Assenza di marcatore sullo specchio (primario): come realizzarlo

In questi ultimi tempi, qui a TS Italia, ci sono state richieste parecchie lavorazioni interessanti, alcune anche molto strutturate: dalle pulizie a restauri complessi, dalle lavorazioni opto-meccaniche avanzate alle semplici collimazioni, per finire con qualche bella verifica sotto il cielo reale.

Una richiesta frequente, è stata quella di realizzare il marcatore di centro dello specchio, laddove assente; tendenzialmente si tratta di primari newton di produzione economica o artigianale, ma in qualche occasione anche di secondari di schema Cassegrain-derivato.

Ebbene, abbiamo quindi deciso di realizzare questo mini-tutorial per guidare gli astrofili un po’ più esperti, ma senza troppa esperienza nello smontaggio di ottiche e celle, nella realizzazione di questa lavorazione in autonomia.

Le tecniche sono molte, e variano anche a seconda del diametro, ma questa è la personale ToDo-List che ho messo a punto nel corso del tempo.

 

FASE 1: smontare la cella del primario dall’OTA e rimuovere il primario dalla cella
Questa è una operazione estremamente semplice, solitamente ultimabile semplicemente svitando le 3-6 viti presenti lungo il bordo della cella del primario, e procedendo quindi alla rimozione delle graffe che tengono in posa il primario entro la cella. Nel caso di primari newton, al cosa è quindi piuttosto semplice; più complicata, e difficilmente descrivibile con degli step universali, è l’operazione di smontaggio dei secondari in genere o dello specchio primario da un Cassegrain-derivato. Certamente, in tutti i casi si inizia dalla rimozione del supporto meccanico (cella del primario, lastra o razze) dall’OTA.

FASE 2: misurare con precisione il diametro dello specchio
Per eseguire questa fase può essere adottato un grosso calibro (in commercio se ne trovano a buon mercato) oppure si può marcare il profilo dello specchio con una matita, capovolgendo il primario su un supporto di carta pulita (meglio di tutto, carta velina). Attenzione a seguire il bordo con precisione, usando matite molto ben affilate e mantenendo la distanza dal bordo sempre uguale e la minima possibile (l’opzione migliore, in questo caso, è ruotare foglio e specchio insieme, restando con la matita in posizione relativamente fissa). A questo punto basta spostare lo specchio per misurare con precisione il diametro del cerchio ricavato. Misurate con molta cura!

FASE 3: realizzare la dima
Il mio consiglio è quello di realizze una dima al computer, riportando le misure precedentemente ottenute su un software di disegno vettoriale; sarà naturalmente necessario aver cura di realizzare un disegno circolare che in stampa risulti conservare le identiche dimensioni in millimetri del disegno realizzato a PC. Si passa quindi a tracciare sul disegno una croce che attraversi l’intero cerchio e che sia passante per il centro dello stesso (in pratica, si tratta di tracciare due diametri della circonferenza, perpendicolari tra loro). A questo punto si passa alla stampa e, verificato che le dimensioni siano rispettate alla perfezione, resta solo da praticare un piccolo forellino con un ago sul centro del disegno appena ottenuto. Lo stesso risultato si può conseguire in maniera assai più “analogica”, lavorando con un compasso direttamente su carta; la soluzione è interessante soprattutto se non si ha troppa dimestichezza con il disegno al PC, oppure se si hanno specchi sopra gli 8″ da contrassegnare e non si dispone di una stampante in formato A3.

FASE 4: posizionare la dima
Ora è necessario portare la dima a coincidere con il bordo alluminato dello specchio e fissarla con dei pezzetti di scotch carta in modo simmetrico, al fine di non falsare la posizione reale del centro del disegno rispetto al centro dello specchio. Un’ottima soluzione è quella di applicare quattro pezzetti di scotch a 90° l’uno dall’altro, sfruttando come riferimenti esatti i quattro punti di intersezione tra la croce e la circonferenza presenti sulla dima; questo permetterà di non rischiare di sbilanciare il centraggio, evitando di tirare il foglio da un lato.

FASE 5: marcare lo specchio in via preliminare
Per tracciare un primo riferimento di centraggio, si va a sfruttare il forellino presente sul centro della dima, per marcare con un marcatore indelebile nero il centro dello specchio. Va ricordato che il pennarello va solamente appoggiato al foglio e premuto leggermente, fino al contatto con la superficie alluminata; resta imperativo non muoverlo assolutamente, per evitare di alterare la geometria di precisione tanto faticosamente conseguita! Inoltre realizzare un segno molto piccolo permette di conservare una maggior precisione per la fase di marcatura finale: il segno deve quindi preferibilmente essere appena percettibile, bastante esclusivamente a fare da guida.

FASE 6: marcatura definitiva
Se si sta marcando uno specchio primario, può essere raccomandabile adottare un comunissimo anellino salvabuchi, reperibile presso ogni cartoleria, oppure dei supporti adesivinoti come “feltrini per cristalli”, reperibili presso qualsiasi negozio di ferramenta/bricolage/hobbistica. A piacere, si può anche pensare di colorare il supporto prescelto usando il marcatore nero indelebile di cui sopra; naturalmente questa operazione andrebbe effettuata prima di rimuovere il marcatore dal supporto sulla quale si trova in origine; personalmente, tuttavia, ritengo questa operazione abbastanza sconsigliabile e anzi un po’ pericolosa… Durante una successiva pulizia dello specchio, infatti, verranno quasi certamente utilizzati dei solventi, come l’alcool isopropilico, davvero diffusissimo nel mondo dell’astronomia amatoriale! Agendo con un panno imbevuto con questo alcool quasi certamente si asporterà la verniciatura nera dal marcatore, con il serio rischio di depositarla in parte sulla superficie ottica. Se si sta marcando un secondario, diversamente, l’opzione migliore è proprio quella di adottare un pennarello indelebile a punta sottile per rendere progressivamente più netto il marcatore, senza alterarne la precisione di collocazione; i secondari, infatti, assai più raramente necessitano di pulizie profonde e accurate e quindi non si corre affatto il rischio di rimuovere il marcatore alla prima pulizia. Esiste tuttavia, anche in questo caso, la possibilità di utilizzare dei marcatori rotondi adesivi; date le piccole dimensioni dei secondari, suggerisco di non adottare i salvabuchi, ma esclusivamente i “feltrini per cristalli”, purché di dimensioni contenute.

 

E con questo il gioco è fatto! Un esempio del prima e del dopo potete vederli qui in questo post.

A presto amici!

LUCA ZANCHETTA – TELESKOP SERVICE ITALIA


Astronomy in Movie: il primo astrocontest di TS Italia/Tecnosky

Che ne direste di vedere un vostro lavoro di astroimaging all’interno di un film? E di ricevere anche un premio, per questo???

A me parrebbe una gran figata…….

Ebbene, se davvero lo volete, può essere realtà!!! A breve partirà la prima edizione dell’astrocontest di TS Italia/Tecnosky “Astronomy in Movie”: in palio per i migliori scatti eseguiti negli ultimi 365 giorni, premi in strumentazione e l’inserimento del lavoro vincitore all’interno di una pellicola cinematografica.

Il tema di quest’anno sarà: “banda stretta VS banda larga”. Mano ai filtri!!!

Il concorso inizia il giorno 11 maggio.

Qui sotto, il regolamento completo!

LUCA ZANCHETTA – TELESKOP SERVICE ITALIA


 

REGOLAMENTO CONCORSO FOTOGRAFICO
Astronomy in Movie

 

IL CONCORSO

Il concorso fotografico “Astronomy in Movie”, alla sua prima edizione, è promosso da TS Italia/Tecnosky, in collaborazione con il Progetto “L’Impero Sotterraneo”.

TEMA

Il tema del concorso di quest’anno è “Fotografia astronomica deep-sky tra banda larga e banda stretta”. Il tema è orientato alle riprese del profondo cielo e prenderà in considerazione qualsiasi lavoro attinente allo stesso, con preferenza per le riprese realizzate con strumentazione astronomica dedicata.

MODALITA’ DI PARTECIPAZIONE

La partecipazione al concorso è gratuita e aperta a tutti gli astroimager, senza limiti d’età. Ogni partecipante potrà fornire un numero illimitato di fotografie, da pubblicare sull’apposito album Facebook creato da TS Italia sulla propria pagina e disponibile ai seguenti link:

https://www.facebook.com/media/set/?set=oa.110735199802075

L’accesso all’album in modalità scrittura (per caricamento delle foto) è condizionato alla previa iscrizione al gruppo Facebook relativo al concorso:

https://www.facebook.com/groups/110733033135625

e successiva accettazione dell’iscrizione da parte degli amministratori. L’accettazione dell’iscrizione avviene di regola entro 48 ore dalla richiesta.

La descrizione tecnica della singola foto dovrà obbligatoriamente apparire entro il campo di descrizione della singola foto.

Sono esclusi dalla gara i membri della commissione giudicatrice e i rispettivi familiari, nonché tutti i soggetti che a vario titolo collaborano all’organizzazione del concorso.

