Come collegare fotocamere reflex e smartphone ai telescopi CELESTRON

Oltre a SKYWATCHER non poteva mancare una lista dettagliata di raccordi e adattatori indispensabili per collegare la tua strumentazione ai telescopi CELESTRON.

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Presso TS Italia Astronomy, siamo a tua disposizione per offrire consulenza specialistica e rispondere a tutte le tue domande in merito ai collegamenti tra fotocamera, smartphone e telescopio. Il nostro team di esperti è pronto ad aiutarti a ottenere risultati eccezionali nella tua avventura nella fotografia astronomica.

Come collegare fotocamere reflex e smartphone ai telescopi SKYWATCHER

Se sei un appassionato di fotografia astronomica e desideri collegare la tua fotocamera reflex o il tuo smartphone a un telescopio SKYWATCHER, sei nel posto giusto! Ecco una lista dettagliata di raccordi e adattatori indispensabili per collegare la tua strumentazione.

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Filtri anti IL – un’analisi senza precedenti

Il nostro grande amico Fabio Di Giorgio ci presenta un’analisi dei filtri per inquinamento luminoso senza precedenti! Un ricerca approfondita fatta sul campo che siamo sicuri sarà di grande aiuto a tutti gli appassionati afflitti da questo problema.

A lui la parola!

L’astrofotografia dal centro di una grande città è probabilmente uno degli hobby più frustranti, al giorno d’oggi! Posso immaginare davvero poche attività più complesse della ripresa di deboli oggetti a migliaia o milioni di anni luce da noi, quando perfino le stelle più luminose sono difficili da scorgere nel cielo notturno.

E, beh, vivere nel centro di Roma porta questa complessità ad un livello completamente diverso: qui sotto una foto della cupola di San Pietro ripresa dal tetto del mio palazzo. Questo dovrebbe dare un’idea del luogo da cui osservo; notate la tonalità dello sfondo.

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Penso che questo possa rendere bene l’idea della mia passione per l’unica misura contro l’inquinamento luminoso: i filtri astronomici. Nel corso del tempo, mentre le stelle venivano progressivamente sbiadite dal cielo, i produttori hanno iniziato a sviluppare filtri sempre più efficaci per riguadagnare opportunità di osservare il cielo notturno e i suoi deboli oggetti. Ne ho molti nella mia collezione personale.

E, purtroppo, nel frattempo è cambiata anche la caratteristica dell’inquinamento luminoso: dalle vecchie luci calde e giallastre così ben trattate dai filtri a banda larga – ne parleremo più avanti – l’illuminazione urbana è progressivamente passata ai LED. Più economici e con un consumo ridotto, ma decisamente più difficili da combattere a causa del loro spettro continuo.

Io, così come migliaia di altri amici astrofili in tutto il mondo, abbiamo iniziato a notare un aumento dell’inquinamento luminoso quando è stata introdotta questa nuova fonte di luce. Ed allora ho iniziato a chiedermi: qual è il filtro “migliore” per ottenere nuovamente l’accesso al cielo notturno?

Ma, qual è la definizione di “migliore”?

  • È il filtro che fornisce il massimo aumento di contrasto?

  • È quello che mantiene meglio il bilanciamento del colore?

  • È quello che lavora sul maggior numero di oggetti (galassie, nebulose, ammassi…)?

  • O quello che potrebbe essere impiegato nella maggior parte delle condizioni osservative (rurali, urbane, montane, …)?

Temo che non ci sia modo di convergere su un’unica definizione di migliore, né “SUL” miglior filtro; motivo per cui alla fine ho fatto ricorso all’utilizzo di più filtri.

Vi prego di seguirmi nella mia ricerca della migliore combinazione di filtri per uso astronomico. E, già che ci siamo, lasciatemi iniziare con un disclaimer: non sono vincolato a nessun produttore o rivenditore, la maggior parte dei filtri analizzati qui sono miei e non ho guadagnato soldi nell’eseguire questa analisi e condividere i risultati. Fondamentalmente, questo è il modo in cui ho scelto come effettuare le mie riprese.

OK, ma come funzionano questi filtri? Qual è la magia che permette loro di combattere l’inquinamento luminoso? Una trattazione dettagliata potrebbe benissimo riempire un libro di matematica, con un generoso annesso su Ottica, Chimica e così via, quindi affrontiamo solo le basi: la radiazione degli oggetti celesti, dopo aver viaggiato per anni luce, entra nel nostro obiettivo e finalmente raggiunge il nostro sensore. Qui i fotoni vengono convertiti in elettroni e la tensione risultante viene letta, elaborata e memorizzata in un file.

Ma, man mano che il sensore acquisisce la luce del target, riprende anche la luminosità circostante. E, se non c’è differenza nei fotoni da una sorgente o dall’altra, non esiste un modo per il nostro sensore di “discriminare”. Quindi, ora iniziamo a capire che abbiamo bisogno di un po’ di magia che ci aiuti a separare la luce spaziale da quella dell’ambiente. Partiamo dal caso più semplice: le nebulose emettono solo a lunghezze d’onda (colori) molto specifiche; quindi, se riuscissimo a far passare solo quelle, il contrasto tra bersaglio e inquinamento luminoso aumenterebbe. Questo è il modo in cui funzionano i filtri, grazie a una serie di strati sottilissimi di materiali assorbenti e riflettenti: più luce diffusa viene respinta preservando la luce del target, maggiore è l’aumento di contrasto; e i filtri a banda stretta sono molto efficienti in questo processo.

Ma, aspettate un secondo prima di acquistare il filtro più stretto sul mercato! La luce delle stelle è più o meno un continuum, quindi quale sarebbe l’effetto di questo filtro sulle stelle stesse o, ahimè, sulle galassie che sono composte da stelle? Sfortunatamente, la riduzione sarebbe quasi esattamente la stessa dell’inquinamento luminoso (questa semplificazione non è accurata al 100% ma nemmeno così sbagliata). È vero, se riuscissimo a filtrare l’inquinamento luminoso più della luce stellare, funzionerebbe comunque: e questo è il principio dei filtri a banda larga. Non sono così selettivi come quelli a banda stretta, ma cercano di rimuovere le lunghezze d’onda dove l’inquinamento luminoso è maggiore, lasciando le altre – per lo più – intatte. Forniscono comunque un aumento del contrasto, anche se inferiore, ma conservano anche i colori delle stelle. Beh, più o meno.

Il mio viaggio nell’astrofotografia “seria” è cominciato con una SkyWatcher ED80 e una DSLR Canon 350d e, mentre oggi (spoiler alert!) utilizzo una camera astronomica raffreddata e monocromatica, con filtri a banda stretta (e ruota portafiltri elettronica, e autofocuser, … ma ricordate da dove scatto?), uso ancora una DSLR quando sono in viaggio, e capisco perfettamente le persone che desiderano soluzioni meno complesse – e costose – e sono felici di acquisire tutti i colori in un singolo scatto, sia esso con una DLSR o un CMOS One Shot Colour (OSC).

Quindi, ho preso un treppiede, la mia Canon 650d modificata Full Spectrum (il che significa che tutti i filtri di serie sono stati rimossi e non può più scattare foto “normali”) con un obiettivo Jupiter 135 f 3.5 e un reticolo Paton Hawksley Education ltd Star Analyzer 100, ho stampato in 3D un semplice adattatore per tenere il reticolo davanti all’obiettivo; poi ho guardato fuori dalle mie finestre e ho affrontato alcuni dei lampioni che mi stavano facendo impazzire.

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Questo è il setup che ho utilizzato per acquisire gli spettri per confrontare i vari filtri: in questa configurazione, la lunghezza focale di 135 mm e i pixel da 4,3um della DSLR producono una risoluzione spettrale di 0,316 nm/px (leggi nanometri per pixel). Più che sufficiente per confrontare i diversi filtri che ho accumulato in questi anni!

Le due immagini successive mostrano la posizione di alcuni lampioni di giorno e di notte. Alcuni di loro utilizzano ancora vecchie luci al mercurio e altri sono già stati convertiti ai LED.

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L’immagine successiva mostra lo spettro della luce del mercurio, acquisito con il filtro Astronomik L2: la luce infrarossa è stata soppressa. Sono raffigurati due livelli di esposizione, per mostrare sia i picchi molto evidenti (in alto) sia la componente continua molto più contenuta (in basso). Oltre a un piccolo contributo blu, l’emissione principale è tra il verde e l’arancione, che produce una tonalità molto calda.

Ovviamente, usando un filtro che elimini queste lunghezze d’onda, l’effetto inquinante di questa luce può essere facilmente ridotto.

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Ed ora, lo spettro di un lampione a LED, anche questo acquisito con il filtro Astronomik L2 per rimuovere la luce infrarossa. Stesse due esposizioni di prima, anche se l’intensità non può essere confrontata direttamente, in quanto proveniente da due lampade diverse.

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L’immagine successiva mostra lo spettro e l’istogramma di un lampione a LED: sull’asse orizzontale la lunghezza d’onda, su quello verticale l’intensità per ogni colore/lunghezza d’onda

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E ora, il primo risultato: questo è un confronto tra il vecchio e il nuovo spettro dei lampioni, questo è ciò contro cui gli astrofotografi urbani devono lottare.

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La prima evidenza è: la vecchia luce a vapore aveva delle righe di emissione molto ben definite, mentre quella nuova a LED ha un picco nel blu ma poi un’emissione continua dal verde intenso all’infrarosso. Ciò rende il LED molto più difficile da contrastare con i filtri.

E infine – per ora – la prossima immagine raccoglie le “bande passanti” di diversi filtri commerciali per la soppressione dell’inquinamento luminoso.

In alto ho riportato le principali righe di emissione interessanti, l’elemento chimico, il loro colore e le lunghezze d’onda. Quando riprendiamo le nebulose, siamo interessati solo a: Ossigeno (colore verde acqua), Idrogeno (infrarosso, con una componente verde acqua molto minore) e Zolfo (di nuovo, infrarosso). Nel grafico sono rappresentati anche il mercurio (HG) e il sodio (Na).

A destra le marche e le tipologie a confronto.

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Ogni riga di questa immagine è stata ottenuta riprendendo la vista panoramica con i filtri nel treno ottico e confrontando la risposta alla luce dei LED, per misurare quali parti dello spettro continuo siano maggiormente bloccate (o ridotte). L’Optolong L-eXtreme è solo stimato, perché la sua banda estremamente stretta (7 nm) non può essere riprodotta fedelmente a causa delle lampade troppo vicine alla fotocamera (e, dall’analisi seguente, la sua banda passante potrebbe essere piuttosto imprecisa in questa immagine ). Il nuovo Optolong L-Ultimate, con la sua doppia banda passante da 3 nm, sarebbe simile ma avrebbe solo la metà circa di quella larghezza.

