Uno degli aspetti che ho sempre trovato affascinanti dell’astronomia osservativa è che attraverso la nostra immaginazione, e la consapevolezza di ciò che stiamo osservando, possiamo trovare la più sublime bellezza anche in un’immagine che ritrae un puntino luminoso o un evanescente batuffolo lattiginoso. Non è un’esplosione di chiaroscuri e colori che impressiona in superficie la nostra retina, facendoci gridare dallo stupore per i primi 10 secondi per poi svanire una volta che l’effimero effetto si è concluso. L’astronomia visuale, al contrario, cerca la bellezza nella rappresentazione dell’oggetto che abbiamo di fronte. La sua fioca, indistinta o puntiforme luce non inonda quasi mai la nostra retina ma ha il potere di far meravigliare la nostra anima, superando con facilità le superficiali barriere della vista e utilizzando i nostri sensi come il mezzo per raggiungere una felicità e una pace interiore che raramente hanno eguali nel nostro mondo. È un’attività che nella società frenetica attuale sembra anacronistica e che non ci possiamo più permettere, tanto è diventato prezioso il nostro tempo. Eppure, è l’unico modo che abbiamo per capire qual è il nostro posto nell’Universo, la nostra importanza, quali sono i nostri limiti e le nostre potenzialità; quali sono i problemi veri e quali invece solo degli inutili capricci. E’ l’unico modo per usare al meglio delle nostre possibilità il dono più grande che abbiamo ricevuto: la consapevolezza di quello che ci circonda.
Quando nel 1995 è stato scoperto il primo pianeta extrasolare attorno a una stella simile al Sole, spesso ho passato intere serate della mia adolescenza puntando stelle a caso nel cielo e immaginando viaggi meravigliosi attorno a ipotetici sistemi planetari. Mi sforzavo con la mente di visualizzare quella luce amplificata milioni di volte e quel puntino ingrandito fino a vederne un disco grande quanto il Sole dei nostri cieli. Viaggiavo più veloce di qualsiasi astronave, persino di quella luce che nella realtà rappresenta un limite invalicabile del nostro Universo. E, arrivato fin lì, provavo a girarmi attorno per vedere se potevano esserci pianeti, magari simili alla Terra, ma diversi quel tanto che bastava per lasciare in sospeso il mio giudizio, per dare spazio a quell’alone di mistero, consapevole ma irrisolvibile, che rendeva tutto ancora più magico.
Cercavo e immaginavo… Ogni tanto, spinto da una curiosa nostalgia, volgevo lo sguardo verso quella porzione di cielo dalla quale ero venuto, cercando di capire come si vedesse il Sole e il nostro minuscolo pianeta da quel lontano angolo di Universo. Attraverso il telescopio erano solo dei puntini di luce, come se ne vedono di continuo in ognuna delle nostre stanze buie a causa di televisori, cellulari, elettrodomestici… Se avessi puntato un lontano lampione avrei visto la stessa immagine, eppure non avrei mai potuto fare quel viaggio meraviglioso nell’Universo dentro e fuori di me che solo la volta celeste può regalare.
Sono ormai migliaia i pianeti scoperti al di fuori del Sistema Solare, che quindi orbitano attorno ad altre stelle. Impossibile, persino per molti telescopi professionali, vederli direttamente. Ancora più irrealistico pensare di poterli visitare un giorno non troppo lontano. Eppure noi, cacciatori di meraviglie, di tutto questo non abbiamo bisogno perché il nostro piccolo telescopio e la nostra immaginazione possono attraversare all’instante anche gli spazi più ampi del Cosmo. Ecco allora che l’idea di poter osservare una stella nella cui immagine è racchiusa anche la debolissima e indistinta luce di qualche pianeta, pur non potendolo vedere direttamente, fa venire i brividi.