CARATTERISTICHE TECNICHE IMMAGINE

Sono ammesse fotografie monocromatiche e a colori con inquadrature sia verticali sia orizzontali. La risoluzione di ciascuna foto deve essere di almeno 2 Megapixel. Non sono ammesse opere interamente realizzate al computer. Le riprese devono essere state realizzate nel corso degli anni solari 2017 e 2018. Requisiti preferenziali del concorso sono il carattere di innovatività delle riprese e il loro essere inedite. Ogni immagine deve essere corredata di descrizione tecnica completa, indicando tassativamente soggetto ripreso, strumentazione adottata, tecnica di ripresa e di elaborazione, nonché data e luogo in cui sono avvenute le riprese. Le immagini non conformi alle specifiche non verranno prese in considerazione ai fini della premiazione finale.

MODALITA’ E TERMINI DI CONSEGNA DEL MATERIALE

La consegna delle opere potrà avvenire entro la data limite del 31/08/2018.

PREMI E GIURIA

I premi assegnati saranno afferenti a tre diverse categorie e selezionati secondo tre diverse modalità:

Categoria A) premio artistico: il premio consisterà nell’apparizione dei lavori selezionati, fino ad un massimo di tre per singolo autore, all’interno del film “L’impero sotterraneo”. La scelta del premio è interamente rimessa alla giuria artistica.

Categoria B) premio tecnico: il premio consisterà in un buono per l’acquisto di materiale astronomico presso TS Italia del valore di €250

Categoria C) premio della community: il premio consisterà in un buono per l’acquisto di materiale astronomico presso TS Italia del valore di €150

La giuria artistica e la giuria tecnica, composte entrambe da professionisti del settore, esprimeranno un giudizio insindacabile, decretando i rispettivi vincitori.

Per la categoria C, risulterà vincitrice l’opera che avrà ottenuto il maggior numero di like entro la data limite del 30/09/2018.

Non si danno casi di pari-merito nella categoria A.
In caso di pari-merito nella categoria C, i premi verranno suddivisi tra i vincitori.

Saranno assegnati dei premi speciali per i primi 5 classificati non vincitori di alcun premio di categoria, consistenti in una copia dello splendido libro di astrofotografia digitale ad alta definizione “Gateway to the sky – Vol. 2”.

I premi verranno assegnati tramite proclamazione sulla pagina Facebook ufficiale di TS Italia entro il giorno 15/10/2018.

PRIVACY, RESPONSABILITÀ DELL’AUTORE E FACOLTÀ DI ESCLUSIONE

Ogni partecipante è responsabile del materiale da lui presentato al concorso. Pertanto si impegna ad escludere ogni responsabilità degli organizzatori del suddetto nei confronti di terzi, anche nei confronti di eventuali soggetti che dispongano di parziale titolarità delle opere inviate. Ogni partecipante dichiara inoltre di essere autore o co-autore delle immagini inviate e che esse sono originali, inedite e non in corso di pubblicazione, che non ledono diritti di terzi e che qualora si tratti di opere realizzate in collaborazione con enti o soggetti terzi, si dispone del necessario consenso o dell’autorizzazione alla partecipazione in proprio nome al concorso.

Gli organizzatori si riservano di escludere dal concorso e di rimuovere dall’album condiviso le foto non conformi a quanto indicato nel presente regolamento oppure alle regole comunemente riconosciute in materia di pubblica moralità, etica e decenza, a tutela dei partecipanti e dei visitatori. Non saranno perciò ammesse le immagini ritenute offensive, improprie o lesive dei diritti di alcuno. La rimozione potrà avvenire senza previa comunicazione e in maniera definitiva.

DIRITTI D’AUTORE E UTILIZZO DEL MATERIALE IN CONCORSO

I diritti sulle fotografie rimangono di proprietà esclusiva dell’autore che le ha prodotte, il quale ne autorizza l’utilizzo all’interno del film “L’impero sotterraneo” (categoria A) e per eventi o pubblicazioni connesse al concorso stesso, nonché per attività relative alle finalità istituzionali o promozionali connesse al presente concorso. Ad ogni loro utilizzo le foto saranno accompagnate dal nome dell’autore, in sovra-impressione o con citazione contestuale entro lo stesso mezzo (ad esempio nei titoli di coda del film o in calce al sito) e, ove possibile, da eventuali note esplicative. Si informa che i dati personali forniti dai concorrenti saranno utilizzati per le attività relative alle finalità istituzionali o promozionali di cui al presente regolamento, secondo quanto previsto dal D.Lg. 30 giugno 2003 n. 196.

Spettroscopia del sistema solare: analisi numerica e un pizzico di follia…..

Avete mai pensato di realizzare spettri sugli oggetti del sistema solare con un telescopio amatoriale? Che ne dite di Giove? O di Urano? Forse sì… E se vi parlo di atmosfere dei satelliti dei giganti gassosi? Qui forse mi risponderete di no… Ci sta!

E se vi chiedessi se vi è mai venuto in mente di utilizzare un telescopio per analizzare dal punto di vista spettroscopico la Terra? Intendo la Terra nel suo insieme, così come visibile dallo spazio…. Di certo direte di no! Non avendo un telescopio spaziale in effetti è dura… Ma non prendetemi per pazzo: non sto uscendo dal seminato né proponendovi una opzione per l’acquisto di Hubble!

La questione è seria, rigorosa e…anche molto divertente!

Il nostro “spettrofilo” di fiducia, Claudio Balcon, unendo un pizzo di follia a una solida e ben rodata preparazione tecnica, ci spiega come analizzare in generale gli oggetti del sistema solare, con una attenzione speciale per l’oggetto più strano tra tutti quelli osservabili: il pianeta sul quale viviamo!!!

Buona lettura a tutti!

LUCA ZANCHETTA – TELESKOP SERVICE ITALIA


Girovagando per il sistema solare con lo spettrografo per poi atterrare.

Approfittando delle condizioni meteo avverse che si stanno protraendo dagli inizi di febbraio 2018 ho recentemente deciso di riordinare e ripulire il PC di tutte quelle riprese effettuate per puro piacere o per sperimentare modifiche alla strumentazione ed in particolare per la loro taratura.

L’attività che prediligo è la caratterizzazione di supernove tramite la spettrografia a bassa risoluzione ma spesso, prima o dopo aver effettuato queste riprese, rivolgo anche il set up strumentale in uso verso altri soggetti. E così, appunto proprio mentre stavo riordinando i file nel PC, mi sono accorto che alcuni di questi potevano essere raggruppati fino a divenire un piccolo case study per aiutare a diffondere la conoscenza sulla spettrografia amatoriale, in senso più ampio. Ad attirare la mia attenzione, infatti, sono state alcune riprese di oggetti del sistema solare…

I corpi che orbitano attorno al Sole riflettono parte della luce che ricevono dalla nostra stella e questo ci consente di vederli. La luce che illumina il sistema solare è approssimabile a quella di un corpo nero che si trova alla temperatura di 5500°C.

Pianeti, satelliti, asteroidi e comete, oltre a riflettere parte della luce che ricevono dal Sole, emettono tuttavia anche radiazioni proprie, legate alla temperatura del corpo stesso. Normalmente queste radiazioni sono incentrate nella banda infrarossa.

Sia la luce visibile che quella infrarossa possono essere parzialmente assorbite dai gas che compongono le atmosfere dei pianeti e, tramite la spettrografia, è quindi possibile determinarne la composizione chimica. Nel visibile l’energia dei fotoni è tale da consentire i salti quantici degli elettroni; nell’infrarosso, invece, i livelli energetici sono quelli dei moti vibrazionali delle molecole.

 

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Figura 1

Immagine ripresa con Newton 8” f/5, Barlow 3x e QHY5Lii, 19-02-2015. Ganimede, ripreso al bordo destro dell’immagine, è praticamente privo di atmosfera; Giove, diversamente, possiede una densa atmosfera.

 

Va precisato, inoltre, che con le osservazioni da terra, possiamo analizzare solo il visibile e il vicino infrarosso; diversamente, invece, per quanto riguarda l’infrarosso profondo, che viene assorbito dall’atmosfera del nostro pianeta e risulta osservabile solo da punti collocati al di fuori di questa. I telescopi che operano nell’infrarosso sono, proprio per questa ragione, progettati per operare in orbita o nei punti di Lagrange.

Qualche anno fa avevo quindi ripreso nel visibile e nel vicino IR gli spettri dei quattro principali satelliti di Giove, anche se solo ora ho avuto l’occasione di elaborarli.

Quasi tutti i satelliti dei pianeti del sistema solare, Titano escluso, non hanno una atmosfera significativa e pertanto la luce che possiamo osservare è quella riflessa e diffusa dalla loro superficie. Anche i satelliti galileiani di Giove riflettono parzialmente la luce che ricevono dal Sole.

 

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Figura 2

Spettri ottenuti con Newton 8” f/5 e spettroscopio con fenditura regolabile autocostruito.

 

Con la spettrografia a bassa risoluzione si evidenzia che Europa, Callisto e Ganimede riflettono in modo simile la luce solare. Io, rispetto agli altri satelliti, assorbe tuttavia di più nel blu e di meno nel rosso. L’unica banda di assorbimento rilevante, situata attorno ai 7200 Angstrom, è visibile sugli spettri di tutti i satelliti in parola, ed è dovuta all’atmosfera terrestre; non si tratta quindi di una caratteristica propria dei satelliti Medicei. Questa anomalia è conseguenza di una calibrazione dell’ampiezza non ottimale ed è dovuta alla grande differenza in altezza fra la stella di riferimento usata per la calibrazione stessa e il sistema Gioviano.