Un ulteriore test potrebbe essere eseguito utilizzando una stella bianca o il nucleo di una galassia (per ottenere un’approssimazione ancora migliore di uno spettro continuo), ma mi sembra che l’immagine qui sopra mostri già chiaramente le differenze, in termini qualitativi se non quantitativi.

Dalla selezione sopra, possiamo distinguere chiaramente tre tipi di filtro:

UV-IR cut: come l’Astronomik L2, questi filtri sono utilizzati per ridurre la luce “invisibile” e per rendere un’immagine simile alla visione umana con sensori la cui risposta spettrale si estende nell’UV e nell’IR. Lo scopo principale è sopprimere le frequenze che non sono focalizzate correttamente attraverso un sistema di lenti. NON si tratta di filtri anti inquinamento luminoso!

Filtri a banda larga: sono concepiti per contrastare l’inquinamento luminoso rimuovendo solo alcune lunghezze d’onda associate alle emissioni artificiali. Purtroppo sono molto efficienti con le “vecchie” luci fashion, ma lasciano molto a desiderare – lasciano passare molta luce – con quelle a LED. Questi filtri applicano un taglio morbido, consentendo un aumento del contrasto ma mantenendo i colori delle stelle (beh, più o meno).

Filtri a banda stretta: questi filtri utilizzano l’approccio della forza bruta! TUTTA la luce viene filtrata, ad eccezione delle lunghezze d’onda di emissione delle nebulose. Ciò consente un enorme aumento del contrasto, ma il colore delle stelle va sostanzialmente perso. E ci si può dimenticare di riprendere qualsiasi galassia, ovviamente. Esistono diversi tipi di filtri, con larghezze di banda decrescenti fino a 3 nm: più stretta la banda, maggiore risulta il contrasto. Ma nessuno ci regala nulla: le stelle verranno di conseguenza attenuate e il loro colore alterato.

L’immagine successiva confronta il filtro UV/IR Cut e quelli a banda larga con i due spettri di luce: chiaramente il filtro L2 non fornisce alcun tipo di riduzione dell’inquinamento luminoso, mentre è evidente che l’Optolong L-Pro e l’Hutech IDAS D1 sono stati progettati per gestire la luce del mercurio (e del sodio), e lo fanno molto bene, poiché rimuovono solo queste lunghezze d’onda. Hanno un comportamento molto simile, con due differenze principali, descritte di seguito.

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L’Optolong L-Pro ha una banda passante più ampia nell’infrarosso, mentre l’IDAS D1 ha un taglio più netto subito dopo la riga dello zolfo. Questo suggerisce una tonalità più “rossastra” nel filtro Optolong. Il D1 rimuove anche leggermente di più il profondo blu e UV.

Ma, cosa più notevole, l’L-Pro trasmette un po’ di giallo, mentre il D1 è MOLTO più selettivo su queste frequenze.

Da tutto quanto sopra, la luce delle stelle è meglio conservata dall’Optolong rispetto al filtro Hutech, che sostanzialmente rimuove tutto il colore giallo; ma questo al costo di un effetto di filtraggio inferiore e di una dominante rossa, mentre il D1 è fondamentalmente neutro dal punto di vista cromatico e non richiede quasi nessun bilanciamento del colore in fase di elaborazione.

Entrambi i filtri possono essere impiegati per ridurre l’inquinamento in zone non critiche; dove l’IL non pregiudica troppo la vista del cielo, la scelta dell’uno rispetto all’altro è principalmente questione di gusto soggettivo (e di budget!). Possono anche essere impiegati per visualizzare le galassie, ma sfortunatamente entrambi sono inadatti a gestire un forte inquinamento luminoso.

Beh, basta teoria, passiamo alla pratica: quello che segue è un vero e proprio test su una nebulosa, il target principale gestito da tutti i filtri.

L’immagine successiva confronta un’esposizione di 60” sulla Nebulosa di Orione, scattata con tutti i filtri sopra descritti; stessa ora, stessa posizione, stesso setup, nessuna elaborazione: a parità di condizioni, questa immagine ci dice quali filtri migliorano maggiormente la qualità dell’immagine e come lo fanno.

Si tenga presente che, al momento di questo primo confronto, non avevo ancora a disposizione un Optolong L-eXtreme. E prima di riceverlo, ho venduto lo Sharpstar 72ED che è stato utilizzato in questo primo set di immagini, quindi, non avendo modo di aggiungere l’eXtreme al confronto, non è incluso nel test in questa fase.

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Dall’alto: Astronomik L2 e Optolong L-Pro, IDAS D1 e IDAS V4, Optolong L-eNhance e Astronomik H-Alpha (12 nm), Astronomik OIII (12 nm) e Explore Scientific OIII

Un primo risultato è chiaramente visibile: i filtri a banda stretta forniscono un’immagine decisamente più scura in modo che il target non venga attenuato, rendendo tuttavia lo sfondo molto meno invadente.

Ma, mentre il confronto di cui sopra ci fornisce una prima idea del miglioramento, questo NON è il modo in cui dovrebbero essere impiegati i filtri! In effetti, sotto determinate ipotesi, non utilizzeremo lo stesso tempo di esposizione indipendentemente dal filtro scelto: se lo sfondo viene attenuato, possiamo aumentare il tempo di esposizione e catturare più fotoni, consentendo di evidenziare dettagli più deboli.

Quindi, ripetiamo il confronto aumentando l’esposizione per filtri più stretti, e vediamo il risultato.

Ho ripreso una serie di pose da 30″, 60″, 120″ e 180″ con ciascun filtro. L’immagine successiva confronta i fotogrammi non elaborati a diverse esposizioni cercando di avere livelli di sfondo compatibili tra i diversi filtri. I filtri più stretti consentono esposizioni più lunghe e forniscono maggiori dettagli sulla nebulosa.

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Da questo confronto, l’Optolong L-eNhance sembra la soluzione più promettente da un sito pesantemente inquinato.

Dopo aver ricevuto un L-eXtreme, ho effettuato un confronto approfondito tra questi due filtri, con una sorpresa piuttosto sorprendente! Qui sotto, la nebulosa Nord America è stata acquisita con i due filtri Optolong a banda stretta: negli scatti con l’eNhance il target era più basso sul centro di Roma, e la luna era alta in entrambi i casi: sono rimasto scioccato quando ho visto le immagini appena riprese (con solo autostretching di PixInsight). Tuttavia, effettuata l’elaborazione, non c’è quasi differenza tra i risultati.

Entrambe le immagini sono l’integrazione di 14 pose da 240” @ ISO1600. Dark frames, nessun flat field. Tutte le successive immagini sono state acquisite con un TecnoSky 60 APO (rifrattore 60mm f6, FPL53 / Lantanio) con spianatore 1x.

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Nebulosa Nord America: L-eNhance a sinistra, L-eXtreme a destra. La riga superiore mostra solo un autostretch, quella inferiore l’immagine completamente elaborata

Ho quindi ripreso la nebulosa di Orione, e il suo nucleo luminoso ha limitato la quantità di autostretch mostrando un’immagine migliore già prima dell’elaborazione: qui, L-eXtreme mostra il suo miglior bilanciamento del colore rispetto a L-eNhance che ha una dominante verde. Eppure, anche in questo caso, le immagini elaborate sono molto simili, e preferisco addirittura quella dell’eNhance dove l’OIII nella nebulosa Running Man è più visibile.

Entrambe le immagini sono l’integrazione di sole 5 pose da 180” a ISO1600, corrette con Darks e Flats. L’oggetto è luminoso, ma il risultato non è affatto male per soli 15 minuti da una città molto inquinata!

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Nebulosa di Orione: L-eNhance a sinistra, L-eXtreme a destra. La riga superiore presenta solo un autostretch, quella inferiore l’immagine completamente elaborata

Le tabelle successive riportano le statistiche di una patch di sfondo per entrambe le immagini prima e dopo il bilanciamento dei canali: si conferma il miglior bilanciamento del colore dell’eXtreme, così come lo sfondo ben più scuro.

Per sfruttare al meglio questo filtro sono necessarie acquisizioni decisamente più lunghe.

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Il confronto successivo è stato fatto tra pose acquisite con L-eNhance a 180” e L-eXtreme a 300”, cercando di sfruttare la banda passante più stretta e lo sfondo più scuro di quest’ultimo filtro. Il risultato sulla Crescent non è molto diverso, ma la nebulosità circostante è meglio evidenziata dall’eXtreme: questo è il risultato principale di questo confronto, che mostra il vantaggio di pose più lunghe.

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Crescent Nebula: Enhance (pose da 180″) a sinistra, Extreme (pose da 300″) a destra. La riga superiore presenta solo un autostretch, quella inferiore l’immagine completamente elaborata

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Confronto M1: L-eNhance e L-eXtreme, diverse lunghezze di esposizione

Sorpreso dalla migliore visibilità della nebulosa Running Man e dall’apparente maggiore dettaglio in M1, dopo una discussione con Luca di TS Italia Astronomy, ho dato uno sguardo più dettagliato alla risposta spettrale dei due filtri dichiarata dal produttore. Ora, tutto questo deve essere preso con le pinze perché:

  • Questi grafici potrebbero non avere una risoluzione sufficiente per un’analisi precisa

  • La variazione da un esemplare all’altro potrebbe compromettere l’accuratezza: questo si applica sia alla scheda tecnica (dichiarazione esplicita: This curve is only for reference, and is not used as the final product data) sia al MIO SPECIFICO campione di L-eXtreme…

Tuttavia, ho sovrapposto le due figure delle bande passanti (immagini estratte direttamente dal sito Optolong) ed ecco alcune considerazioni:

  • Il filtro L-eNhance sembra avere una trasmissione più alta, circa il 96%, mentre l’eXtreme mostra solo il 93%. Il filtro preserva leggermente meglio il segnale: questo potrebbe essere spiegato dal processo di produzione più semplice per il filtro con larghezza di banda maggiore.

  • Inoltre, le due immagini sono state coregistrate e tutte le altre righe di emissione corrispondono perfettamente, ma quella dell’OIII mostra un disallineamento. Questa potrebbe essere la risposta principale: l’Ossigeno III emette in una riga principale a 500,7 nm e una secondaria a 495,9 nm (4959 angstrom e 5007 angstrom). Eppure l’immagine L-eXtreme mostra la linea leggermente a destra di quella L-eNhance, il che potrebbe significare che il primo ha come target SOLO la linea 500.7, mentre il secondo trasmette ENTRAMBE le linee, in aggiunta a quella H-Beta a 486 nm.

Infatti, con la sua larghezza di banda di 7 nm centrata su 500.7, la limite inferiore della banda passante dell’eXtreme sarebbe a 497.2, quindi la linea 495.9 sarebbe fortemente attenuata.