Il primo pianeta extrasolare scoperto è stato 51Pegasi b, un gigante gassoso che orbita attorno alla stella 51 della costellazione del Pegaso. Questo astro ha una magnitudine di 5,49 ed è persino visibile a occhio nudo se abbiamo una buona vista e un cielo scuro. Qualsiasi binocolo e ogni telescopio ci mostreranno questa stellina sempre più luminosa, di colore leggermente giallo, simile alle altre del cielo ma tanto importante per noi. Da lì è iniziato tutto; da questa stella è partita la grande rivoluzione dell’astronomia e del nostro pensiero, che ci ha visto scoprire in venti anni migliaia di altri mondi, alcuni potenzialmente molto simili al nostro. Non è una semplice stella per noi: è un monumento a un popolo che tra mille contraddizioni e ingiustizie ha continuato a trovare tempo e voglia per guardare l’Universo, con la speranza di conoscerlo sempre meglio e la consapevolezza che in questo lungo percorso diventerà una specie migliore.
Se vogliamo aumentare la portata emotiva, possiamo scegliere un’altra stella attorno alla quale gli astronomi professionisti hanno scoperto un pianeta simile alla Terra, probabilmente ricco di acqua e, perché no, anche di forme di vita. Il sistema Gliese 667 è composto da tre stelle strettamente avvolte, indistinguibili al telescopio. Attorno a uno di questi astri gli astronomi hanno scoperto ben 6 pianeti (forse 7), uno dei quali sorprendentemente simile alla Terra. Il sistema si trova nella costellazione dello Scorpione e ha una magnitudine pari a 5,89, al limite della visione a occhio nudo, ma qualsiasi strumento, anche il cercatore del telescopio, ce lo mostrerà evidente. Sotto la calda luce di quel puntino rossiccio, chi lo sa, altre forme di vita stanno prosperando e stanno osservando nello stesso nostro istante quel cielo così diverso, in cui una stellina gialla molto debole nasconde la straordinaria storia di questo pianeta e dei suoi abitanti, pienamente consapevoli delle meraviglie dell’Universo.
A soli 14 anni luce di distanza, nella costellazione di Ofiuco, si trova una debole stellina molto rossa, denominata Wolf 1061. Brilla di magnitudine 10 ed è visibile solo con binocoli da almeno 50 mm o con ogni piccolo telescopio, non molto distante (in apparenza) dall’ammasso globulare M107. Attorno a questo astro, sovrastato dalla luce di migliaia di stelle ben più brillanti, orbita un pianeta probabilmente roccioso, Wolf 1061 C, alla giusta distanza dalla propria stella, tale da consentire, in teoria, l’esistenza di acqua liquida. La luce rossa della stella trasforma il paesaggio che potremo ammirare dalla sua superficie in una scena per noi quasi apocalittica: tutto il cielo sarà rossastro e tutti gli oggetti avranno tonalità tendenti al rosso, privi dell’azzurro che invece qui sulla Terra è ben evidente. Stare sulla sua superficie potrebbe essere simile a quelle giornate nuvolose in cui c’è in sospensione una grande quantità di polvere proveniente dal deserto del Sahara, che rende tutto uniformemente arancio e rosso.
Non dobbiamo però soffermarci solo su Wolf 1061 C, perché questa stella ospita almeno altri due pianeti rocciosi: uno più lontano e uno più vicino dal corpo celeste sul quale abbiamo deciso di fermarci per un attimo ad ammirare il cielo. Ci sarà qualcuno da quelle parti? E come è possibile che nella luce debole e puntiforme di una stella appena visibile con i nostri strumenti si nascondano almeno tre pianeti grandi come la Terra, che hanno il potenziale di ospitare tutta la complessità biologica che si trova su questa piccola biglia blu scaldata dal calore nucleare di una stella chiamata Sole? È questa una delle grandi sfide dell’astronomia (amatoriale): comprendere ciò che la mente fatica a concepire e che fa parte di una realtà ben più ampia di quella nella quale ci siamo evoluti, fino ad ora.
Questi sono solo tre esempi di stelle facili da osservare che nascondono pianeti, ma in realtà di osservazioni di questo tipo ne possiamo fare centinaia, se non migliaia, perché la grande maggioranza dei pianeti è stata scoperta attorno a stelle più brillanti della magnitudine 12, quindi accessibili a strumenti anche da 8-10 cm di diametro. Sta a voi fare qualche ricerca su Google e organizzare il miglior tour possibile tra stelle e pianeti. E ricordate sempre una cosa: non si vedono ma ci sono. E a noi, romantici esploratori celesti, tutto questo basta e avanza.