Puntando il telescopio verso Urano, pianeta con una densa atmosfera, possiamo ricavare il seguente spettro ed osservare la presenza di numerose ed evidenti bande di assorbimento.

 

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Figura 3

Immagine ripresa con RC8” e spettrografo con fenditura riflettente autocostruito, 19-01-2018.

 

Lo spettro di fig.3 è stato effettuato con uno spettrografo con fenditura da 17 micron riflettente che consente di inquadrare il soggetto con una camera di guida, mantenendo il soggetto, al contempo, perfettamente centrato sulla fenditura. La risoluzione dello spettrografo impiegato è indipendente dal seeing atmosferico, anche se ad essere maggiormente penalizzata, in questo caso, è la quantità di luce acquisita e quindi la sensibilità. A sinistra, in figura, si può osservare Urano, come visto attraverso la fenditura, mentre partendo dal centro dello scatto, elongato verso destra si estende il primo ordine dello spettro.

 

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Figura 4

Spettro di Urano 19-01-2018.

 

L’atmosfera di Urano ha una elevata concentrazione di idrocarburi, in particolare del più semplice degli alcani, il metano. Le ampie e profonde bande di assorbimento nel rosso conferiscono a questo pianeta il caratteristico colore bluastro.

Lo spettro di fig.5 appartiene ad un corpo del sistema solare che ha un’atmosfera contenente ossigeno e vapore acqueo.

 

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Figura 5

 

La presenza di ossigeno è anomala perché in tempi brevi questo gas si legherebbe ad altri elementi ossidandoli e non rimarrebbe a livello molecolare come O2 per un lungo tempo; ci deve essere necessariamente qualche processo che lo rigenera con continuità. Noi conosciamo bene un processo naturale che consente questa rigenerazione, la fotosintesi clorofilliana. Lo spettro a colori di fig.5 evidenzia pure una dominanza del colore azzurro.

Si, avete capito bene, il corpo in questione è proprio il nostro pianeta, la Terra.

Mi ero chiesto come sarebbe stato lo spettro della Terra ripreso da Ganimede. Su Ganimede non ci sono però mai andato e sono rimasto con i piedi ben saldi per terra…

Una strada alternativamente percorribile, per soddisfare questa mia curiosità, era quella di osservare la Terra guardandola riflessa su uno specchio posto al di fuori dell’atmosfera. Sfortunatamente non ho avuto modo di vedere soddifatta la mia richiesta all’ESA di mettere in orbita tale manufatto, e ho di conseguenza deciso di usare un riflettore naturale già esistente, ed anche bello grosso: la Luna!!

Quando la Luna si trova nella prima o nell’ultima fase, presenta una falce illuminata dal Sole piuttosto sottile e la parte in ombra è debolmente illuminata dalla luce solare riflessa dalla Terra. Si tratta della cosiddetta luce cinerea. Come specchio, sicuramente risulta di qualità piuttosto scadente, ma certamente per la spettrografia è ugualmente più che sufficiente!

Vediamo ora come è stato possibile ottenere da terra lo spettro terreste, come se fosse ripreso da Ganimede; ma avremmo potuto prendere come possibile punto di osservazione qualsiasi altro pianeta, satellite o nave spaziale… Potenzialmente anche un pianeta di un altro sistema stellare.

Facciamo le seguenti approssimazioni: consideriamo che la riflettività della superficie lunare sia uniforme, trascuriamo il debole contributo della luce riflessa dalla Terra sulla parte della Luna illuminata dal Sole e trascuriamo la diffusione della luce dovuta all’atmosfera terrestre.

Se chiamiamo S(λ) la luce emessa dal Sole ed RT(λ) la riflettività della Terra, la luce riflessa dalla Terra T(λ) che raggiungerebbe lo spettrografo posto su Ganimede sarebbe:

a) T(λ) = S(λ) * RT(λ)

Prendiamo ora in considerazione la luce solare riflessa dalla Luna vista dalla Terra che chiamiamo SLT(λ). Se RL(λ) è la riflettività della Luna, AAT(λ) l’assorbimento dell’atmosfera terrestre e rstr(λ) la risposta strumentale, esiste la seguente relazione:

b) SLT(λ) = S(λ) * RL(λ) * AAT(λ) * rstr(λ)

La luce cinerea STLT(λ), vedi fig.6, assume la seguente relazione:

c) STLT(λ) = S(λ) * RT(λ) * RL(λ) * AAT(λ) * rstr(λ)

e quindi:

d) STLT(λ) = SLT(λ) * RT(λ)

Basandoci su d) possiamo quindi ricavare chee:

e) RT(λ) = STLT(λ) / SLT(λ)

e concludendo:

f) T(λ) = S(λ) * STLT(λ) / SLT(λ)

La relazione e) ci dice che la riflettività della Terra corrisponde allo spettro della luce cinerea diviso quello della luce solare riflessa dalla Luna. Il grafico di fig.5 rappresenta questo rapporto normalizzato. L’immagine a colori di fig.5 è stata ottenuta moltiplicando la riflettività della Terra sub e) per lo spettro solare, secondo l’equazione f).

 

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Figura 6

Posizionamento della fenditura sulla parte illuminata dalla luce riflessa dalla Terra. Nell’angolo in basso sinistra si intravede una parte di Luna satura perché illuminata dal Sole. Immagine ripresa con Newton 8”, spettrografo a fenditura riflettente, camera di ripresa e guida QHY5Lii, camera spettrografo Atik 428ex, 21-01-2018.

 

Quanto descritto sinora ha lo scopo di far comprendere come anche una disciplina basata su solidissimi criteri analitici e su un rigoroso metodo scientifico, può trasformarsi in un vero e proprio gioco, mescolando a tutto questo la curiosità e la fantasia umana.

Il tutto, inoltre, è stato ottenuto con una strumentazione alla portata della maggior parte degli astrofili; credo quindi che il passaggio da astrofilo a “spettrofilo”, come mi piace definirmi, non dovrebbe spaventare nessuno, ma solamente incuriosire!

Devo ringraziare Susy e Sara, rispettivamente mia moglie e mia figlia, per la loro immensa pazienza oltre che per il loro validissimo supporto. Onestamente, vivere con un astrofilo non deve essere molto semplice. Figurarsi con uno spettrofilo!

Nota. Tutte le immagini presenti sono state eseguite dello scrivente.

Deep sky di qualità da cieli fortemente inquinati

Ciao a tutti, ragazzi!

È da un po’ che mi riprometto di sottoporvi qualcosa di valore sul deepsky, ma in effetti, coi tempi (e gli inquinamenti) che corrono, questo tipo di ripresa diventa sempre più difficile da realizzare… Come tutti sappiamo bene, estremo rifugio dell’astrofotografo (e dell’astrofilo in generale) sono le vette delle nostre amate montagne, Alpi e Appennini, così come i più bui entroterra delle isole maggiori e più in generale tutte le zone a bassa antropizzazione. Tuttavia, operare da questi contesti è sempre più impegnativo: quand’anche volessimo escludere la complessità organizzativa che impone una sessione di ripresa in queste zone, tra i mille impegni lavorativi e familiari che tutti abbiamo, rimane pur sempre da constatare che anche questi luoghi sempre più sono intaccati dalla piaga dal dilagante spreco energetico legato alla illuminazione notturna, pubblica e privata…

Ebbene, proprio per questo non è di luoghi di frontiera per la civiltà, che oggi voglio parlare, ma più spiccatamente di comode e vicine città. Città certo nottetempo inquinate, e pesantemente anche, da luci di tutti i tipi. Insomma, degli ultimi luoghi in cui ci si aspetterebbe di trovare un astrofilo felice, men che meno un astroimager che si occupi di deepsky… E invece no. Perché, come ebbe a dire qualcuno, “la vita trova sempre un modo”, e noi astrofili, in questo senso, siamo dei veri eroi: un modo lo troviamo. Sempre! D’altro canto che sarà mai, per coloro i quali hanno fatto dell’osservazione di minuscoli, tenui e lontanissimi bagliori nel buio la loro grande passione, affrontare il “modesto” problema dell’avere qualche centinaio di lux al suolo in piena notte? Eccheccazzo!!!

Sarcasmo a parte, i più esperti certo lo sanno bene, per riprendere gli oggetti deepsky con risultati grandemente qualitativi esistono da diversi anni in commercio dei filtri, i filtri narrow band (a banda stretta), che permettono di realizzare ottime riprese anche dai medi cieli urbani. Il principio è molto semplice: sapendo che le sorgenti astronomiche emettono, un po’ come dei radiofari, soprattutto in alcune precise bande dello spettro elettromagnetico, è sufficiente “sintonizzarsi”, grazie a questi filtri, su quelle specifiche frequenze (idrogeno ionizzato, ossigeno ionizzato, zolfo ionizzato, ecc..), ancora abbastanza poco intaccate dall’IL, per ottenere una luce meno spuria, quasi inviolata. Una luce in presa diretta dallo spazio profondo.

