiugendo così il corretto punto di fuoco più velocemente e con minor sforzo.

 

Terzo round: Baader Genuine Ortho 7mm VS Takahashi 6mm VS Kasai 6mm- C9 e ONTC 8”

La differenza tra questi tre ortoscopici è più evidente alzando gli ingrandimenti. Il Baader ed il Kasai fanno vedere bene (il Kasai un filo meglio, ma la scomodità la fa da padrona), mentre il Takahashi fa proprio vedere. I particolari sul disco del pianeta sono staccati in modo evidente, mentre negli altri due sono po’ più sfumati. Come sempre, ad alti ingradimenti, le differenze si vedono bene.

Conclusioni: sono tutti e tre dei buoni ortoscopici, solo che il Taka secondo me si è rivelato un eccellente ortoscopico. Non solo per le qualità ottiche che rispecchiano in pieno il blasone del marchio, ma anche la costruzione dimostra una bella cura progettuale: quel piccolo paraluce mi ha aiutato non poco durante le osservazioni, nel ripararmi dalle luci parassite (leggasi lampioni) che avevo intorno. Il Takahashi mette a fuoco più esternamente rispetto agli altri ortoscopici, può fare piacere a chi ha bei problemi di backfocus.

Considerazioni sul C9 e sull’ONTC da 8” f/5: entrambi due ottimi strumenti. Il C9, come sempre, quando usato in modo proprio, dice la sua. Mi ha stupito l’ONTC invece: i particolari mostrati erano gli stessi del C9, ma proprio gli stessi! D’altronde l’ONTC ha ottiche selezionate al banco ottico e la qualità costruttiva è nettamente migliore rispetto ad un newton cinese..avrei molte altre considerazioni, ma direi che meritano un articolo a parte!