Le notti invernali sono molto fredde, ma allo stesso tempo hanno due grandi vantaggi: 1) Il cielo tende a essere più trasparente che nelle altre stagioni (se è sereno!) e 2) La notte scende presto, così non dobbiamo fare le ore piccole per gustarci un po’ di stelle. C’è anche un terzo vantaggio, ed è quello di poter osservare la costellazione a mio avviso più bella di tutto il cielo: Orione.
Si tratta di un gruppo di stelle riconosciuto come una costellazione sin dalle prime civiltà della Terra. Per i Greci Orione era un grande cacciatore che fece innamorare di lui persino Artemide, dea della Luna e della caccia. La dea era così persa per il gigante cacciatore che trascurò il suo compito di illuminare le notti. Una notte, Apollo, fratello gemello di Artemide, vide Orione nuotare in mare e sfidò la sorella a colpire con una freccia quello che da lontano sembrava un cane. Artemide raccolse la sfida, scoccò la freccia e uccise il cacciatore. Solo dopo, quando il suo corpo venne portato a riva dalla corrente, Artemide riconobbe il suo amato Orione e distrutta dal dolore decise di porlo nel cielo insieme ai suoi cani. Il dolore della dea è ancora visibile nella fredda e triste luce della Luna, che ogni notte viene fatta sorgere e tramontare dalla dea.
Orione è la costellazione più appariscente di tutto il cielo, impossibile da non individuare nelle notti invernali, proprio a cavallo dell’equatore celeste. Anche la forma somiglia a un gigante, il cui corpo è individuato dal grande quadrilatero dominato da Betelgeuse e Rigel, stelle molto brillanti e suggestive. Al centro vi sono 3 stelle quasi allineate e di luminosità simile, che vanno a formare la famosa cintura di Orione. In basso altre tre stelle, più deboli, poste in senso verticale, formano la spada del gigante. In alto, da Betelgeuse si diparte un braccio che sorregge una clava e dall’altra parte, a destra, l’altro che sostiene la pelle di un Leone. Orione contiene al suo interno alcune delle nebulose più belle e suggestive dell’emisfero boreale. Il mitologico cacciatore domina il cielo invernale sin dal pomeriggio, quando si può osservare verso l’orizzonte est. Con il passare delle ore la sua inconfondibile sagoma guadagna sempre più spazio, fino a svettare verso sud poco prima della mezzanotte.
Betelgeuse, la stella di color arancio nell’angolo superiore a sinistra del quadrilatero, è un astro che sta giungendo a grandi passi verso la fine della propria vita. Al suo centro l’idrogeno, il combustibile più appetibile e duraturo con cui le stelle si mantengono in vita, è terminato da tempo. Betelgeuse, allora, da astro azzurro si è espansa all’inverosimile fino a superare il diametro di un miliardi di chilometri e si è trasformata in una supergigante rossa, l’ultimo stadio prima di terminare la propria vita con un’immensa esplosione chiamata supernova. Quando accadrà diventerà per qualche mese più luminosa della Luna piena e sarà visibile persino di giorno. L’appuntamento è fissato in un giorno qualsiasi da qui ai prossimi 50 mila anni. La probabilità di assistere all’esplosione di Betelgeuse, quindi, non è superiore a una su 500 per una persona che vive 100 anni. Non è tanto ma è di certo molto, molto più elevata che vincere a una qualsiasi lotteria.
Le stelle che formano la cintura sono tutte giganti blu. Da sinistra a destra troviamo Alnitak, Alnilam e Mintaka. Citate in tantissime mitologie, antiche e moderne, queste stelle, come tutti gli astri, se ne fregano delle nostre insignificanti vicende e brillano perché così hanno deciso le leggi dell’Universo, non per inviare chissà quale strano messaggio a esseri posti su un pianeta che diventa inivisibile già dalla periferia del Sistema Solare.
Più in basso, nella spada di Orione, si nasconde il tesoro più bello della costellazione e, forse, di tutto il cielo. La stella centrale in realtà non è una stella ma la splendida grande nebulosa di Orione, parte più brillante di un enorme sistema nebulare che avvolge tutta la costellazione. Vale la pena andare sotto un cielo scuro, senza la Luna, e puntare questo piccolo gioiello anche con un modesto binocolo. Ci stupiremo nell’osservare quelle tenui trame di gas dalle quali stanno nascendo ancora oggi centinaia di stelle e chissà quanti pianeti. Non vedremo la distesa di gas in apparenza impenetrabile e colorata che mostrano tutte le fotografie, perché il nostro occhio non è abbastanza sensibile. Noteremo una tenue e delicatissima distesa di quello che il nostro cervello proverà a collegare a un banco di nebbia o a una debole nuvola, ma mai interpretazione è più lontana dalla realtà. Quella nube cosmica ha un diametro di almeno 250 mila miliardi di chilometri (25 anni luce), una densità milioni di miliardi di volte inferiore all’aria che stiamo respirando e brilla perché il gas di cui è composta ha una temperatura di circa 10 mila gradi, a causa della potente energia sprigionata dalle calde stelle nate all’interno. Quattro di queste sono facili da osservare perché sono di buona luminosità: si tratta del famoso trapezio, il cuore caldissimo della nebulosa di Orione. È proprio da ambienti come questo che ha inizio l’avventura di tutte le stelle dell’Universo, dei pianeti e persino della vita.
Conil nostro piccolo telescopio, magari ricevuto in regalo per Natale, non potremo farci quindi regalo migliore che puntare la grande nebulosa di Orione da un posto scuro e senza la Luna nel cielo, mettersi seduti, osservare per almeno una decina di minuti e godersi il viaggio più veloce ed entusiasmante che abbiamo mai fatto fino a questo momento. In pochi secondi ci siamo spinti a più di 1000 anni luce di distanza, alla scoperta di uno dei tanti tesori nascosti di un fantastico Universo.