Più in dettaglio, però, oggi andiamo a parlare di chi suole fare delle riprese narrow band un vero “sport estremo”, andando direttamente al cuore della questione: andiamo a parlare, cioè, di come sia possibile effettuare riprese deepsky di alta qualità persino dai pressi della più inquinata città della Pianura Padana, nonché, probabilmente, di tutta Italia: Milano! La splendida città meneghina, ricca di storia e bellezze è infatti, purtroppo, anche la patria nazionale dell’inquinamento luminoso, con una brillantezza media annua del cielo notturno che non teme il confronto con nessuna tra le maggiori megalopoli europee e mondiali. Per intenderci, Londra, Parigi e Berlino sono sovrastate da mostro luminoso che irradia il cielo notturno in maniera non dissimile da quanto avviene nella città della Borsa.

Come accennato, fare riprese in questi contesti può risultare un po’ uno “sport estremo”, ma non per questo risulta essere qualcosa di impossibile. Basta avere i giusti strumenti e la giusta passione.
Di questo stesso mio avviso, evidentemente, è anche l’amico e ottimo (astro)fotografo, Marco Formenton, che da lì opera: proprio dai pressi di Milano!

Le immagini che realizza testimoniano una passione evidente, ma quel che risulta molto meno evidente sono le lunghissime ore di lavoro necessarie per effettuare l’elaborazione e, ancor di più, le riprese stesse. Eh, sì, perché, per chi non lo sapesse, i filtri narrow band di qualità sono davvero stretti, e lasciano passare solo una minima quantità di luce (circa il 2% delle frequenze). Questo comporta ovviamente un aggravio notevolissimo delle difficoltà tecniche.

Certo, le riprese sono state realizzate con un setup di alta qualità, studiato da noi appositamente assieme a Marco; ma si tratta di un setup assolutamente tutt’altro che fantascientifico, di fatto alla portata di tutti!
Si tratta di un tripletto FPL53 TS TLAPO804 e di un tripletto FPL51 Tecnosky 115/800 V2, ridotti e/o spianati ed equipaggiato di una camera CMOS ASI1600MMC, dal costo davvero accessibile; il tutto, su una sempreverde montatura Skywatcher EQ6 moddata Astronomy Expert. Ah, sì, naturalmente anche dei filtri di buona qualità, sono un po’ indispensabili: perché qui i filtri fanno la differenza, letteralmente, tra la notte (o qualcosa che ci somiglia) e il giorno (o qualcosa che ci somiglia)… 🙂

Con ciò detto, non mi resta che passare la parola all’autore delle splendide foto che avrete certo già iniziato ad apprezzare con un veloce scroll di pagina. Altrimenti non credo vi sareste sorbiti questo mio polpettone introduttivo… :DDD

In nostri ringraziamenti vanno a Marco per il contributo e lo splendido lavoro svolto, che (ancora una volta in questa sede lo voglio ribadire) ci mostra come conti infinitamente di più una grande passione di tutto il resto. È questa passione, incontenibile, che dovrebbe guidare la vita di tutti noi: anche se ci porta al sacrificio di un meritato sonno in favore di lunghe ore di impegno e concentrazione; anche se ci costringe a stare al freddo vero, magari dietro a una guida che fa i capricci; anche se ci porta a passare il weekend a mordersi le unghie mille volte dietro a un monitor, alla ricerca della una elaborazione perfetta, che non viene mai…

Senza impegno, senza dedizione, senza sacrificio, non si va da nessuna parte, ragazzi! E anche allora, non è mai detto, fino alla fine, fino a risultato incassato, fino a quando ciò che cerchi non compare davanti ai tuoi occhi, e lascia stupito pure te…

Come sempre, l’astronomia è vera, grande maestra di vita!!!

Non solo quando siamo al telescopio.

Buona lettura a tutti.

LUCA ZANCHETTA – TELESKOP SERVICE ITALIA


Ho alzato per la primissima volta il naso all’insù nel settembre 2016 quando insieme all’amico Fabrizio Vicini ho scoperto lo spettacolo della Via Lattea alta nel cielo. Fabrizio, che già era appassionato di astronomia cominciò a farmi notare le costellazioni che ruotano lungo la polare, l’Orsa Maggiore e Cassiopea, poi fece uno scatto, per me a quell’epoca era uno scatto a casaccio nel cielo, poi mi fece vedere lo schermo della reflex, fece uno zoom e mi disse: “vedi quel batuffolo di cotone? Ecco quella è la galassia di Andromeda!”.

Rimasi sbalordito!

Da lì la voglia di scoprire cosa si celasse in ogni angolo del cielo si è insinuata nella mia mente, ho iniziato a documentarmi, a scoprire un mondo per me totalmente nuovo fino a quando, nel febbraio 2017 acquistai il mio primo Skywatcher Star Adventurer a cui affiancai la mia reflex Nikon D750.

Da questo momento cominciai a sperimentare.

Il primo scoglio fu metter in polare la strumentazione che per uno come me che mai si era dedicato all’osservazione astronomica era già un bel traguardo.

Poi i primi scatti alla Grande Nebulosa di Orione, M42, la più semplice, non fotograficamente, ma da centrare, perché non riconoscendo ancora le costellazioni non è per nulla semplice inquadrare soggetti invisibili al nostro occhio.

Cominciai a vedere i primi risultati verso marzo, passando ore ed ore in mezzo alle campagne del Pavese a provare e riprovare.

Lo Star Adventurer e la Nikon D750 cominciarono presto a starmi stretti.

Mi rivolsi allora ai ragazzi di Teleskop Service Italia dove acquistai la mia prima montatura equatoriale Skywatcher NEQ6 Pro con modifica Rowan cui affiancai lo splendido Skywatcher 200 f4.

Presto mi ritrovai in un ambiente nuovo, ma in cui ero a mio agio, dove ho conosciuto tante persone nuove ma soprattutto buoni amici, in particolar modo il fantastico team Eye In The Sky Astronomy di Caldonazzo che ammiro e stimo moltissimo!

A Luglio 2017 partecipai al mio primissimo star party organizzato proprio dai ragazzi dell’EITSA sul monte Panarotta e lì scoprii davvero la differenza di un buon cielo rispetto a dove riprendo abitualmente.

La passione si è sempre fatta più forte in me e decisi di fare il grande salto verso sensori più performanti, ma in un momento di trasizione forte come questo è stato arduo scegliere tra sensore CCD oppure CMOS.

Ad oggi, a distanza di un anno, parecchie ore di sonno in meno e tanti sacrifici ecco il mio setup (spero) definitivo:

Montatura: Skywatcher AZEQ6 GT
Camera: Zwo ASI1600MM-C
Filtri: ZWO LRGB – HAlfa 7nm – SII 7nm – OIII 7nm
Guida: QHY5-LII su OAG TS-Optics Off-Axis Guider TSOAG9
Telescopio: TS Photoline Triplet FPL-53 Super Apo – 80mm aperture / 480mm focal length (f/6)
Tecnosky Rifrattore ApoTripletto 115/800 V2
Riduttore/Spianatore: TS-Optics PHOTOLINE 2″ 0,79x Reducer 4-element for Astrophotography
Spianatore: TS-Optics PHOTOLINE 2″ 1.0x Flattener for Refractors and Apos

Il luogo delle mie riprese è per il 99% il terrazzo di casa mia, in provincia di Pavia, ad una trentina di minuti a sud di Milano, da qui il mio uso smodato dei filtri narrowband che permettono la ripresa di soggetti deboli con buoni risultati.

In alternativa, lavoro e famiglia permettendo mi sposto sulle colline dell’oltrepò, a meno di un’ora da casa dove il cielo raggiunge un SQM di 21.

Ma le serate più belle restano quelle trascorse in Trentino, in compagnia di Andrea, Silvano, Roberto, Simone e tutto il fantastico gruppo EITSA a cui sono molto affezionato!

Su Ramses II, ovvero: il faro di Porto Marghera

Allora, parliamo un po’ del faro di Marghera, vi va? Noi di TS Italia lo abbiamo proprio qui a due passi, giusto in mezzo ai…..beh, avete capito dove…..

Non voglio fare lunghe dissertazioni, le argomentazioni sono tante, solide e ben note a tutti, avverso questa installazione e tutti le conosciamo: spaziano dalla difesa dell’ambiente (terrestre) notturno, che l’inquinamento luminoso tanto vitupera, alla per noi più campanilistica tutela dell’amato cielo notturno; dalla difesa della legalità (ricordo la legge regionale anti IL del Veneto), alla lotta agli sprechi energetici (con le ovvie implicazioni etiche ed ambientali); dalla assoluta mancanza di struttura fondante l’installazione (culturale, artistica o anche solo estetica: ritengo il lampeggìo delle luci dell’albero di Natale molto più bello ed affascinante), alla completa contraddittorietà del modus operandi (si vuol celebrare il buono – questo è ovvio – scaturito da un luogo fonte di ricchezza e di lavoro per molti, ma che è stato anche un mostro ambientale; e lo si fa, pensa un po’ l’ideona, attraverso un doppio inquinamento, luminoso e da spreco energetico, in una laguna delicata e unica, già fin troppo martoriata dall’uomo, che solo in questi ultimi decenni sta faticosamente ritrovando un suo equilibrio ecologico).

Tutto questo, ribadisco, sono più che certo che chi ha un approccio al cielo come il nostro – di noi tutti astrofili – non può che concordare con quanto detto, su tutti i fronti; ulteriori parole sarebbero sprecate.