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La domanda sembra essere se lasciare passare la linea secondaria, insieme a una quantità leggermente maggiore di inquinamento luminoso (e H-Beta, ovviamente) abbia un vantaggio. E dalle immagini reali la risposta è SI per i due filtri che ho testato; e intendo proprio i due ESEMPLARI che ho testato, poiché questo risultato potrebbe variare a causa delle tolleranze di produzione o in caso di inquinamento luminoso ancora maggiore.

In sostanza, il miglioramento del fondo ottenuto dalla banda passante più stretta non sembra compensare il segnale perso dal filtro L-eXtreme, almeno nelle per le mie condizioni di cielo.

Un’altra spiegazione potrebbe essere che ciò che appare nell’immagine è il minuscolo contributo di H-Beta, una lunghezza d’onda che viene trasmessa dall’eNhance ma eliminata dall’eXtreme. Un test con questo tipo di filtro risponderebbe a questa domanda, ma io non l’ho effettuato (non ho un H-Beta in quanto solo pochissimi oggetti hanno un contributo H-Beta significativo, per il resto molto marginale).

Ad ogni modo, qualunque sia la spiegazione, il risultato mostra la presenza di due effetti opposti:

  • Il segnale addizionale (fisso) passato dall’eNhance, sia esso OIII o H-Beta: questo non varia con il livello di inquinamento luminoso ma è costante e dipende solo dal rapporto tra la riga dell’OIII a 501 nm e quella a 496 nm; la migliore informazione che ho trovato è che la riga a 496 è tra un terzo e la metà dell’intensità della linea principale a 501.

  • D’altra parte, il miglioramento del contrasto fornito dalla larghezza di banda ridotta del filtro L-eXtreme dipende dall’inquinamento luminoso del luogo specifico: è molto limitato per un luogo buio e aumenta linearmente con il livello di sfondo. Dal datasheet, la larghezza di banda OIII dell’eXtreme è circa il 25% di quella dell’eNhance (che è già piuttosto stretta!).

Mancando qualsiasi dato quantitativo, la figura successiva spiega lo stato in termini qualitativi: esiste un valore per il quale inquinamento luminoso e perdita di segnale si compensano completamente. Per un cielo migliore di questo, L-eNhance è la scelta migliore, altrimenti la selettività dell’L-eXtreme (o anche L-Ultimate) diventa un guadagno.

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Diverse recensioni e segnalazioni online menzionano una maggiore presenza di aloni con l’eXtreme che con l’eNhance: non posso affermarlo, sulla base dei miei test, poiché nelle mie immagini (ad esempio quella dell’M42, raffigurata sopra) non compare alcun alone. Ma non ho testato specificamente i filtri su stelle molto luminose solo per misurare quel comportamento.

Conclusioni:

La scelta dei filtri dovrebbe partire dalle condizioni di inquinamento luminoso dei siti di osservazione: non esiste un filtro per tutti gli usi. E, mentre la riduzione del segnale trasmesso porta a un maggiore contrasto sulle nebulose, rimuove anche il colore delle stelle e sostanzialmente inibisce l’imaging delle galassie.

Ricordando che il focus è solo sulle nebulose (le galassie non beneficiano di questi filtri), proporrò le mie soluzioni nel seguito, ma alcuni elementi possono già essere evidenziati:

  • I filtri a banda stretta producono il massimo aumento di contrasto per far fronte a siti fortemente inquinati e l’esperienza mostra che l’H-alfa è la banda meno impattata dall’IL: ma quando si utilizza una camera OSC (one shot colour) basata su una matrice di Bayer, i filtri Ha hanno un grande svantaggio; solo un pixel su quattro è sensibile al rosso, quindi questa configurazione è molto inefficiente. In questo caso è fortemente consigliato un filtro multibanda, i filtri H-Alpha sono impiegati al meglio con sensori monocromatici.

  • Un’altra considerazione è relativa ai filtri a banda stretta: scurendo lo sfondo, questi filtri, consentono di utilizzare esposizioni più lunghe per evidenziare i dettagli più deboli; ma, per sfruttare al meglio questa opportunità, la montatura deve inseguire accuratamente per questo tempo di esposizione; inoltre, esposizioni più lunghe aumentano anche il rumore termico e le fotocamere raffreddate possono gestirlo meglio rispetto alle Reflex.

  • Un ulteriore elemento da tenere in considerazione: più la banda è stretta, più l’immagine sarà scura, quindi inquadrare il target e mettere a fuoco usando L-eXtreme (e sono sicuro che L-Ultimate sarà anche peggio!) È DAVVERO DIFFICILE. Solo stelle molto luminose possono essere utilizzate per questo scopo con una maschera di Bathinov.

I filtri a doppia banda (es. Optolong L-eNhance, L-eXtreme o L-Ultimate) possono essere utilizzati anche con sensori monocromatici: in questo caso forniscono un’immagine di “luminanza” (sempre in scala di grigi) raccogliendo H-Alpha ed OIII, che può essere integrata con acquisizioni di colore separate. Il vantaggio rispetto ai tre colori separati è che il canale di luminanza raccoglie tutta la luce insieme e può migliorare il rapporto segnale/rumore mentre le singole bande possono quindi essere utilizzate solo per colorare l’immagine.

Quindi, alla fine, la mia scelta è: sensore monocromatico con filtri a banda stretta (HSO) dal centro città, Monocromatico con filtri a banda larga e LRGB PIÙ una DSLR Full Spectrum e Hutech IDAS D1 da cieli buoni. Ma, ovviamente, ciò richiede nel mio caso due configurazioni totalmente diverse (che poi associo anche a due diversi telescopi, montature, ecc.). Ma, focalizzandoci su sensori OSC (ovvero sensori a colori con matrice di Bayer), qual è il miglior compromesso?

La soluzione proposta:

  • Riprendendo solo da siti a basso inquinamento luminoso Hutech IDAS D1 (o L-Pro, la mia seconda scelta)
  • Se si effettuano riprese solo da siti con inquinamento luminoso medio Optolong L-eNhance
  • Se si riprende solo da siti con inquinamento luminoso alto/molto alto Optolong L-eNhance o L-eXtreme
  • Se si effettua l’imaging sia da siti ad alto che a basso livello di inquinamento, L-eNhance è la scelta più flessibile, altrimenti è possibile utilizzare due filtri: uno tra Optolong L-eNhance o L-eXtreme più Hutech IDAS D1 (o L-Pro in alternativa al D1).

Disclaimer: tutti i filtri utilizzati in questo test sono i miei, acquistati nel tempo per far fronte all’inquinamento luminoso, ad eccezione degli Optolong L-eNhance e L-eXtreme che ho preso in prestito da TS Italia Astronomy. Non ho ricevuto alcun pagamento per questo report e non ho pagato i filtri, che sono stati rispediti al termine del test.

Tutte le considerazioni contenute in questo test sono solo mie, e nessuna modifica è stata richiesta da TS Italia Astronomy in cambio del prestito dei filtri.

Infine, nel vasto oceano di altre soluzioni disponibili sul mercato, sembra esserci un’alternativa molto interessante che non ho testato: l’IDAS NBZ sembra avere una risposta simile agli Optolong L-eNhance e L-eXtreme, e potrebbe essere ancora meglio, ad un costo molto simile all’eXtreme.

Astronomy in Movie: il primo astrocontest di TS Italia/Tecnosky

Che ne direste di vedere un vostro lavoro di astroimaging all’interno di un film? E di ricevere anche un premio, per questo???

A me parrebbe una gran figata…….

Ebbene, se davvero lo volete, può essere realtà!!! A breve partirà la prima edizione dell’astrocontest di TS Italia/Tecnosky “Astronomy in Movie”: in palio per i migliori scatti eseguiti negli ultimi 365 giorni, premi in strumentazione e l’inserimento del lavoro vincitore all’interno di una pellicola cinematografica.

Il tema di quest’anno sarà: “banda stretta VS banda larga”. Mano ai filtri!!!

Il concorso inizia il giorno 11 maggio.

Qui sotto, il regolamento completo!

LUCA ZANCHETTA – TELESKOP SERVICE ITALIA


 

REGOLAMENTO CONCORSO FOTOGRAFICO
Astronomy in Movie

 

IL CONCORSO

Il concorso fotografico “Astronomy in Movie”, alla sua prima edizione, è promosso da TS Italia/Tecnosky, in collaborazione con il Progetto “L’Impero Sotterraneo”.

TEMA

Il tema del concorso di quest’anno è “Fotografia astronomica deep-sky tra banda larga e banda stretta”. Il tema è orientato alle riprese del profondo cielo e prenderà in considerazione qualsiasi lavoro attinente allo stesso, con preferenza per le riprese realizzate con strumentazione astronomica dedicata.

MODALITA’ DI PARTECIPAZIONE

La partecipazione al concorso è gratuita e aperta a tutti gli astroimager, senza limiti d’età. Ogni partecipante potrà fornire un numero illimitato di fotografie, da pubblicare sull’apposito album Facebook creato da TS Italia sulla propria pagina e disponibile ai seguenti link:

https://www.facebook.com/media/set/?set=oa.110735199802075

L’accesso all’album in modalità scrittura (per caricamento delle foto) è condizionato alla previa iscrizione al gruppo Facebook relativo al concorso:

https://www.facebook.com/groups/110733033135625

e successiva accettazione dell’iscrizione da parte degli amministratori. L’accettazione dell’iscrizione avviene di regola entro 48 ore dalla richiesta.

La descrizione tecnica della singola foto dovrà obbligatoriamente apparire entro il campo di descrizione della singola foto.

Sono esclusi dalla gara i membri della commissione giudicatrice e i rispettivi familiari, nonché tutti i soggetti che a vario titolo collaborano all’organizzazione del concorso.

CARATTERISTICHE TECNICHE IMMAGINE

Sono ammesse fotografie monocromatiche e a colori con inquadrature sia verticali sia orizzontali. La risoluzione di ciascuna foto deve essere di almeno 2 Megapixel. Non sono ammesse opere interamente realizzate al computer. Le riprese devono essere state realizzate nel corso degli anni solari 2017 e 2018. Requisiti preferenziali del concorso sono il carattere di innovatività delle riprese e il loro essere inedite. Ogni immagine deve essere corredata di descrizione tecnica completa, indicando tassativamente soggetto ripreso, strumentazione adottata, tecnica di ripresa e di elaborazione, nonché data e luogo in cui sono avvenute le riprese. Le immagini non conformi alle specifiche non verranno prese in considerazione ai fini della premiazione finale.

MODALITA’ E TERMINI DI CONSEGNA DEL MATERIALE

La consegna delle opere potrà avvenire entro la data limite del 31/08/2018.

PREMI E GIURIA

I premi assegnati saranno afferenti a tre diverse categorie e selezionati secondo tre diverse modalità:

Categoria A) premio artistico: il premio consisterà nell’apparizione dei lavori selezionati, fino ad un massimo di tre per singolo autore, all’interno del film “L’impero sotterraneo”. La scelta del premio è interamente rimessa alla giuria artistica.

