Venere sta dominando queste serate di fine inverno e dominerà le albe di tutta la primavera, quindi non possiamo non parlare di questo faro del cielo. Non sarà però il solito post che ci insegna a osservare le solite fasi di Venere, anzi, tutt’altro!
Il nostro gemello, con dimensioni e massa molto simili, è in realtà una vera e propria Nemesi: l’atmosfera è decine di volte più densa, composta quasi per intero da anidride carbonica e con minacciose nuvole di acido solforico. Sulla superficie la temperatura, di giorno come di notte, ai poli come all’equatore, è stabile, da chissà quanto tempo, allo stratosferico valore di +460°C. Venere è un forno inospitale per qualsiasi forma di vita e per di più la sua superficie è del tutto nascosta alla nostra vista da chilometri di nuvole che non lasciano mai neanche uno spiraglio ai nostri telescopi.
Per centinaia di anni dopo l’invenzione del telescopio, nessun essere umano è riuscito a capire cosa si nascondesse sotto le nuvole venusiane, fino a quando negli anni ‘60 le prime sonde sovietiche giunsero sull’inospitale superficie.
La mappatura completa di Venere è stata effettuata dalla sonda Magellano che negli anni ’80, grazie a un radar, ha composto la prima mappa geologica e altimetrica del pianeta. Anche se noi non lo possiamo vedere, Venere ha crateri da impatto, montagne, pianure, colline, scarpate e valli. Ma siamo sicuri che non ci sia alcun modo per sbirciare la superficie venusiana senza dover friggere a bordo di un’improbabile astronave che tenta di superare quelle fitte nuvole? La Natura in questo caso ci dà una grossa mano.
La superficie di Venere, a causa dell’enorme temperatura, emette radiazione elettromagnetica, proprio come un pezzo di ferro rovente. Con un picco verso i 4 micron ma una coda di emissione che arriva anche a 800 nm, questa radiazione termica riesce a uscire in parte dalla spessa atmosfera. Attorno alla lunghezza d’onda di 1000 nm (1 micron), infatti, l’atmosfera venusiana diventa trasparente e il calore della superficie può uscire nello spazio ed essere quindi osservato. La radiazione termica di Venere è molto più debole della luce solare riflessa dall’alta atmosfera ma se ci concentriamo sul lato non illuminato quando il pianeta mostra una fase molto sottile, allora l’impossibile diventa possibile.
Con un filtro infrarosso da un micron (1000 nm) e una camera planetaria, meglio se monocromatica, o una camera CCD per profondo cielo e un telescopio da almeno 15 cm su montatura motorizzata, è possibile fare una serie di fotografie a lunga esposizione, bruciando la falcetta di Venere e lasciando che la più debole radiazione termica del lato non illuminato venga alla luce. Non potremo mai osservarla all’oculare del telescopio perché i nostri occhi non sono sensibili agli infrarossi, ma abbiamo appena scritto la ricetta per una fotografia molto speciale.
La tecnica migliore prevede di acquisire immagini a una focale non troppo elevata, poiché si tratta a tutti gli effetti di una ripresa deep-sky e non più in alta risoluzione. Focali comprese tra i 2 e i 3 metri sono ottime per questo scopo. Dobbiamo aumentare l’esposizione e/o il guadagno, senza curarci della luminosità della parte illuminata.
La magnitudine superficiale del lato non illuminato è di circa 12 su ogni secondo d’arco quadrato, circa come quella del pianeta Nettuno e molto più alta di ogni oggetto del profondo cielo. Sebbene quindi si possa osservare la debole radiazione anche con tempi di posa brevi, di circa 0,2 secondi, per avere un ottimo segnale è meglio fare tante esposizioni con tempi compresi tra 2 e 5 secondi. Se la montatura è ben stazionata al polo non si avranno neanche problemi di inseguimento. Più frame si acquisiscono e meglio è, tanto non ci sono problemi di rotazione del pianeta. L’unica limitazione è rappresentata dal fatto che è necessario fare una ripresa del genere con il Sole tramontato e con il fondo cielo scuro.
Se siamo bravi e pazienti e magari disponiamo di una camera CCD per le riprese del profondo cielo, oltre al suggestivo chiarore della parte non illuminata, che renderà Venere simile alla luce cinerea lunare, potremo mettere in evidenza anche strutture superficiali. Il principio è semplice: le montagne e gli altopiani avranno temperature minori rispetto alle valli e alle grandi pianure, quindi emetteranno meno radiazione termica.
In effetti, con esposizioni lunghe, telescopi da almeno 15 centimetri, una fase della parte non illuminata inferiore al 25%, un cielo ormai scuro e acquisendo qualche centinaio di frame, è possibile mostrare la traccia inequivocabile di dettagli superficiali. Questa è una piccola rivoluzione per noi: con la nostra strumentazione possiamo fotografare la superficie di Venere, in barba a tutti quei tossici e infernali strati nuvolosi!
Non ci credete? E allora osservate questa foto che ritrae i principali dettagli superficiali, che ho composto con le immagini ottenute nel 2009 e il 18-19 febbraio scorsi. Questo è l’aspetto del nostro pianeta gemello e questo è quello che si potrà vedere da qui a pochi giorni prima della congiunzione con il Sole del 23 Marzo. Ma poi, all’alba, i giochi potranno ricominciare di nuovo e almeno fino alla metà di maggio potremo ancora cacciare questa elusiva “luce cinerea” venusiana con i nostri strumenti. Non lasciamoci sfuggire questa ghiotta occasione, altrimenti dovremo aspettare più di un anno per riprovare l’impresa!