Voglio qui, oggi, dare solo un segno quantificabile, un numero scalare, un simbolo, che da solo, per una volta, ben basta a rappresentare le pur diverse e differentemente fondate opinioni di un popolo intero; una differenza, a mio avviso, che segna il passo, che funge da spartiacque tra chi prima pensa e poi parla, e chi, per abitudine, o per convenienza, o addirittura con premeditazione, opera secondo lo schema diametralmente opposto…

Ebbene, vi chiederete, un numero de che? Semplice!!! Un numero che da solo definisce le due petizioni online su change.org che vertono su Ramses II, il superfaro da 72000 watt in questione.

Ma…aspetta… Due? Perché due? Ci sono stati due enti promotori diversi? Signornò, signori… Ci sono due petizioni perché una è stata attivata allo scopo di far spegnere il faro; ma l’altra, promossa da un assolutamente convinto gruppo di sostenitori, raccoglie firme per opporsi alle richieste di spegnimento dello stesso, che vengono definite come un ingiustificabile tentativo di uccidere un valente strumento di riqualificazione urbana e territoriale.

Mi chiedo davvero attraverso quali mezzi e modalità ciò possa avvenire (intendo la riqualificazione), ma se avete voglia di farvi un’opinione e una cultura in merito, provando a comprendere chi non condivide la nostra visione delle cose, qui sotto riporto un link, presso il quale potete rinvenire un tale florilegio di argomentazioni da far impallidire Empedocle di Agrigento. Non so bene per quale ragione, impallidirebbe, ma di certo vi garantisco che impallidirebbe…..

Per concludere, il numero: 0,02. È il fattore di moltiplicazione che permette di ottenere il numero dei firmatari per l’accensione del faro, dato il numero dei firmatari per lo spegnimento. Non male come divario… E per una volta, a mio avviso, un segno di civiltà, in un paese che questa parola tanto abusa e poco usa.

Qui sotto tutti i riferimenti per firmare. Scegliete voi la petizione cui ritenete più giusto partecipare!!!

A presto amici!

LUCA ZANCHETTA – TELESKOP SERVICE ITALIA


CHANGE.ORG – Petizione “Spegnete il faro da 72000 watt di Porto Marghera”

Firmatari totale: circa 13000 alle ore 14:30 del 31/01/2017
Istituzioni scientifiche firmatarie: INAF (Istituto Nazionale di Astrofisica), UAI (Unione Astrofili Italiani), Dipartimento di Astronomia di Padova

https://www.change.org/p/sindaco-di-venezia-spegnete-il-faro-da-72000-watt-di-porto-marghera

CHANGE.ORG – Petizione “Manteniamo acceso RAMSES II !”

Firmatari totale: circa 260 alle ore 14:30 del 31/01/2017
Istituzioni scientifiche firmatarie: N/D

https://www.change.org/p/luigi-brugnaro-riaccendere-ramses-ii

Utilizzo di una fotocamera reflex non modificata nella fotografia astronomica di base

Cari amici astrofili, come sapete bene mi piace cercare sempre di proporre qualcosa di un po’ particolare, in questo blog. E nella nostra, grande, passione non mancano certo gli spazi per ogni tipo di tecnica e di modalità di ripresa! Ma poi ci sono alcune tecniche di ripresa che mostrano la loro particolarità proprio fondandosi sulla semplicità della strumentazione coinvolta.

Siamo nell’era delle CMOS raffreddate, in cui sensori di grandi prestazioni, capaci di digitalizzazione on-chip del segnale e dotati di risoluzioni pazzesche sono davvero alla portata di tutti. Eppure, una delle tecniche di ripresa astronomica più diffuse, nonostante tutto, coinvolge l’uso delle tradizionali DSLR; spesso non di fascia top, prese magari usate, con 100000 scatti all’attivo, magari anche un po’ maltrattate, ma perfette per poter essere portate fuori a freddo e umidità notturne o moddate senza rimpianti.

Ebbene, in questo caso andiamo ancora di più alla radice della fotografia digitale, e puntiamo su un sensore assolutamente diffuso (anche io ho avuto una camera come questa) come quello della Nikon D5100, un APS-C dotato di una ragionevole (anche se non straordinaria) sensibilità alle basse luci; per di più rigorosamente appartenente ad una DSLR NON modificata e anche senza l’uso di alcun tipo di filtro!!!

Il nostro amico Luca Ghiglino fa un uso davvero intensivo, di questa camera, in combinato con un OTA Newton 200/800 Skywatcher, con il quale ha ottenuto risultati davvero notevoli.

Qui sotto il racconto che ha gentilmente voluto farci della sua esperienza.

Dando un segnale per tutti: avere strumentazioni incredibilmente avanzate non è il solo modo per ottenere eccellenti risultati.

Buona lettura a tutti.

LUCA ZANCHETTA – TELESKOP SERVICE ITALIA


 

 

Utilizzo di una fotocamera reflex non modificata nella fotografia astronomica di base
di Luca Ghiglino

Luca di TS Italia mi ha chiesto di scrivere un articolo sull’utilizzo di una semplice reflex non modificata (una Nikon D5100 che uso da anni nella fotografia tradizionale) applicato alla fotografia astronomica, senza l’uso di nessun tipo di filtro.

Il mio setup è composto da un Newton F4 (Skywatcher Widephoto 200/800) su montatura NEQ6 con (o senza) telescopio di guida. Il tutto è connesso al portatile, con il programma Sky Chart per muovermi e imparare a conoscere il cielo e PHD Guiding nel caso in cui sia necessaria l’autoguida (software entrambe scaricabili gratuitamente dai rispettivi siti).

Il corpo macchina della Nikon viene raccordato al focheggiatore con un semplice anello T2 e un correttore di coma Baader che riduce l’allungamento delle stelle ai bordi del campo inquadrato (se l’oggetto è contenuto nella parte centrale del campo, quest’ultimo può essere un accessorio non indispensabile). Ovviamente il risultato finale è sempre rapportato alle condizioni del cielo, al corretto allineamento/collimazione del telescopio e al tempo che si è disposti a passare su un determinato oggetto.

 

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Fig 1
Il setup utilizzato

 

La modalità di scatto della Nikon è manuale, le ISO sono solitamente impostate a 800, il bilanciamento del bianco è impostato su luce solare e gli scatti sono in RAW, formato che torna utile nella successiva elaborazione.

Una volta in posizione, con l’inseguimento attivo, scatto alcune foto di prova centrando l’oggetto e ruotando la macchina sul suo asse per riprenderlo il più possibile nella sua interezza. Gli scatti di prova sono utili anche per capire se stiamo saturando troppo l’immagine in relazione al tempo di posa impostato. Per oggetti luminosi come stelle e ammassi di solito bastano 30” di esposizione per ogni scatto (in questo caso l’autoguida non è necessaria) e per oggetti flebili come galassie e nebulose, considerando che non uso nessun tipo di filtro, non supero i 180” di esposizione, con autoguida.

Ricordiamoci che foto troppo saturate, con fondo cielo troppo luminoso, sono da scartare perché non riescono a contrastare l’oggetto, mentre quelle poco saturate raccolgono poco segnale e quindi meno dettagli: la visualizzazione sullo schermo LCD dell’istogramma della foto appena scattata, aiuta a mantenersi con la parte iniziale dello stesso poco più in basso del bordo a sinistra del grafico, trovando così il tempo di esposizione ottimale, che ogni sera non è mai uguale e varia in base al seeing e alla location, quest’ultima correlata naturalmente anche all’inquinamento luminoso.

Un altro aspetto fondamentale è la messa a fuoco: adotto la modalità “live-view” in modo da vedere le stelle direttamente sullo schermo LCD. Come riferimento ne prendo una medio/piccola, vado a ingrandirla con lo zoom digitale e mi regolo cercando il punto intermedio tra l’effetto “cerchio” e l’effetto “pallina”: questa per me è la posizione ideale di fuoco, quando la stella diventa puntiforme. Meglio stringere bene le viti di fermo del focheggiatore e quelle di fissaggio, perchè la reflex non è propriamente leggera e la posizione di fuoco potrebbe spostarsi con il movimento graduale del telescopio.

 

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Fig. 2
Uno scatto di prova su lcd della Nikon

Con un semplice telecomando a filo per la programmazione degli scatti multipli, disponibile per Canon/Nikon ad un costo contenuto, imposto il numero di scatti, il tempo di esposizione stabilito con le foto di prova e, cosa molto importante, i secondi di pausa tra uno scatto e l’altro: le reflex, non essendo raffreddate, tendono a scaldare il sensore (con conseguente rumore di fondo in eccesso) quindi per esposizioni più o meno lunghe lascio sempre 40”/60” di pausa tra una foto e l’altra per il raffreddamento.

Alla fine della sessione eseguo sempre gli scatti correttivi, flat e dark, perché, soprattutto i primi, sono fondamentali ai fini della buona qualità del risultato. Le foto vengono poi sovrapposte con il software gratuito Deep Sky Stacker e l’immagine finale elaborata in Photoshop.

Anche se mi considero ancora all’inizio, sono trascorsi ormai due anni a fotografare il cielo con questa camera, e posso dire che, come in ogni campo, nella fotografia astronomica è molto utile iniziare dalle basi. Con una semplice reflex si possono comprendere i principali aspetti e fare pratica con risultati soddisfacenti, in modo da acquisire quella sensibilità ed esperienza che successivamente potremo applicare nell’uso di componenti quali filtri e camere astronomiche più specifiche e performanti, che solo con una consolidata esperienza saremo davvero pronti per poterli gestire.