Categoria B) premio tecnico: il premio consisterà in un buono per l’acquisto di materiale astronomico presso TS Italia del valore di €250

Categoria C) premio della community: il premio consisterà in un buono per l’acquisto di materiale astronomico presso TS Italia del valore di €150

La giuria artistica e la giuria tecnica, composte entrambe da professionisti del settore, esprimeranno un giudizio insindacabile, decretando i rispettivi vincitori.

Per la categoria C, risulterà vincitrice l’opera che avrà ottenuto il maggior numero di like entro la data limite del 30/09/2018.

Non si danno casi di pari-merito nella categoria A.
In caso di pari-merito nella categoria C, i premi verranno suddivisi tra i vincitori.

Saranno assegnati dei premi speciali per i primi 5 classificati non vincitori di alcun premio di categoria, consistenti in una copia dello splendido libro di astrofotografia digitale ad alta definizione “Gateway to the sky – Vol. 2”.

I premi verranno assegnati tramite proclamazione sulla pagina Facebook ufficiale di TS Italia entro il giorno 15/10/2018.

PRIVACY, RESPONSABILITÀ DELL’AUTORE E FACOLTÀ DI ESCLUSIONE

Ogni partecipante è responsabile del materiale da lui presentato al concorso. Pertanto si impegna ad escludere ogni responsabilità degli organizzatori del suddetto nei confronti di terzi, anche nei confronti di eventuali soggetti che dispongano di parziale titolarità delle opere inviate. Ogni partecipante dichiara inoltre di essere autore o co-autore delle immagini inviate e che esse sono originali, inedite e non in corso di pubblicazione, che non ledono diritti di terzi e che qualora si tratti di opere realizzate in collaborazione con enti o soggetti terzi, si dispone del necessario consenso o dell’autorizzazione alla partecipazione in proprio nome al concorso.

Gli organizzatori si riservano di escludere dal concorso e di rimuovere dall’album condiviso le foto non conformi a quanto indicato nel presente regolamento oppure alle regole comunemente riconosciute in materia di pubblica moralità, etica e decenza, a tutela dei partecipanti e dei visitatori. Non saranno perciò ammesse le immagini ritenute offensive, improprie o lesive dei diritti di alcuno. La rimozione potrà avvenire senza previa comunicazione e in maniera definitiva.

DIRITTI D’AUTORE E UTILIZZO DEL MATERIALE IN CONCORSO

I diritti sulle fotografie rimangono di proprietà esclusiva dell’autore che le ha prodotte, il quale ne autorizza l’utilizzo all’interno del film “L’impero sotterraneo” (categoria A) e per eventi o pubblicazioni connesse al concorso stesso, nonché per attività relative alle finalità istituzionali o promozionali connesse al presente concorso. Ad ogni loro utilizzo le foto saranno accompagnate dal nome dell’autore, in sovra-impressione o con citazione contestuale entro lo stesso mezzo (ad esempio nei titoli di coda del film o in calce al sito) e, ove possibile, da eventuali note esplicative. Si informa che i dati personali forniti dai concorrenti saranno utilizzati per le attività relative alle finalità istituzionali o promozionali di cui al presente regolamento, secondo quanto previsto dal D.Lg. 30 giugno 2003 n. 196.

Spettroscopia del sistema solare: analisi numerica e un pizzico di follia…..

Avete mai pensato di realizzare spettri sugli oggetti del sistema solare con un telescopio amatoriale? Che ne dite di Giove? O di Urano? Forse sì… E se vi parlo di atmosfere dei satelliti dei giganti gassosi? Qui forse mi risponderete di no… Ci sta!

E se vi chiedessi se vi è mai venuto in mente di utilizzare un telescopio per analizzare dal punto di vista spettroscopico la Terra? Intendo la Terra nel suo insieme, così come visibile dallo spazio…. Di certo direte di no! Non avendo un telescopio spaziale in effetti è dura… Ma non prendetemi per pazzo: non sto uscendo dal seminato né proponendovi una opzione per l’acquisto di Hubble!

La questione è seria, rigorosa e…anche molto divertente!

Il nostro “spettrofilo” di fiducia, Claudio Balcon, unendo un pizzo di follia a una solida e ben rodata preparazione tecnica, ci spiega come analizzare in generale gli oggetti del sistema solare, con una attenzione speciale per l’oggetto più strano tra tutti quelli osservabili: il pianeta sul quale viviamo!!!

Buona lettura a tutti!

LUCA ZANCHETTA – TELESKOP SERVICE ITALIA


Girovagando per il sistema solare con lo spettrografo per poi atterrare.

Approfittando delle condizioni meteo avverse che si stanno protraendo dagli inizi di febbraio 2018 ho recentemente deciso di riordinare e ripulire il PC di tutte quelle riprese effettuate per puro piacere o per sperimentare modifiche alla strumentazione ed in particolare per la loro taratura.

L’attività che prediligo è la caratterizzazione di supernove tramite la spettrografia a bassa risoluzione ma spesso, prima o dopo aver effettuato queste riprese, rivolgo anche il set up strumentale in uso verso altri soggetti. E così, appunto proprio mentre stavo riordinando i file nel PC, mi sono accorto che alcuni di questi potevano essere raggruppati fino a divenire un piccolo case study per aiutare a diffondere la conoscenza sulla spettrografia amatoriale, in senso più ampio. Ad attirare la mia attenzione, infatti, sono state alcune riprese di oggetti del sistema solare…

I corpi che orbitano attorno al Sole riflettono parte della luce che ricevono dalla nostra stella e questo ci consente di vederli. La luce che illumina il sistema solare è approssimabile a quella di un corpo nero che si trova alla temperatura di 5500°C.

Pianeti, satelliti, asteroidi e comete, oltre a riflettere parte della luce che ricevono dal Sole, emettono tuttavia anche radiazioni proprie, legate alla temperatura del corpo stesso. Normalmente queste radiazioni sono incentrate nella banda infrarossa.

Sia la luce visibile che quella infrarossa possono essere parzialmente assorbite dai gas che compongono le atmosfere dei pianeti e, tramite la spettrografia, è quindi possibile determinarne la composizione chimica. Nel visibile l’energia dei fotoni è tale da consentire i salti quantici degli elettroni; nell’infrarosso, invece, i livelli energetici sono quelli dei moti vibrazionali delle molecole.

 

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Figura 1

Immagine ripresa con Newton 8” f/5, Barlow 3x e QHY5Lii, 19-02-2015. Ganimede, ripreso al bordo destro dell’immagine, è praticamente privo di atmosfera; Giove, diversamente, possiede una densa atmosfera.

 

Va precisato, inoltre, che con le osservazioni da terra, possiamo analizzare solo il visibile e il vicino infrarosso; diversamente, invece, per quanto riguarda l’infrarosso profondo, che viene assorbito dall’atmosfera del nostro pianeta e risulta osservabile solo da punti collocati al di fuori di questa. I telescopi che operano nell’infrarosso sono, proprio per questa ragione, progettati per operare in orbita o nei punti di Lagrange.

Qualche anno fa avevo quindi ripreso nel visibile e nel vicino IR gli spettri dei quattro principali satelliti di Giove, anche se solo ora ho avuto l’occasione di elaborarli.

Quasi tutti i satelliti dei pianeti del sistema solare, Titano escluso, non hanno una atmosfera significativa e pertanto la luce che possiamo osservare è quella riflessa e diffusa dalla loro superficie. Anche i satelliti galileiani di Giove riflettono parzialmente la luce che ricevono dal Sole.

 

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Figura 2

Spettri ottenuti con Newton 8” f/5 e spettroscopio con fenditura regolabile autocostruito.

 

Con la spettrografia a bassa risoluzione si evidenzia che Europa, Callisto e Ganimede riflettono in modo simile la luce solare. Io, rispetto agli altri satelliti, assorbe tuttavia di più nel blu e di meno nel rosso. L’unica banda di assorbimento rilevante, situata attorno ai 7200 Angstrom, è visibile sugli spettri di tutti i satelliti in parola, ed è dovuta all’atmosfera terrestre; non si tratta quindi di una caratteristica propria dei satelliti Medicei. Questa anomalia è conseguenza di una calibrazione dell’ampiezza non ottimale ed è dovuta alla grande differenza in altezza fra la stella di riferimento usata per la calibrazione stessa e il sistema Gioviano.

Puntando il telescopio verso Urano, pianeta con una densa atmosfera, possiamo ricavare il seguente spettro ed osservare la presenza di numerose ed evidenti bande di assorbimento.

 

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Figura 3

Immagine ripresa con RC8” e spettrografo con fenditura riflettente autocostruito, 19-01-2018.

 

Lo spettro di fig.3 è stato effettuato con uno spettrografo con fenditura da 17 micron riflettente che consente di inquadrare il soggetto con una camera di guida, mantenendo il soggetto, al contempo, perfettamente centrato sulla fenditura. La risoluzione dello spettrografo impiegato è indipendente dal seeing atmosferico, anche se ad essere maggiormente penalizzata, in questo caso, è la quantità di luce acquisita e quindi la sensibilità. A sinistra, in figura, si può osservare Urano, come visto attraverso la fenditura, mentre partendo dal centro dello scatto, elongato verso destra si estende il primo ordine dello spettro.

 

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Figura 4

Spettro di Urano 19-01-2018.

 

L’atmosfera di Urano ha una elevata concentrazione di idrocarburi, in particolare del più semplice degli alcani, il metano. Le ampie e profonde bande di assorbimento nel rosso conferiscono a questo pianeta il caratteristico colore bluastro.

Lo spettro di fig.5 appartiene ad un corpo del sistema solare che ha un’atmosfera contenente ossigeno e vapore acqueo.

 

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Figura 5

 

La presenza di ossigeno è anomala perché in tempi brevi questo gas si legherebbe ad altri elementi ossidandoli e non rimarrebbe a livello molecolare come O2 per un lungo tempo; ci deve essere necessariamente qualche processo che lo rigenera con continuità. Noi conosciamo bene un processo naturale che consente questa rigenerazione, la fotosintesi clorofilliana. Lo spettro a colori di fig.5 evidenzia pure una dominanza del colore azzurro.

Si, avete capito bene, il corpo in questione è proprio il nostro pianeta, la Terra.

Mi ero chiesto come sarebbe stato lo spettro della Terra ripreso da Ganimede. Su Ganimede non ci sono però mai andato e sono rimasto con i piedi ben saldi per terra…

Una strada alternativamente percorribile, per soddisfare questa mia curiosità, era quella di osservare la Terra guardandola riflessa su uno specchio posto al di fuori dell’atmosfera. Sfortunatamente non ho avuto modo di vedere soddifatta la mia richiesta all’ESA di mettere in orbita tale manufatto, e ho di conseguenza deciso di usare un riflettore naturale già esistente, ed anche bello grosso: la Luna!!

