Osservazioni facili ed emozionanti: stelle con pianeti

Uno degli aspetti che ho sempre trovato affascinanti dell’astronomia osservativa è che attraverso la nostra immaginazione, e la consapevolezza di ciò che stiamo osservando, possiamo trovare la più sublime bellezza anche in un’immagine che ritrae un puntino luminoso o un evanescente batuffolo lattiginoso. Non è un’esplosione di chiaroscuri e colori che impressiona in superficie la nostra retina, facendoci gridare dallo stupore per i primi 10 secondi per poi svanire una volta che l’effimero effetto si è concluso. L’astronomia visuale, al contrario, cerca la bellezza nella rappresentazione dell’oggetto che abbiamo di fronte. La sua fioca, indistinta o puntiforme luce non inonda quasi mai la nostra retina ma ha il potere di far meravigliare la nostra anima, superando con facilità le superficiali barriere della vista e utilizzando i nostri sensi come il mezzo per raggiungere una felicità e una pace interiore che raramente hanno eguali nel nostro mondo. È un’attività che nella società frenetica attuale sembra anacronistica e che non ci possiamo più permettere, tanto è diventato prezioso il nostro tempo. Eppure, è l’unico modo che abbiamo per capire qual è il nostro posto nell’Universo, la nostra importanza, quali sono i nostri limiti e le nostre potenzialità; quali sono i problemi veri e quali invece solo degli inutili capricci. E’ l’unico modo per usare al meglio delle nostre possibilità il dono più grande che abbiamo ricevuto: la consapevolezza di quello che ci circonda.

Quando nel 1995 è stato scoperto il primo pianeta extrasolare attorno a una stella simile al Sole, spesso ho passato intere serate della mia adolescenza puntando stelle a caso nel cielo e immaginando viaggi meravigliosi attorno a ipotetici sistemi planetari. Mi sforzavo con la mente di visualizzare quella luce amplificata milioni di volte e quel puntino ingrandito fino a vederne un disco grande quanto il Sole dei nostri cieli. Viaggiavo più veloce di qualsiasi astronave, persino di quella luce che nella realtà rappresenta un limite invalicabile del nostro Universo. E, arrivato fin lì, provavo a girarmi attorno per vedere se potevano esserci pianeti, magari simili alla Terra, ma diversi quel tanto che bastava per lasciare in sospeso il mio giudizio, per dare spazio a quell’alone di mistero, consapevole ma irrisolvibile, che rendeva tutto ancora più magico.
Cercavo e immaginavo… Ogni tanto, spinto da una curiosa nostalgia, volgevo lo sguardo verso quella porzione di cielo dalla quale ero venuto, cercando di capire come si vedesse il Sole e il nostro minuscolo pianeta da quel lontano angolo di Universo. Attraverso il telescopio erano solo dei puntini di luce, come se ne vedono di continuo in ognuna delle nostre stanze buie a causa di televisori, cellulari, elettrodomestici… Se avessi puntato un lontano lampione avrei visto la stessa immagine, eppure non avrei mai potuto fare quel viaggio meraviglioso nell’Universo dentro e fuori di me che solo la volta celeste può regalare.

Sono ormai migliaia i pianeti scoperti al di fuori del Sistema Solare, che quindi orbitano attorno ad altre stelle. Impossibile, persino per molti telescopi professionali, vederli direttamente. Ancora più irrealistico pensare di poterli visitare un giorno non troppo lontano. Eppure noi, cacciatori di meraviglie, di tutto questo non abbiamo bisogno perché il nostro piccolo telescopio e la nostra immaginazione possono attraversare all’instante anche gli spazi più ampi del Cosmo. Ecco allora che l’idea di poter osservare una stella nella cui immagine è racchiusa anche la debolissima e indistinta luce di qualche pianeta, pur non potendolo vedere direttamente, fa venire i brividi.