Seguono alcune foto con i dettagli di scatto.
Un saluto e cieli sereni a tutti.

Immagine salvata con i settaggi applicati.

M13 – Ammasso globulare di Ercole
15 scatti a iso 800 da 120″ di esposizione,
integrazione totale 30 minuti

 

Immagine salvata con i settaggi applicati.

M81- M82
50 scatti a iso 800 da 180″ di esposizione,
integrazione totale 2 ore e 30 minuti

 

Immagine salvata con i settaggi applicati.

30 scatti a iso 800 da 40″ ciascuno (senza autoguida),
integrazione totale 20 minuti

Immagine salvata con i settaggi applicati.

NGC6946+NGC6939 – Galassia e ammasso aperto
27 scatti a iso 800 da 30″ di esposizione,
senza autoguida e senza scatti correttivi,
integrazione totale 13 minuti

Immagine salvata con i settaggi applicati.

IC434 in Orione – Nebulosa Testa di Cavallo e Nebulosa Fiamma
35 scatti a iso 800 da 240″ di esposizione (seeing molto buono),
integrazione totale 2 ore e 20 minuti

Immagine salvata con i settaggi applicati.

IC1805 – Nebulosa Cuore
185 scatti a iso 800 da 60″ di esposizione,
integrazione totale circa 3 ore

Immagine salvata con i settaggi applicati.

M42-M43 – Grande Nebulosa di Orione
128 scatti a iso 800 di 80″ di esposizione,
integrazione totale circa 3 ore

Immagine salvata con i settaggi applicati.

M31 – Galassia di Andromeda
31 scatti a iso 1250 da 30″ di esposizione,
20 scatti a iso 800 da 60″ di esposizione,
20 scatti a iso 800 da 150″ di esposizione,
11 scatti a iso 800 da 240″ di esposizione,
integrazione totale circa 2 ore

Immagine salvata con i settaggi applicati.

M33 – Galassia del Triangolo
145 scatti a iso 800 da 100″ di esposizione,
integrazione totale circa 4 ore

Immagine salvata con i settaggi applicati.

M45 – Ammasso delle Pleiadi
110 scatti a iso 800 da 90″ di esposizione,
integrazione totale 2 ore e 43 minuti

Immagine salvata con i settaggi applicati.

NGC6960 – Nebulosa Velo (parte Ovest)
28 scatti a iso 800 da 120″ di esposizione,
integrazione totale 56 minuti

Immagine salvata con i settaggi applicati.

NGC6992-NGC 6995 – Nebulosa Velo (parte Est)
94 scatti a iso 800 da 120″ di esposizione,
integrazione totale 3 ore e 8 minuti

Ancora sulla spettroscopia: storia di una supernova tipo IIP

Ed eccoci nuovamente a parlare di spettroscopia e di ricerca scientifica amatoriale. Con un piccolo corollario, divenuto ormai un leitmotiv di questo blog: ovvero che anche con strumentazioni non fantascientifiche si possono ottenere davvero dei grandi risultati.

Come forse ricorderete da un precedente articolo, un bravissimo astrofilo, grande amico di TS Italia/Tecnosky, Claudio Balcon, ci ha già mostrato come ci si possa avvicinare all’affascinante mondo degli spettri senza dover per forza possedere strumentazioni con diametro esprimibile in metri. Stavolta, spingiamo ulteriormente oltre il limite.

Il nostro Claudio, infatti, ci ha dimostrato come si possa operare ad un livello davvero degno di un ricercatore professionista anche dal cortile di casa; naturalmente, come sempre, a patto che guidarci sia l’immensità di una passione che non conosce “se” né “ma”, rigorosamente accompagnata da una preparazione scientifica di base davvero molto molto solida, mirata ed evoluta.

E su questo, non si insiste mai abbastanza.

Appoggiare l’occhio ad un telescopio è osservare da vicino la più grande opera d’arte che esista. L’assoluta bellezza che la connota, come per ogni opera d’arte, può certo essere ben visibile e accessibile a tutti. E di questo non si può che rallegrarsi! Tuttavia, per essere davvero compresa, indigata, interiorizzata ed elaborata a fondo, è necessario ben altro che il mero dono della vista, per quanto acuta essa sia: occorre una solidissima preparazione, pratica e teorica, una conoscenza approfondita dell’opera indagata e del suo contesto, nonché del lavoro di tutti coloro i quali, prima di noi, a tale opera si sono approcciati. È quindi un lavoro di vero, genuino amore per la cultura. Cultura con la C maiuscola. Anche se ancora qualcuno ama distinguere la cultura dalla scienza; onorando la prima, mentre il mondo progredisce solo a contatto con la seconda…

Nuovamente un grazie a Claudio per il suo prezioso contributo: oltre al valore dei risultati conseguiti, spero possa essere di ispirazione per tanti.

Prima di lasciare spazio alle parole dell’autore, desidero ancora solo, in questa sede, mostrarvi la strumentazione utilizzata. Altro che Cerro Paranal….

Buona lettura a tutti!

LUCA ZANCHETTA – TELESKOP SERVICE ITALIA

 

setup-spettroscopia

 

 

 


 

 

Storia di una supernova tipo IIP

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Le stelle, quella distesa di puntini luminosi che si vedono nel cielo nelle notti serene, sono dei reattori a fusione nucleare estremamente semplici ed affidabili che non richiedono manutenzione periodica e funzionano ininterrottamente anche per miliardi di anni.

Ogni stella nasce con un processo del tutto simile alle altre. Una nube molecolare nello spazio interstellare può trovarsi nella condizione in cui la forza di gravità inizia ad addensarne una parte. La forza di gravità porta all’avvicinamento delle molecole che compongono la nube che, in questo modo, ridurrà il suo volume aumentando pressione e temperatura.

 

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Figura 1

Nella nebulosa Aquila, illuminata dall’annesso ammasso stellare, ci sono zone che si stanno addensando e che probabilmente in futuro daranno vita a nuove stelle. Molte stelle dell’ammasso sono delle supergiganti blu che risplendono solamente da qualche milione di anni.

 

 

Il processo di contrazione della nube continuerà finché la pressione non sarà in grado di controbilanciare la forza di gravità. Al termine di ciò si avrà una nube densa e calda.
Da questo punto in poi l’evoluzione della nube è legata alla massa e alla tipologia degli elementi che la compongono.

L’elemento prevalente nelle nubi interstellari è l’idrogeno. Sono presenti anche elementi più pesanti e la loro concentrazione e varietà è strettamente dipendente dalle modalità di formazione della nube.

 

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Figura 2

La nebulosa M42 fa parte di una estesa zona HII sede di una elevata formazione stellare. Lo spettro a bassa risoluzione si riferisce ad una zona della nebulosa prossima alle stelle del trapezio. L’esplosione di una supernove può indurre delle instabilità nella nebulosa tali da iniziare l’addensamento dei gas che porteranno alla nascita di altre stelle.

 

 

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Figura 3

La famosa nebulosa di Orione, è composta da una miscela di elementi alcuni dei quali sono stati sintetizzati nel nucleo di stelle di grande massa, progenitrici di supernove.

 

 

Se la massa della nube è superiore a circa un decimo della massa del Sole, preso per comodità come unità di misura, la temperatura e la pressione presenti nel nucleo sono sufficienti ad innescare reazioni di fusione nucleare: è nata una stella.
L’energia prodotta dalla fusione mantiene temperatura e pressione nel nucleo tali da controbilanciare la forza di gravità.
Più massiccia è una stella e maggiore è l’energia che deve produrre per sostenere il proprio peso. Per esempio la massa di Vega è un paio di volte quella solare, ma ha una luminosità assoluta di circa quaranta volte superiore; la massa della stella P Cygni è di oltre cinquanta volte quella solare e ha una luminosità di circa mezzo milione di volte superiore. Di conseguenza: più una stella è massiccia e minore sarà il suo tempo di vita rispetto ad una di massa inferiore, in quanto brucia il combustibile molto più velocemente di quanto non sia il rapporto delle loro masse.

Il 14 maggio 2017, Patrick Wiggins aveva segnalato che nella galassia NGC 6946 la fornace a fusione nel nucleo di un’anonima stella dalla massa di oltre dieci masse solari, aveva smesso di funzionare. Per essere corretti era stata segnalata la conseguenza di ciò: l’esplosione della supernova 2017eaw.
Una stella di tale massa trascorre una parte significativa della sua vita convertendo nel proprio nucleo l’idrogeno in elio. Quando l’idrogeno nel nucleo inizia a scarseggiare anche l’energia prodotta diminuisce così da non riuscire più a contrastare la forza di gravità. Questo comporta una ulteriore compressione del nucleo, aumentandone la temperature fino al punto in cui ha inizio la fusione dell’elio. Questo processo continua con gli elementi via via più pesanti fino ad arrivare al ferro, la cui fusione non è esotermica.