Quando la Luna si trova nella prima o nell’ultima fase, presenta una falce illuminata dal Sole piuttosto sottile e la parte in ombra è debolmente illuminata dalla luce solare riflessa dalla Terra. Si tratta della cosiddetta luce cinerea. Come specchio, sicuramente risulta di qualità piuttosto scadente, ma certamente per la spettrografia è ugualmente più che sufficiente!

Vediamo ora come è stato possibile ottenere da terra lo spettro terreste, come se fosse ripreso da Ganimede; ma avremmo potuto prendere come possibile punto di osservazione qualsiasi altro pianeta, satellite o nave spaziale… Potenzialmente anche un pianeta di un altro sistema stellare.

Facciamo le seguenti approssimazioni: consideriamo che la riflettività della superficie lunare sia uniforme, trascuriamo il debole contributo della luce riflessa dalla Terra sulla parte della Luna illuminata dal Sole e trascuriamo la diffusione della luce dovuta all’atmosfera terrestre.

Se chiamiamo S(λ) la luce emessa dal Sole ed RT(λ) la riflettività della Terra, la luce riflessa dalla Terra T(λ) che raggiungerebbe lo spettrografo posto su Ganimede sarebbe:

a) T(λ) = S(λ) * RT(λ)

Prendiamo ora in considerazione la luce solare riflessa dalla Luna vista dalla Terra che chiamiamo SLT(λ). Se RL(λ) è la riflettività della Luna, AAT(λ) l’assorbimento dell’atmosfera terrestre e rstr(λ) la risposta strumentale, esiste la seguente relazione:

b) SLT(λ) = S(λ) * RL(λ) * AAT(λ) * rstr(λ)

La luce cinerea STLT(λ), vedi fig.6, assume la seguente relazione:

c) STLT(λ) = S(λ) * RT(λ) * RL(λ) * AAT(λ) * rstr(λ)

e quindi:

d) STLT(λ) = SLT(λ) * RT(λ)

Basandoci su d) possiamo quindi ricavare chee:

e) RT(λ) = STLT(λ) / SLT(λ)

e concludendo:

f) T(λ) = S(λ) * STLT(λ) / SLT(λ)

La relazione e) ci dice che la riflettività della Terra corrisponde allo spettro della luce cinerea diviso quello della luce solare riflessa dalla Luna. Il grafico di fig.5 rappresenta questo rapporto normalizzato. L’immagine a colori di fig.5 è stata ottenuta moltiplicando la riflettività della Terra sub e) per lo spettro solare, secondo l’equazione f).

 

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Figura 6

Posizionamento della fenditura sulla parte illuminata dalla luce riflessa dalla Terra. Nell’angolo in basso sinistra si intravede una parte di Luna satura perché illuminata dal Sole. Immagine ripresa con Newton 8”, spettrografo a fenditura riflettente, camera di ripresa e guida QHY5Lii, camera spettrografo Atik 428ex, 21-01-2018.

 

Quanto descritto sinora ha lo scopo di far comprendere come anche una disciplina basata su solidissimi criteri analitici e su un rigoroso metodo scientifico, può trasformarsi in un vero e proprio gioco, mescolando a tutto questo la curiosità e la fantasia umana.

Il tutto, inoltre, è stato ottenuto con una strumentazione alla portata della maggior parte degli astrofili; credo quindi che il passaggio da astrofilo a “spettrofilo”, come mi piace definirmi, non dovrebbe spaventare nessuno, ma solamente incuriosire!

Devo ringraziare Susy e Sara, rispettivamente mia moglie e mia figlia, per la loro immensa pazienza oltre che per il loro validissimo supporto. Onestamente, vivere con un astrofilo non deve essere molto semplice. Figurarsi con uno spettrofilo!

Nota. Tutte le immagini presenti sono state eseguite dello scrivente.

Deep sky di qualità da cieli fortemente inquinati

Ciao a tutti, ragazzi!

È da un po’ che mi riprometto di sottoporvi qualcosa di valore sul deepsky, ma in effetti, coi tempi (e gli inquinamenti) che corrono, questo tipo di ripresa diventa sempre più difficile da realizzare… Come tutti sappiamo bene, estremo rifugio dell’astrofotografo (e dell’astrofilo in generale) sono le vette delle nostre amate montagne, Alpi e Appennini, così come i più bui entroterra delle isole maggiori e più in generale tutte le zone a bassa antropizzazione. Tuttavia, operare da questi contesti è sempre più impegnativo: quand’anche volessimo escludere la complessità organizzativa che impone una sessione di ripresa in queste zone, tra i mille impegni lavorativi e familiari che tutti abbiamo, rimane pur sempre da constatare che anche questi luoghi sempre più sono intaccati dalla piaga dal dilagante spreco energetico legato alla illuminazione notturna, pubblica e privata…

Ebbene, proprio per questo non è di luoghi di frontiera per la civiltà, che oggi voglio parlare, ma più spiccatamente di comode e vicine città. Città certo nottetempo inquinate, e pesantemente anche, da luci di tutti i tipi. Insomma, degli ultimi luoghi in cui ci si aspetterebbe di trovare un astrofilo felice, men che meno un astroimager che si occupi di deepsky… E invece no. Perché, come ebbe a dire qualcuno, “la vita trova sempre un modo”, e noi astrofili, in questo senso, siamo dei veri eroi: un modo lo troviamo. Sempre! D’altro canto che sarà mai, per coloro i quali hanno fatto dell’osservazione di minuscoli, tenui e lontanissimi bagliori nel buio la loro grande passione, affrontare il “modesto” problema dell’avere qualche centinaio di lux al suolo in piena notte? Eccheccazzo!!!

Sarcasmo a parte, i più esperti certo lo sanno bene, per riprendere gli oggetti deepsky con risultati grandemente qualitativi esistono da diversi anni in commercio dei filtri, i filtri narrow band (a banda stretta), che permettono di realizzare ottime riprese anche dai medi cieli urbani. Il principio è molto semplice: sapendo che le sorgenti astronomiche emettono, un po’ come dei radiofari, soprattutto in alcune precise bande dello spettro elettromagnetico, è sufficiente “sintonizzarsi”, grazie a questi filtri, su quelle specifiche frequenze (idrogeno ionizzato, ossigeno ionizzato, zolfo ionizzato, ecc..), ancora abbastanza poco intaccate dall’IL, per ottenere una luce meno spuria, quasi inviolata. Una luce in presa diretta dallo spazio profondo.

Più in dettaglio, però, oggi andiamo a parlare di chi suole fare delle riprese narrow band un vero “sport estremo”, andando direttamente al cuore della questione: andiamo a parlare, cioè, di come sia possibile effettuare riprese deepsky di alta qualità persino dai pressi della più inquinata città della Pianura Padana, nonché, probabilmente, di tutta Italia: Milano! La splendida città meneghina, ricca di storia e bellezze è infatti, purtroppo, anche la patria nazionale dell’inquinamento luminoso, con una brillantezza media annua del cielo notturno che non teme il confronto con nessuna tra le maggiori megalopoli europee e mondiali. Per intenderci, Londra, Parigi e Berlino sono sovrastate da mostro luminoso che irradia il cielo notturno in maniera non dissimile da quanto avviene nella città della Borsa.

Come accennato, fare riprese in questi contesti può risultare un po’ uno “sport estremo”, ma non per questo risulta essere qualcosa di impossibile. Basta avere i giusti strumenti e la giusta passione.
Di questo stesso mio avviso, evidentemente, è anche l’amico e ottimo (astro)fotografo, Marco Formenton, che da lì opera: proprio dai pressi di Milano!

Le immagini che realizza testimoniano una passione evidente, ma quel che risulta molto meno evidente sono le lunghissime ore di lavoro necessarie per effettuare l’elaborazione e, ancor di più, le riprese stesse. Eh, sì, perché, per chi non lo sapesse, i filtri narrow band di qualità sono davvero stretti, e lasciano passare solo una minima quantità di luce (circa il 2% delle frequenze). Questo comporta ovviamente un aggravio notevolissimo delle difficoltà tecniche.

Certo, le riprese sono state realizzate con un setup di alta qualità, studiato da noi appositamente assieme a Marco; ma si tratta di un setup assolutamente tutt’altro che fantascientifico, di fatto alla portata di tutti!
Si tratta di un tripletto FPL53 TS TLAPO804 e di un tripletto FPL51 Tecnosky 115/800 V2, ridotti e/o spianati ed equipaggiato di una camera CMOS ASI1600MMC, dal costo davvero accessibile; il tutto, su una sempreverde montatura Skywatcher EQ6 moddata Astronomy Expert. Ah, sì, naturalmente anche dei filtri di buona qualità, sono un po’ indispensabili: perché qui i filtri fanno la differenza, letteralmente, tra la notte (o qualcosa che ci somiglia) e il giorno (o qualcosa che ci somiglia)… 🙂

Con ciò detto, non mi resta che passare la parola all’autore delle splendide foto che avrete certo già iniziato ad apprezzare con un veloce scroll di pagina. Altrimenti non credo vi sareste sorbiti questo mio polpettone introduttivo… :DDD

In nostri ringraziamenti vanno a Marco per il contributo e lo splendido lavoro svolto, che (ancora una volta in questa sede lo voglio ribadire) ci mostra come conti infinitamente di più una grande passione di tutto il resto. È questa passione, incontenibile, che dovrebbe guidare la vita di tutti noi: anche se ci porta al sacrificio di un meritato sonno in favore di lunghe ore di impegno e concentrazione; anche se ci costringe a stare al freddo vero, magari dietro a una guida che fa i capricci; anche se ci porta a passare il weekend a mordersi le unghie mille volte dietro a un monitor, alla ricerca della una elaborazione perfetta, che non viene mai…

Senza impegno, senza dedizione, senza sacrificio, non si va da nessuna parte, ragazzi! E anche allora, non è mai detto, fino alla fine, fino a risultato incassato, fino a quando ciò che cerchi non compare davanti ai tuoi occhi, e lascia stupito pure te…

Come sempre, l’astronomia è vera, grande maestra di vita!!!

Non solo quando siamo al telescopio.

Buona lettura a tutti.

LUCA ZANCHETTA – TELESKOP SERVICE ITALIA


Ho alzato per la primissima volta il naso all’insù nel settembre 2016 quando insieme all’amico Fabrizio Vicini ho scoperto lo spettacolo della Via Lattea alta nel cielo. Fabrizio, che già era appassionato di astronomia cominciò a farmi notare le costellazioni che ruotano lungo la polare, l’Orsa Maggiore e Cassiopea, poi fece uno scatto, per me a quell’epoca era uno scatto a casaccio nel cielo, poi mi fece vedere lo schermo della reflex, fece uno zoom e mi disse: “vedi quel batuffolo di cotone? Ecco quella è la galassia di Andromeda!”.

Rimasi sbalordito!

Da lì la voglia di scoprire cosa si celasse in ogni angolo del cielo si è insinuata nella mia mente, ho iniziato a documentarmi, a scoprire un mondo per me totalmente nuovo fino a quando, nel febbraio 2017 acquistai il mio primo Skywatcher Star Adventurer a cui affiancai la mia reflex Nikon D750.

Da questo momento cominciai a sperimentare.

Il primo scoglio fu metter in polare la strumentazione che per uno come me che mai si era dedicato all’osservazione astronomica era già un bel traguardo.

Poi i primi scatti alla Grande Nebulosa di Orione, M42, la più semplice, non fotograficamente, ma da centrare, perché non riconoscendo ancora le costellazioni non è per nulla semplice inquadrare soggetti invisibili al nostro occhio.

Cominciai a vedere i primi risultati verso marzo, passando ore ed ore in mezzo alle campagne del Pavese a provare e riprovare.

Lo Star Adventurer e la Nikon D750 cominciarono presto a starmi stretti.

Mi rivolsi allora ai ragazzi di Teleskop Service Italia dove acquistai la mia prima montatura equatoriale Skywatcher NEQ6 Pro con modifica Rowan cui affiancai lo splendido Skywatcher 200 f4.

Presto mi ritrovai in un ambiente nuovo, ma in cui ero a mio agio, dove ho conosciuto tante persone nuove ma soprattutto buoni amici, in particolar modo il fantastico team Eye In The Sky Astronomy di Caldonazzo che ammiro e stimo moltissimo!

A Luglio 2017 partecipai al mio primissimo star party organizzato proprio dai ragazzi dell’EITSA sul monte Panarotta e lì scoprii davvero la differenza di un buon cielo rispetto a dove riprendo abitualmente.

La passione si è sempre fatta più forte in me e decisi di fare il grande salto verso sensori più performanti, ma in un momento di trasizione forte come questo è stato arduo scegliere tra sensore CCD oppure CMOS.

Ad oggi, a distanza di un anno, parecchie ore di sonno in meno e tanti sacrifici ecco il mio setup (spero) definitivo:

Montatura: Skywatcher AZEQ6 GT
Camera: Zwo ASI1600MM-C
Filtri: ZWO LRGB – HAlfa 7nm – SII 7nm – OIII 7nm
Guida: QHY5-LII su OAG TS-Optics Off-Axis Guider TSOAG9
Telescopio: TS Photoline Triplet FPL-53 Super Apo – 80mm aperture / 480mm focal length (f/6)
Tecnosky Rifrattore ApoTripletto 115/800 V2
Riduttore/Spianatore: TS-Optics PHOTOLINE 2″ 0,79x Reducer 4-element for Astrophotography
Spianatore: TS-Optics PHOTOLINE 2″ 1.0x Flattener for Refractors and Apos

Il luogo delle mie riprese è per il 99% il terrazzo di casa mia, in provincia di Pavia, ad una trentina di minuti a sud di Milano, da qui il mio uso smodato dei filtri narrowband che permettono la ripresa di soggetti deboli con buoni risultati.

In alternativa, lavoro e famiglia permettendo mi sposto sulle colline dell’oltrepò, a meno di un’ora da casa dove il cielo raggiunge un SQM di 21.

Ma le serate più belle restano quelle trascorse in Trentino, in compagnia di Andrea, Silvano, Roberto, Simone e tutto il fantastico gruppo EITSA a cui sono molto affezionato!

Utilizzo di una fotocamera reflex non modificata nella fotografia astronomica di base

Cari amici astrofili, come sapete bene mi piace cercare sempre di proporre qualcosa di un po’ particolare, in questo blog. E nella nostra, grande, passione non mancano certo gli spazi per ogni tipo di tecnica e di modalità di ripresa! Ma poi ci sono alcune tecniche di ripresa che mostrano la loro particolarità proprio fondandosi sulla semplicità della strumentazione coinvolta.

Siamo nell’era delle CMOS raffreddate, in cui sensori di grandi prestazioni, capaci di digitalizzazione on-chip del segnale e dotati di risoluzioni pazzesche sono davvero alla portata di tutti. Eppure, una delle tecniche di ripresa astronomica più diffuse, nonostante tutto, coinvolge l’uso delle tradizionali DSLR; spesso non di fascia top, prese magari usate, con 100000 scatti all’attivo, magari anche un po’ maltrattate, ma perfette per poter essere portate fuori a freddo e umidità notturne o moddate senza rimpianti.

Ebbene, in questo caso andiamo ancora di più alla radice della fotografia digitale, e puntiamo su un sensore assolutamente diffuso (anche io ho avuto una camera come questa) come quello della Nikon D5100, un APS-C dotato di una ragionevole (anche se non straordinaria) sensibilità alle basse luci; per di più rigorosamente appartenente ad una DSLR NON modificata e anche senza l’uso di alcun tipo di filtro!!!

Il nostro amico Luca Ghiglino fa un uso davvero intensivo, di questa camera, in combinato con un OTA Newton 200/800 Skywatcher, con il quale ha ottenuto risultati davvero notevoli.

Qui sotto il racconto che ha gentilmente voluto farci della sua esperienza.

Dando un segnale per tutti: avere strumentazioni incredibilmente avanzate non è il solo modo per ottenere eccellenti risultati.

Buona lettura a tutti.

LUCA ZANCHETTA – TELESKOP SERVICE ITALIA


 

 

Utilizzo di una fotocamera reflex non modificata nella fotografia astronomica di base
di Luca Ghiglino

Luca di TS Italia mi ha chiesto di scrivere un articolo sull’utilizzo di una semplice reflex non modificata (una Nikon D5100 che uso da anni nella fotografia tradizionale) applicato alla fotografia astronomica, senza l’uso di nessun tipo di filtro.

Il mio setup è composto da un Newton F4 (Skywatcher Widephoto 200/800) su montatura NEQ6 con (o senza) telescopio di guida. Il tutto è connesso al portatile, con il programma Sky Chart per muovermi e imparare a conoscere il cielo e PHD Guiding nel caso in cui sia necessaria l’autoguida (software entrambe scaricabili gratuitamente dai rispettivi siti).

Il corpo macchina della Nikon viene raccordato al focheggiatore con un semplice anello T2 e un correttore di coma Baader che riduce l’allungamento delle stelle ai bordi del campo inquadrato (se l’oggetto è contenuto nella parte centrale del campo, quest’ultimo può essere un accessorio non indispensabile). Ovviamente il risultato finale è sempre rapportato alle condizioni del cielo, al corretto allineamento/collimazione del telescopio e al tempo che si è disposti a passare su un determinato oggetto.

 

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Fig 1
Il setup utilizzato

 

La modalità di scatto della Nikon è manuale, le ISO sono solitamente impostate a 800, il bilanciamento del bianco è impostato su luce solare e gli scatti sono in RAW, formato che torna utile nella successiva elaborazione.

Una volta in posizione, con l’inseguimento attivo, scatto alcune foto di prova centrando l’oggetto e ruotando la macchina sul suo asse per riprenderlo il più possibile nella sua interezza. Gli scatti di prova sono utili anche per capire se stiamo saturando troppo l’immagine in relazione al tempo di posa impostato. Per oggetti luminosi come stelle e ammassi di solito bastano 30” di esposizione per ogni scatto (in questo caso l’autoguida non è necessaria) e per oggetti flebili come galassie e nebulose, considerando che non uso nessun tipo di filtro, non supero i 180” di esposizione, con autoguida.

Ricordiamoci che foto troppo saturate, con fondo cielo troppo luminoso, sono da scartare perché non riescono a contrastare l’oggetto, mentre quelle poco saturate raccolgono poco segnale e quindi meno dettagli: la visualizzazione sullo schermo LCD dell’istogramma della foto appena scattata, aiuta a mantenersi con la parte iniziale dello stesso poco più in basso del bordo a sinistra del grafico, trovando così il tempo di esposizione ottimale, che ogni sera non è mai uguale e varia in base al seeing e alla location, quest’ultima correlata naturalmente anche all’inquinamento luminoso.

Un altro aspetto fondamentale è la messa a fuoco: adotto la modalità “live-view” in modo da vedere le stelle direttamente sullo schermo LCD. Come riferimento ne prendo una medio/piccola, vado a ingrandirla con lo zoom digitale e mi regolo cercando il punto intermedio tra l’effetto “cerchio” e l’effetto “pallina”: questa per me è la posizione ideale di fuoco, quando la stella diventa puntiforme. Meglio stringere bene le viti di fermo del focheggiatore e quelle di fissaggio, perchè la reflex non è propriamente leggera e la posizione di fuoco potrebbe spostarsi con il movimento graduale del telescopio.

 

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Fig. 2
Uno scatto di prova su lcd della Nikon

Con un semplice telecomando a filo per la programmazione degli scatti multipli, disponibile per Canon/Nikon ad un costo contenuto, imposto il numero di scatti, il tempo di esposizione stabilito con le foto di prova e, cosa molto importante, i secondi di pausa tra uno scatto e l’altro: le reflex, non essendo raffreddate, tendono a scaldare il sensore (con conseguente rumore di fondo in eccesso) quindi per esposizioni più o meno lunghe lascio sempre 40”/60” di pausa tra una foto e l’altra per il raffreddamento.

Alla fine della sessione eseguo sempre gli scatti correttivi, flat e dark, perché, soprattutto i primi, sono fondamentali ai fini della buona qualità del risultato. Le foto vengono poi sovrapposte con il software gratuito Deep Sky Stacker e l’immagine finale elaborata in Photoshop.

Anche se mi considero ancora all’inizio, sono trascorsi ormai due anni a fotografare il cielo con questa camera, e posso dire che, come in ogni campo, nella fotografia astronomica è molto utile iniziare dalle basi. Con una semplice reflex si possono comprendere i principali aspetti e fare pratica con risultati soddisfacenti, in modo da acquisire quella sensibilità ed esperienza che successivamente potremo applicare nell’uso di componenti quali filtri e camere astronomiche più specifiche e performanti, che solo con una consolidata esperienza saremo davvero pronti per poterli gestire.

Seguono alcune foto con i dettagli di scatto.
Un saluto e cieli sereni a tutti.

Immagine salvata con i settaggi applicati.

M13 – Ammasso globulare di Ercole
15 scatti a iso 800 da 120″ di esposizione,
integrazione totale 30 minuti

 

Immagine salvata con i settaggi applicati.

M81- M82
50 scatti a iso 800 da 180″ di esposizione,
integrazione totale 2 ore e 30 minuti

 

Immagine salvata con i settaggi applicati.