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4cFigura 4

Una supernova 2017eaw è del tipo IIP caratterizzata dall’avere nei primi tre mesi dall’esplosione una luminosità che cambia poco per poi decadere velocemente. Il tasso di variazione giornaliera della magnitudine (M), sulla base dei rilievi effettuati durante il “Plateau”, risulta essere:
M/giorno = (M(23ago)-M(21mag)) / (23ago-21mag) = 0.77M / 94giorni = 0.008
Valore allineato con quanto rilevato per supernove dello stesso tipo.

 

 

A questo punto la forza di gravità prende il sopravvento ed inizia il collasso del nucleo della stella. Se la massa complessiva in gioco è superiore a otto masse solari nemmeno la pressione degli elettroni degeneri riesce a controbilanciare la forza di gravità ed il nucleo continua a collassare su se stesso. Le leggi della termodinamica lasciano il posto a quelle dalla meccanica quantistica.
E’ affascinate pensare che i due strumenti matematici che l’uomo ha creato e che approssimano al meglio le nostre conoscenze dell’universo, la meccanica quantistica e la meccanica relativistica, in questo frangente si trovino strettamente legate per spiegare uno dei fenomeni più estremi che riusciamo a concepire.
La contrazione del nucleo, sotto la forza di gravità, costringe gli elettroni ad unirsi ai protoni che, trasformandosi in neutroni, rilasciano neutrini.
La gravità continua nella sua morsa a far precipitare materia sul nucleo finché la pressione degenere dei neutroni non arresta istantaneamente la caduta. A questo punto un immenso colpo d’ariete, simile a quello che accade quando si chiude repentinamente un rubinetto dell’acqua, provoca un’enorme onda d’urto che fa letteralmente esplodere tutto ciò che non è concentrato nel nucleo. La quantità di energia in gioco in questo frangente è paragonabile all’energia emessa da una intera galassia.
Ciò che rimane sono:
– una stella di neutroni caratterizzata da una massa paragonabile a quella del sole, ma dal diametro di pochi chilometri. Essa normalmente si torva in rapidissima rotazione per la conservazione del momento angolare.
– una nube di gas in veloce espansione, composta da idrogeno, elio ed altri elementi più pesanti.

 

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Figura 5

Lo spettro della supernova 2017eaw, visibile i nero nel grafico, è stato ripreso il giorno 8 giugno 2017 con una esposizione di quindici minuti.
Il risultato ottenuto dopo aver rimosso il fondo del cielo, calibrato lo spettro in dispersione, compensate la risposta strumentale e l’estinzione atmosferica, è stato caricato su GELATO per ottenere la classificazione della supernova.
Per poter elaborare in modo corretto lo spettro è stato necessario introdurre una stima complessiva dell’estinzione della galassia ospite NGC6946, dell’estinzione intergalattica e della via Lattea che nel caso specifico è B-V= 0,2.
Dal confronto con una supernova presente nel database di GELATO, oltre alla conferma che si trattava di una supernova IIP, è stato stimato in 24,6 giorni il tempo trascorso dall’esplosione, che corrisponde con il giorno della scoperta.

 

 

Qualora la massa della stella di neutroni fosse superiore a circa una volta e mezza quella del sole, neppure i neutroni degeneri riuscirebbero a contrastare la forza di gravità e la contrazione del nucleo procederebbe creando un buco nero.

La supernova 2017eaw, oggetto della presente analisi, è classificata come tipo IIP perché, oltre alle righe di emissione dell’idrogeno, ha una luminosità quasi costante per un periodo di circa tre mesi dall’esplosione. Questo periodo viene chiamato in gergo “Plateau” che dà il nome al tipo di supernova (IIP). Le supernove di tipo II differiscono dalle tipo I per la presenza delle righe di emissione dell’idrogeno rilevabili tramite la spettrografia ottica.

Un’altra caratteristica di questo tipo di supernova, identificabile nello spettro, è la presenza contemporanea di righe di emissione e di assorbimento: particolarmente evidente è la riga Hα.

 

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Figura 6

La simultanea presenza di righe di emissione (A) e di assorbimento (B) appartenenti allo stesso elemento origina il profilo detto “P Cygni” (C). Questo profilo è spiegabile come somma di due effetti:
1. il gas in espansione ha prevalentemente una emissione di origine non termica. Ciò che l’osservatore riceve è una banda centrata nella riga in quiete.
2. fra la parte più interna caratterizzata da una forte emissione nel continuo di origine termica e l’osservatore sono interposti i gas che si muovono nella sessa direzione della radiazione e ne assorbono alcune frequenze.

 

 

E’ interessante notare che con il passare del tempo, malgrado la luminosità cambi pochissimo durante la fase di plateau, lo spettro si modifica in modo considerevole.
Infatti si può notare che il massimo dell’emissione nel continuo dello spettro si sposta dal blu al rosso come conseguenza del raffreddamento dei gas in espansione.

 

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Figura 7

Raccolta degli spettri della SN ripresi fra i mesi di maggio e settembre 2017 dallo scrivente. Ad ogni curva è stata aggiunta una costate in ordinata in modo da poterle sovrapporre in un singolo grafico.
Analizzando l’Hα degli spettri ottenuti si ricava che la velocità di espansione dei gas è cambiata approssimativamente da 13.000km/s a 6.000km/s in un periodo di quattro mesi. Questa variazione di velocità è data dalla progressiva rarefazione del guscio esterno in espansione, che permette così di vedere gli strati più interni. Il redshift della galassia ospite z=0.000133, corrispondente a circa 40km/s, è del tutto trascurabile vista la bassa risoluzione dello spettrografo impiegato.

 

 

L’evoluzione temporale di questa supernova, confrontandola con altre IIP studiate in passato, non presenta particolari anomalie confermando e consolidando i modelli teorici che le descrivono.

Per ottenere i dati e le immagini sopra proposte e descritte è stata utilizzata una strumentazione comprendente: un telescopio Newton 200/1000 mm ed uno spettrografo auto costruito.

 

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Figura 8

Lo spettrografo è stato progettato e realizzato per essere leggero, robusto e facilmente utilizzabile anche in inverno con clima rigido. Il peso dello spettrografo, inclusa la camera CCD, è inferiore a 900 grammi.
La risoluzione λ/Δλ è normalmente compresa fra 70 e 200 ed è dipendente dal seeing, dalla messa a fuoco e dagli errori di guida.

 

 

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Figura 9

Foto eseguita durante l’assemblaggio dell’attrezzatura nel giardino di casa, seguirà una lunga serata di riprese.

 

 

Foto, disegni e grafici sono stati realizzati dallo scrivente ad esclusione del grafico stampato da GELATO, http://gelato.tng.iac.es

 

 

Bibliografia:

a ) https://ned.ipac.caltech.edu/level5/March03/Filippenko/paper.pdf
b ) http://dipastro.pd.astro.it/chiosi/Lezioni/LAUREA_TRIENNALE/ASTROFISICA_II_MOD_B/LIBRO_NEW.pdf
c ) http://www.oa-teramo.inaf.it/osservatorio/personale/piersanti/lezioni_SNe.pdf

Star Adventurer e autoguida: un problema ostico e alcune pratiche soluzioni

Cari amici di TS Italia, la stagione sta svoltando al freddo e, inutile negarlo, a tutti passa un pochino la voglia di trasportare strumentazione pesante fino in cima ad una montagna… Oddio, quasi a tutti, perché noi di TS Italia siamo anche grandi amanti della neve e delle alte quote…ma questa è un’altra storia, non divaghiamo…

Sicuramente, dicevamo, la brutta stagione un pochino fa venire meno la voglia di fare tanta strada per andare a osservare e riprendere al freddo, incrementando invece il desiderio di fare astronomia dal cortile di casa. Inoltre, anche quando ci si sposta, in inverno si cercano spesso soluzioni più veloci, grab&go, che permettano di avere a disposizione un setup performante ma veloce da mettere in stazionamento e che consenta un ancor più veloce rientro al calduccio, sotto le coperte, luogo nel quale, peraltro, spesso ci attende qualcuno di piuttosto contrariato per le nostre bizzarrie notturne e per le ingenti spese che da esse derivano. Ma nuovamente…. non divaghiamo…. 🙂

Forse anche in ragione di questo, ci è stato spesso chiesto negli ultimi tempi qualche buon consiglio sull’uso degli astroinseguitori, e in particolare ci è stato più volte chiesto di trovare una soluzione funzionale ed economica per poter guidare lo Star Adventurer di Skywatcher.

Apparentemente, per un astrofilo abituato a montature e ottiche convenzionali, la questione può sembrare quasi banale, ma in realtà per chi utilizza lo Star Adventurer con obiettivi per fotocamera reflex, la soluzione potrebbe non essere così ovvia…. Dove applicare e come collegare, infatti, una seconda ottica di guida? La questione per chi utilizza un OTA tradizionale non si pone neppure: disponiamo sicuramente di serie di anelli di supporto con passi M6 o da 1/4″ e molto probabilmente il nostro focheggiatore ospita almeno una basetta per cercatore con attacco Skywatcher standard al quale applicare un bel ed economico cercatore guida. Ma in assenza di questo?

Ebbene, con gli Star Adventurer, le soluzioni possibili sono, ad avviso di chi scrive, essenzialmente due:

A) adottare un supporto per flash che consenta di alloggiare comodamente un cercatore guida
B) utilizzare un adattatore che in qualche modo permetta di alloggiare una ottica di guida sul nostro Star Adventurer

Per il primo caso, consigliamo di adottare un supporto Geoptik come questo:
http://www.teleskop-express.it/cercatori/1211-adattatore-flash-reflex–geoptik.html

filtro IDAS Hutec V4

Indubbiamente si tratta di una soluzione pratica e assolutamente universale, al costo di soli 60€. Tra i vantaggi, la assoluta leggerezza e l’economicità, nonché l’elevata qualità dei materiali e la piena compatibilità con ogni tipologia e marca di fotocamera DSLR in commercio.

Per il secondo caso, la faccenda diventa più complicata, perché si tratta di capire innanzitutto come debba essere fatto questo supporto adattatore, cosa debba esattamente alloggiare e dove. Ebbene, in questo caso, consigliamo senz’altro di adottare un cercatore guida già fornito di supporto con adattatore universale per il passo da 1/4 di pollice, come questo:
http://www.teleskop-express.it/cercatori/3357-mini-50mm-guide-scope-for-astrophotography-rich-field-telescope-ts-optics.html

filtro IDAS Hutec V4

Questo cercatore guida è infatti provvisto di una speciale piastrina in alluminio anodizzato, non presente in altri cercatori, alla quale è possibile avvitare direttamente la basetta del cercatore fornita in dotazione. L’unione di piastrina e basetta, data la presenza sulla parte inferiore della piastrina stessa di un foro filettato a passo fotografico standard da 1/4″, permette una semplice installazione su qualsiasi testa a sfera dotata di slitta a sgancio rapido.

Ebbene, chiederete, ma è necessario adottare, quindi, una seconda testa a sfera? Si possono installare due teste a sfera sullo Star Adventurer??? La risposta a entrambe le domande, è semplicemente no!!! 🙂

In questo caso sarà sufficiente utilizzare la staffa ad L della Skywatcher per astroinseguitore Star Adventurer, già fornita di serie nello Star Adventurer Kit:
http://www.teleskop-express.it/astroinseguitori/2680-staffa-a-l-per-staradventurer-skywatcher.html

Staffa ad L Skywatcher per astroinseguitore Star Adventurer

Mentre la camera di ripresa andrà fissata alla parte superiore della staffa, nella posizione tipica, per ottenere un sistema di guida completo si dovrà semplicemente sfruttare il secondo perno filettato (libero), con passo fotografico grosso da 3/8″, presente sulla staffa ad L, applicandovi la testa a sfera. Alla testa a sfera, con il meccanismo già visto sopra, si aggancerà quindi il cercatore guida. Et voilà, il gioco è fatto!!!

Ecco che con meno di 100€ abbiamo ottenuto un sistema di guida completo, leggero e performante, che consente anche di migliorare il bilanciamento dell’astroinseguitore e che permette un pieno orientamento dell’ottica di guida nella direzione da noi preferita, senza vincoli di sorta.

A presto!

LUCA ZANCHETTA – TELESKOP SERVICE ITALIA

Un po’ di chiarezza sui filtri IDAS…

Di recente numerosi amici astrofili ci hanno chiesto alcuni chiarimenti sui filtri IDAS, e in particolare sull’utilizzo specifico delle varie tipologie di filtri…. A detta dei più, anche i forum online paiono in questo caso esser di poco aiuto, perché pare non sia stata mai fatta una vera chiarezza da parte del produttore. Effettivamente si può fare un bel po’ di confusione tra V4, P2, D1, H3, N8…

Ok, gli ultimi due me li sono appena inventati io, però dite la verità: per un attimo ci siete cascati tutti, eh?? :DDD
Eh, sì, perché in effetti mamma Hutec non fa moltissima chiarezza su quali siano le effettive destinazioni d’uso degli splendidi filtri che realizza.

Per questo motivo, ho pensato di pubblicare qui una piccola guida sintetica, che chiarisca a tutti scopo e natura dei filtri IDAS.

Come sempre buona (veloce) lettura.

LUCA ZANCHETTA – TELESKOP SERVICE ITALIA


Filtri IDAS

IDAS V4: pensato prevalentemente per il visuale, ha una banda più selettiva e un bilanciamento cromatico un po’ più inesatto. Del resto nella visione di oggetti deboli, come nelle osservazioni deepsky, l’occhio perde la quasi totalità della percezione cromatica, e rileva quindi maggiormente avere un filtraggio poderoso!

http://www.teleskop-express.it/filtri-a-banda-larga/2343-idas-lps-v4-286-hutech.html
http://www.teleskop-express.it/filtri-a-banda-larga/2336-idas-lps-v4-hutech.html
http://www.teleskop-express.it/filtri-a-banda-larga/2340-lps-v4-eos-hutech.html

filtro IDAS Hutec V4

 

IDAS P2: pensato prevalentemente per la fotografia con CCD raffreddati. Ha una gamma cromatica più ampia e fedele, e taglia in maniera molto più selettiva le emissioni delle fonti di inquinamento luminoso. Il bilanciamento dei colori è rispettato in maniera più naturale rispetto al V4 e al contempo la quantità di fotoni che riceve il sensore è molto maggiore.

http://www.teleskop-express.it/filtri-a-banda-larga/2347-lps-p2-286-hutech.html
http://www.teleskop-express.it/filtri-a-banda-larga/2344-lps-p2-31-hutech.html
http://www.teleskop-express.it/filtri-a-banda-larga/2345-lps-p2-36-hutech.html
http://www.teleskop-express.it/filtri-a-banda-larga/2338-lps-p2-48-hutech.html
http://www.teleskop-express.it/filtri-a-banda-larga/2346-lps-p2-50-hutech.html

filtro IDAS Hutec P2

 

IDAS D1: pensato prevalentemente per le DSLR a colori, ancor più se moddate full spectrum. Filtra esattamente come il P2, salva una maggior selettività nella banda 660nm-680nm. Questa selettività nel campo del rosso profondo, serve a prevenire l’eccessiva dominante rossastra che a volte si riscontra sulle DSLR modificate.

http://www.teleskop-express.it/filtri-a-banda-larga/2335-idas-lps-d1-48-hutech.html
http://www.teleskop-express.it/filtri-a-banda-larga/2341-idas-lps-d1-52-hutech.html
http://www.teleskop-express.it/filtri-a-banda-larga/2342-idas-lps-d1-72-hutech.html
http://www.teleskop-express.it/filtri-a-banda-larga/2339-lps-d1-eos-hutech.html
http://www.teleskop-express.it/filtri-a-banda-larga/2348-lps-d1-eosf-hutech.html

filtro IDAS Hutec D1

 

Saint Barthélemy ’17

Anche quest’anno Teleskop Service Italia si appresta a trasferirsi a Saint Barth!

E anche quest’anno TS Italia e TecnoSky saranno entrambi presenti, per la prima volta insieme e con un doppio stand, ricchissimo di novità; tra cui i nuovi prodotti, in anteprima assoluta per la fiera 2017, Astronomy Expert.

Alla fiera saremo presenti in esclusiva assoluta con il nuovo AE Colli-Tester R.E.E.G.O., un nuovo modo di collimare e testare la strumentazione ottica, con una soluzione unica per tutti i tipi di strumento.

Presenteremo anche gli AE Nikon Filter Holder da 31mm e 36mm, supporti per filtri non in cella perfetti per i sempre più numerosi appassionati di astronomia che apprezzano il marchio nipponico delle DSLR; in demo-fiera nella versione APS-C, ma disponibili in prevendita anche per il pieno formato.

Sul settore collimazione, avremo i nuovi AE Collimation Tool per Newton GSO da 6″, un diametro sempre più apprezzato, che però mancava ancora di un kit di collimazione dedicato; peraltro, ad un prezzo molto vantaggioso! E ancora, su tutti gli AE Collimation Tool per SC, lo sconto-fiera per chi mostrerà la landing page promozionale o la mailing-list, sarà addirittura del 50% !!!

Infine, sarà divertente giocare insieme con una AZEQ6 AE MOD, da toccare con mano, montata su supporto AE Tripod MOD Long. Potrete anche giocare a maltrattare un tubo AE Tripod MOD, per saggiarne la solidità con….un martello da 2KG! :DDD

Concedeteci anche una piccola bizzarria, ogni tanto:

Vi aspettiamo alla fiera!

LUCA ZANCHETTA – TELESKOP SERVICE ITALIA


Landing-page promozionale con tutte le novità Astronomy Expert.




Saint Barthélemy ’17
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Speciale Astronomy Expert

 

Anche quest’anno Teleskop Service Italia si appresta a trasferirsi a Saint Barth!

E anche quest’anno TS Italia e TecnoSky saranno entrambi presenti, ma per la prima volta insieme e con un doppio stand, ricchissimo di novità; tra cui i nuovi prodotti, in anteprima assoluta per la fiera 2017, Astronomy Expert.

 

 

 

Vieni a scoprire in esclusiva assoluta il nuovo AE Colli-Tester R.E.E.G.O.
(in promo lancio mostrando questa pagina allo stand)

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Gioca con un nostro AE Tripod MOD e sperimentane la forza!
(potrai verificarne la solidità di persona divertendoti a maltrattarlo)

Tocca con mano in anteprima gli AE Nikon Filter Holder da 31mm e 36mm
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(mostrando questa pagina allo stand, fino ad esaurimento scorte)