30 scatti a iso 800 da 40″ ciascuno (senza autoguida),
integrazione totale 20 minuti

Immagine salvata con i settaggi applicati.

NGC6946+NGC6939 – Galassia e ammasso aperto
27 scatti a iso 800 da 30″ di esposizione,
senza autoguida e senza scatti correttivi,
integrazione totale 13 minuti

Immagine salvata con i settaggi applicati.

IC434 in Orione – Nebulosa Testa di Cavallo e Nebulosa Fiamma
35 scatti a iso 800 da 240″ di esposizione (seeing molto buono),
integrazione totale 2 ore e 20 minuti

Immagine salvata con i settaggi applicati.

IC1805 – Nebulosa Cuore
185 scatti a iso 800 da 60″ di esposizione,
integrazione totale circa 3 ore

Immagine salvata con i settaggi applicati.

M42-M43 – Grande Nebulosa di Orione
128 scatti a iso 800 di 80″ di esposizione,
integrazione totale circa 3 ore

Immagine salvata con i settaggi applicati.

M31 – Galassia di Andromeda
31 scatti a iso 1250 da 30″ di esposizione,
20 scatti a iso 800 da 60″ di esposizione,
20 scatti a iso 800 da 150″ di esposizione,
11 scatti a iso 800 da 240″ di esposizione,
integrazione totale circa 2 ore

Immagine salvata con i settaggi applicati.

M33 – Galassia del Triangolo
145 scatti a iso 800 da 100″ di esposizione,
integrazione totale circa 4 ore

Immagine salvata con i settaggi applicati.

M45 – Ammasso delle Pleiadi
110 scatti a iso 800 da 90″ di esposizione,
integrazione totale 2 ore e 43 minuti

Immagine salvata con i settaggi applicati.

NGC6960 – Nebulosa Velo (parte Ovest)
28 scatti a iso 800 da 120″ di esposizione,
integrazione totale 56 minuti

Immagine salvata con i settaggi applicati.

NGC6992-NGC 6995 – Nebulosa Velo (parte Est)
94 scatti a iso 800 da 120″ di esposizione,
integrazione totale 3 ore e 8 minuti

Star Adventurer e autoguida: un problema ostico e alcune pratiche soluzioni

Cari amici di TS Italia, la stagione sta svoltando al freddo e, inutile negarlo, a tutti passa un pochino la voglia di trasportare strumentazione pesante fino in cima ad una montagna… Oddio, quasi a tutti, perché noi di TS Italia siamo anche grandi amanti della neve e delle alte quote…ma questa è un’altra storia, non divaghiamo…

Sicuramente, dicevamo, la brutta stagione un pochino fa venire meno la voglia di fare tanta strada per andare a osservare e riprendere al freddo, incrementando invece il desiderio di fare astronomia dal cortile di casa. Inoltre, anche quando ci si sposta, in inverno si cercano spesso soluzioni più veloci, grab&go, che permettano di avere a disposizione un setup performante ma veloce da mettere in stazionamento e che consenta un ancor più veloce rientro al calduccio, sotto le coperte, luogo nel quale, peraltro, spesso ci attende qualcuno di piuttosto contrariato per le nostre bizzarrie notturne e per le ingenti spese che da esse derivano. Ma nuovamente…. non divaghiamo…. 🙂

Forse anche in ragione di questo, ci è stato spesso chiesto negli ultimi tempi qualche buon consiglio sull’uso degli astroinseguitori, e in particolare ci è stato più volte chiesto di trovare una soluzione funzionale ed economica per poter guidare lo Star Adventurer di Skywatcher.

Apparentemente, per un astrofilo abituato a montature e ottiche convenzionali, la questione può sembrare quasi banale, ma in realtà per chi utilizza lo Star Adventurer con obiettivi per fotocamera reflex, la soluzione potrebbe non essere così ovvia…. Dove applicare e come collegare, infatti, una seconda ottica di guida? La questione per chi utilizza un OTA tradizionale non si pone neppure: disponiamo sicuramente di serie di anelli di supporto con passi M6 o da 1/4″ e molto probabilmente il nostro focheggiatore ospita almeno una basetta per cercatore con attacco Skywatcher standard al quale applicare un bel ed economico cercatore guida. Ma in assenza di questo?

Ebbene, con gli Star Adventurer, le soluzioni possibili sono, ad avviso di chi scrive, essenzialmente due:

A) adottare un supporto per flash che consenta di alloggiare comodamente un cercatore guida
B) utilizzare un adattatore che in qualche modo permetta di alloggiare una ottica di guida sul nostro Star Adventurer

Per il primo caso, consigliamo di adottare un supporto Geoptik come questo:
http://www.teleskop-express.it/cercatori/1211-adattatore-flash-reflex–geoptik.html

filtro IDAS Hutec V4

Indubbiamente si tratta di una soluzione pratica e assolutamente universale, al costo di soli 60€. Tra i vantaggi, la assoluta leggerezza e l’economicità, nonché l’elevata qualità dei materiali e la piena compatibilità con ogni tipologia e marca di fotocamera DSLR in commercio.

Per il secondo caso, la faccenda diventa più complicata, perché si tratta di capire innanzitutto come debba essere fatto questo supporto adattatore, cosa debba esattamente alloggiare e dove. Ebbene, in questo caso, consigliamo senz’altro di adottare un cercatore guida già fornito di supporto con adattatore universale per il passo da 1/4 di pollice, come questo:
http://www.teleskop-express.it/cercatori/3357-mini-50mm-guide-scope-for-astrophotography-rich-field-telescope-ts-optics.html

filtro IDAS Hutec V4

Questo cercatore guida è infatti provvisto di una speciale piastrina in alluminio anodizzato, non presente in altri cercatori, alla quale è possibile avvitare direttamente la basetta del cercatore fornita in dotazione. L’unione di piastrina e basetta, data la presenza sulla parte inferiore della piastrina stessa di un foro filettato a passo fotografico standard da 1/4″, permette una semplice installazione su qualsiasi testa a sfera dotata di slitta a sgancio rapido.

Ebbene, chiederete, ma è necessario adottare, quindi, una seconda testa a sfera? Si possono installare due teste a sfera sullo Star Adventurer??? La risposta a entrambe le domande, è semplicemente no!!! 🙂

In questo caso sarà sufficiente utilizzare la staffa ad L della Skywatcher per astroinseguitore Star Adventurer, già fornita di serie nello Star Adventurer Kit:
http://www.teleskop-express.it/astroinseguitori/2680-staffa-a-l-per-staradventurer-skywatcher.html

Staffa ad L Skywatcher per astroinseguitore Star Adventurer

Mentre la camera di ripresa andrà fissata alla parte superiore della staffa, nella posizione tipica, per ottenere un sistema di guida completo si dovrà semplicemente sfruttare il secondo perno filettato (libero), con passo fotografico grosso da 3/8″, presente sulla staffa ad L, applicandovi la testa a sfera. Alla testa a sfera, con il meccanismo già visto sopra, si aggancerà quindi il cercatore guida. Et voilà, il gioco è fatto!!!

Ecco che con meno di 100€ abbiamo ottenuto un sistema di guida completo, leggero e performante, che consente anche di migliorare il bilanciamento dell’astroinseguitore e che permette un pieno orientamento dell’ottica di guida nella direzione da noi preferita, senza vincoli di sorta.

A presto!

LUCA ZANCHETTA – TELESKOP SERVICE ITALIA

Ancora sulla spettroscopia di base

Lo abbiamo visto insieme qualche tempo fa: la spettroscopia sta iniziando a diventare una attività molto apprezzata dagli astrofili!

Certamente questo è dovuto alla maggior disponibilità di strumenti di qualità a un prezzo abbordabile (camere CCD mono di buona fascia e filtri per spettroscopia, come gli Star Analyzer) ma anche al crescente interesse degli astrofili verso il sottile, ma netto, confine che divide ricerca scientifica (magari anche solo amatoriale) dalle osservazioni astronomiche fotovisuali tradizionali.

A mio parere questo cambiamento nasce da una sommatoria di fattori.

In parte, come appena visto, si tratta di precondizioni tecnico-strumentali, commerciali se si vuole, ma non credo che questo esaurisca il tutto….

A pesare, infatti, iniziano ad essere anche profili ulteriori, quali certamente quelli ambientali! La presenza di un IL sempre più invasivo sui cieli della nostra bella penisola, infatti, sta facendo emergere la necessità di ricercare qualcosa di più compatibile con l’astronomia dalla città, rispetto al tradizionale deepsky a colori. Un buon deepsky full-range richiede davvero cieli da paura, per essere fatto al meglio; e cieli come quelli, oramai, stanno diventando una rarità, non solo in Italia, ma un po’ in tutta Europa! Dimostrazione, in tal senso, di una ricerca da parte degli astrofili di qualcosa di differente e di più city-friendly, la si ha semplicemente guardando l’esplosione dell’imaging narrow band, avvenuta negli ultimi anni. Grazie a questa tecnica, è possibile da tempo ottenere grandi immagini anche sotto cieli pesantemente inquinati. E a costi, tutto sommato, ragionevoli…

Ma anche qui, qualcosa ancora pare sfuggire, a mio avviso. In parte, credo, a condurre verso delle scelte astronomiche un po’…border-line…è anche un fattore sociale e culturale. Mi spiego meglio: negli ultimi anni, proprio la grandissima diffusione dei CCD di qualità e dei filtri interferenziali a banda stretta ha permesso di effettuare riprese deepsky davvero pazzesche; del resto anche i software di elaborazione e acquisizione, sempre più potenti e accurati, se ben usati, permettono di ottenere con piccoli diametri immagini un tempo del tutto impensabili!!! Queste immagini, naturalmente, ottengono il giusto e meritato risalto sul web, correndo in punta di social network, e in una frazione di secondo, da un capo all’altro del mondo. Ecco, forse il nodo gordiano è proprio questo. Che è bello confrontarsi e misurarsi con gli altri, condividere e valutare i limiti delle proprie capacità, cercando di migliorarsi e di imparare sempre da chi ne sa di più; ma questo incredibile proliferare di immagini strepitose su internet, con risultati qualitativamente a volte davvero inavvicinabili per l’astrofilo comune, forse da un lato un po’ intimorisce, e fa sorgere il desiderio di praticare una astronomia un po’ più a passi lenti. Un po’ la versione astronomica dello slow-food, se vogliamo. Potremmo chiamarle osservazioni slow-sky…

Sia ben chiaro, di foto ne abbiamo fatte tantissime tutti, e siamo tutti fieri dei piccoli, medi e grandi risultati ottenuti: ma forse questi segnali di interesse verso il mondo dell’astronomia scientifica meritano di essere valorizzati più di altri. Proprio perché una foto può far moltissimo clamore, ma il picco di una riga di emissione….quello no….. E a mio personale avviso, quei pochi dati, salvati in un angolino del nostro stipatissimo hard disk, hanno un bellezza senza clamore. Ma eterna! Che perdurerà a dispetto delle innovazioni tecniche e tecnologiche che sicuramente il prossimo futuro ancora ci riserverà.

In conclusione, scrivo tutto questo per presentarvi quest’oggi un interessantissimo contributo, nel campo degli spettri, dell’amico Massimo Di Lazzaro, che ci illustra passi compiuti e i risultati ottenuti. Con la convinzione che questa sua esperienza da neofita, in crescita, della spettrofilia, unita ad altri contributi già pubblicati e ad altri ancora che verranno, possa permettere a tutti di assaggiare un pochino le sensazioni e le emozioni che questo peculiare modo di approcciarsi al cielo veicola.

E magari, chissà, faccia sorgere anche in qualcuno il desiderio di provare e di cimentarsi.

Buona lettura.

LUCA ZANCHETTA – TELESKOP SERVICE ITALIA


Spettroscopia amatoriale….una nuova avventura

Qualche mese fa ho cominciato ad interessarmi di spettroscopia, un mondo interessante, complesso forse, ma pieno di belle sorprese! Chi si sarebbe mai aspettato che da una semplice serie di riprese avrei potuto scoprire cosa si nasconde dentro a quel raggio di luce remoto, capire come è fatta e come si comporta una stella!!!

La curiosità si è accesa osservando qualcosa di semplice, bellissimo ma quasi banale, come un arcobaleno; mi sono sorpreso ad interrogarmi in dettaglio sulla esatta modalità con la quale si formano i colori, sulla natura di ciò che vediamo realmente, sul perché!

Avevo quindi bisogno di documentarmi, leggere un po’ di testi di fisica, apprendere il più possibile: in rete ho trovato moltissime informazioni, ed ho potuto studiare un po’ di astrofisica (l’ABC intendiamoci…) e iniziare da lì a capire che tipo di strumentazione mi sarebbe servita con esattezza! Un contributo essenziale mi è stato dato proprio qui, da TS Italia: mi hanno seguito e consigliato su tutto, dal telescopio più adatto allo scopo ed alle mie esigenze (un RC8”: uno strumento eccezionale, versatile e soprattutto pressoché privo di aberrazioni), compresa montatura (Neq6 Pro), camera CCD (QHY5LIII-178 monocromatica)…

Ecco qui a dire il vero è stato il difficile. Ho avuto diverse perplessità, perché non è così semplice, a livello pratico, capire da subito e in un ambito così particolare, quale è la camera più adatta! Anche in considerazione di un budget che non poteva essere illimitato…Nella fotografia tradizionale scegliere è abbastanza più semplice devo ammettere (sempre budget permettendo); ma qui l’esigenza era di una camera con dei requisiti davvero particolari. Ebbene, nella nuova QHY li ho trovati! Non è qui il caso di stare a descriverli nel dettaglio, per quelli basta andare sul sito di TS Italia e si trovano tutti… Però anche qui della scelta finale sono soddisfatto!

Poi, la vera grande scelta: spettroscopio o Star Analyzer 100? La scelta è stata facile: SA100! Un reticolo di diffrazione semplice da usare, che si avvita direttamente sulla camera e in grado di restituire da subito lo spettro della stella che si sta riprendendo. Certo, è a bassa risoluzione, quindi alcune cose sono precluse, ma per iniziare è davvero il massimo!!! Anche perché gli oggetti da poter riprendere sono ugualmente moltissimi.

Poi il software: anche qui la scelta è stata dettata dalla facilità di utilizzo, in primis, ed ho scelto quindi R-Spec. Devo davvero spendere due parole su questo software: è molto completo e di facile utilizzo, grazie anche ai numerosi tutorial inseriti già nella barra degli strumenti; fantastico! Permette di salvare i profili all’interno del software, in apposite cartelle, così da essere sempre pronti quando si vuole ritrovarli, senza andare a spulciare manualmente nel PC. E sei hai bisogno di assistenza il progettista del software è sempre a disposizione! Ogni tanto gli scrivo, siamo rimasti in contatto, anche se ha sede in America, e sono davvero soddisfatto anche di questa scelta.

Ora non rimane che “andare a caccia di spettri” ed appena il tempo lo permette ne approfitto per recarmi al sito astronomico della mia associazione: il Gruppo Astrofili Galileo Galilei di Tarquinia per fare le prime acquisizioni spettroscopiche. Qui giunti, non resta che preparare il setup e riprendere; dopo aver ultimato la preparazione di tutto, ho cominciato con lo spettro di Sirio. L’alta risoluzione della QHY in questo mi ha aiutato tantissimo, e mi ha permesso di avere degli spettri di ottima qualità. Ho effettuato le riprese in formato video, per poi estrarre dal filmato i singoli frame più utili, e passare quindi ad analizzare ed elaborare il profilo della stella:

a

b

Quello si va qui ad analizzare, è l’idrogeno nelle sue varie lunghezze d’onda, che è ovviamente l’elemento principale di una stella. All’inizio è stato piuttosto complicato comprendere con esattezza come elaborare lo spettro poiché i tutorial, anche se molto intuitivi, erano comunque tutti in un inglese piuttosto tecnico! Con l’aiuto di alcuni amici, però, alla fine ce l’abbiamo fatta e la soddisfazione è stata davvero tanta! Sirio è la stella scelta per la calibrazione dello spettro di Betelgeuse, una supergigante rossa, cui ho dedicato molto più tempo: nuovamente, sono stato soddisfatto dei risultati ottenuti! Nelle due immagini a seguire, vediamo lo spettro calibrato in lunghezza d’onda e poi il profilo finale.

c

d

Ho preso sempre più confidenza con il software e dopo aver passato in rassegna le due stelle più belle dell’inverno sono passato a quelle estive: cominciamo quindi con Vega, bellissima stella nella costellazione della Lira. Anche qui spettro calibrato in lunghezza d’onda e profilo finale.

e

f

Tutte queste sono ovviamente stelle piuttosto facili da analizzare: Sirio e Vega sono di classe spettrale A e Betelgeuse è di classe spettrale M. Sono quindi stelle alla portata di tutti!

Non appena avrò maturato abbastanza esperienza, passerò certamente ad altri e più impegnativi obiettivi, come le stelle Wolf-Rayet e le supernove…

Per me il viaggio è appena incominciato: ho in programma numerosi spettri da riprendere ed elaborare, e spero di poterveli mostrare il prima possibile.
A presto
Massimo Di Lazzaro

 

Una esperienza con il nostro APO 115/800 FPL51

Ormai lo sanno tutti: nel mood di questo blog, è stato già detto in tutte le salse, non c’è l’idea che la divulgazione dell’astronomia debba essere uno spazio elitario, che rende ogni spazio una sorta di cassa di risonanza autoreferenziale dei soli grandi nomi, da tributare a chi ha grandi competenze, strumenti blasonati e costosi e una esperienza strutturata di fascia altissima!

Per noi di TS Italia, gli spazi per la divulgazione astronomica devono intendersi come punti di incontro per gli astrofili, devono sempre più diventare spazi e momenti dedicati a far valere l’esperienza sul campo, la propria esperienza sul campo; quella personale, quella vera, quella genuina, qualsiasi essa sia, cercando sempre di essere costruttivi e di dare un proprio contributo. Certo una goccia nel mare. Ma una goccia che possa contare. E in fondo non è proprio questo il modo di operare di chi contribuisce alla crescita del sapere? Piccoli passi, silenti, senza troppo clamore… Amatoriali o professionali che siano!

In questo blog, insomma, vogliamo che a contare sia anche il contributo di astrofili comuni, astrofili come noi!

Oggi, quindi, vi introduco un nostro carissimo e giovane amico astrofilo, Nicola Russo, il quale, complice la giovane età – e non, come si sente dire troppo spesso, “a dispetto della giovane età” – ha dimostrato di disporre di una grandissima passione e di una genuina voglia di sperimentare e mettersi in gioco.

Per noi ha realizzato una semplice ma molto interessante prova del suo rifrattore TS APO 115/800 FPL51, effettuando anche un confronto con il suo storico TS APO 80/480 FPL53.

I contribuiti fotografici sono tutti suoi, e sono sicuramente di valore. Sono visibili cliccando sul titolo di questo post per aprirlo in dettaglio.

Grazie Nicola!

Buona lettura a tutti.

LUCA ZANCHETTA – TELESKOP SERVICE ITALIA


 

Carissimi amici astrofili vorrei scrivere due righe per una breve recensione sul rifrattore TS 115/800.

Essendo già possessore di un TS 80/480 flp53 per riprese a largo campo , mi sono più volte posto il problema di quale telescopio acquistare per riprese di galassie e planetarie.

All’inizio ero intenzionato a prendere un RC 8 o un APO 130 mm TS, ma leggendo in rete ho notato che sulla mia montatura CGEM entrambi erano abbastanza ostici da bilanciare, con il rischio di non poter fare lunghe esposizioni.

Alla fine mi sono soffermato su questo rifrattore 115/800, che mi intrigava molto; leggendo tra i vari forum e avendo trovato online alcune recensioni, ho notato che in molti erano dubbiosi, in particolare, per il fatto che il telescopio monta dei vetri FPL51. Volendolo comunque acquistarlo, ho cercato su Astrobin alcune foto realizzate con questo telescopio e ne sono rimasto molto colpito.

Oggi posso dire che mai scelta è stata più felice: rapporto qualità/prezzo davvero buono, robustezza e praticità unica e ottimo focheggiatore, molto robusto: l’ho utilizzato sia con la reflex 40D sia con la camera CCD QHY10, non notando alcuna problematicità, con entrambi i setup. Sono riuscito a realizzare guide di oltre 500 secondi, con ottimi risultati.

Grazie allo spianatore/riduttore TSRED 0.79x, sono riuscito a sfruttare eccellentemente i generosi sensori della reflex e del CCD.

Il tubo dispone anche di un paraluce estraibile, davvero fluido e utilissimo.

Infine, parliamo un po’ di questi famosi vetri FPL51: sarà forse perché non mi considero ancora un astrofilo di grande esperienza, oppure sarà legato al fatto che effettuo le mie riprese prevalentemente sotto un cielo cittadino, con inquinamento luminoso notevole, ma nella mia modesta esperienza trovo che la differenza rispetto ai più blasonati e costosi vetri FPL53, come quelli presenti nel mio TS 80/480, sia davvero estremamente contenuta.

Le stelle con questo telescopio risultano perfettamente puntiformi e prive di aberrazioni cromatiche su tutto il campo!
Posso dire con certezza che, per chi oggi è intenzionato ad acquistare un rifrattore di qualità con apertura superiore ai 100mm, avendo anche un occhio di riguardo al budget, il TS 115/800 è forse la scelta migliore!

Nicola Russo