Il primo pianeta extrasolare scoperto è stato 51Pegasi b, un gigante gassoso che orbita attorno alla stella 51 della costellazione del Pegaso. Questo astro ha una magnitudine di 5,49 ed è persino visibile a occhio nudo se abbiamo una buona vista e un cielo scuro. Qualsiasi binocolo e ogni telescopio ci mostreranno questa stellina sempre più luminosa, di colore leggermente giallo, simile alle altre del cielo ma tanto importante per noi. Da lì è iniziato tutto; da questa stella è partita la grande rivoluzione dell’astronomia e del nostro pensiero, che ci ha visto scoprire in venti anni migliaia di altri mondi, alcuni potenzialmente molto simili al nostro. Non è una semplice stella per noi: è un monumento a un popolo che tra mille contraddizioni e ingiustizie ha continuato a trovare tempo e voglia per guardare l’Universo, con la speranza di conoscerlo sempre meglio e la consapevolezza che in questo lungo percorso diventerà una specie migliore.

51 Pegasi b è un gigante gassoso molto caldo ed è il primo pianeta a essere stato scoperto attorno a una stella simile al Sole. Da lì è iniziato tutto: il nostro tour delle stelle con pianeti non può che iniziare da qui.

51 Pegasi b è un gigante gassoso molto caldo ed è il primo pianeta a essere stato scoperto attorno a una stella simile al Sole. Da lì è iniziato tutto: il nostro tour osservativo delle stelle con pianeti non può che iniziare da qui.

Se vogliamo aumentare la portata emotiva, possiamo scegliere un’altra stella attorno alla quale gli astronomi professionisti hanno scoperto un pianeta simile alla Terra, probabilmente ricco di acqua e, perché no, anche di forme di vita. Il sistema Gliese 667 è composto da tre stelle strettamente avvolte, indistinguibili al telescopio. Attorno a uno di questi astri gli astronomi hanno scoperto ben 6 pianeti (forse 7), uno dei quali sorprendentemente simile alla Terra. Il sistema si trova nella costellazione dello Scorpione e ha una magnitudine pari a 5,89, al limite della visione a occhio nudo, ma qualsiasi strumento, anche il cercatore del telescopio, ce lo mostrerà evidente. Sotto la calda luce di quel puntino rossiccio, chi lo sa, altre forme di vita stanno prosperando e stanno osservando nello stesso nostro istante quel cielo così diverso, in cui una stellina gialla molto debole nasconde la straordinaria storia di questo pianeta e dei suoi abitanti, pienamente consapevoli delle meraviglie dell’Universo.

Gliese 667 è una stella che fa parte di un sistema triplo e ospita uno dei pianeti più simili alla Terra che conosciamo.

Gliese 667 è una stella che fa parte di un sistema triplo e ospita uno dei pianeti più simili alla Terra che conosciamo.

A soli 14 anni luce di distanza, nella costellazione di Ofiuco, si trova una debole stellina molto rossa, denominata Wolf 1061. Brilla di magnitudine 10 ed è visibile solo con binocoli da almeno 50 mm o con ogni piccolo telescopio, non molto distante (in apparenza) dall’ammasso globulare M107. Attorno a questo astro, sovrastato dalla luce di migliaia di stelle ben più brillanti, orbita un pianeta probabilmente roccioso, Wolf 1061 C, alla giusta distanza dalla propria stella, tale da consentire, in teoria, l’esistenza di acqua liquida. La luce rossa della stella trasforma il paesaggio che potremo ammirare dalla sua superficie in una scena per noi quasi apocalittica: tutto il cielo sarà rossastro e tutti gli oggetti avranno tonalità tendenti al rosso, privi dell’azzurro che invece qui sulla Terra è ben evidente. Stare sulla sua superficie potrebbe essere simile a quelle giornate nuvolose in cui c’è in sospensione una grande quantità di polvere proveniente dal deserto del Sahara, che rende tutto uniformemente arancio e rosso.
Non dobbiamo però soffermarci solo su Wolf 1061 C, perché questa stella ospita almeno altri due pianeti rocciosi: uno più lontano e uno più vicino dal corpo celeste sul quale abbiamo deciso di fermarci per un attimo ad ammirare il cielo. Ci sarà qualcuno da quelle parti? E come è possibile che nella luce debole e puntiforme di una stella appena visibile con i nostri strumenti si nascondano almeno tre pianeti grandi come la Terra, che hanno il potenziale di ospitare tutta la complessità biologica che si trova su questa piccola biglia blu scaldata dal calore nucleare di una stella chiamata Sole? È questa una delle grandi sfide dell’astronomia (amatoriale): comprendere ciò che la mente fatica a concepire e che fa parte di una realtà ben più ampia di quella nella quale ci siamo evoluti, fino ad ora.

Wolf 1061: una stellina rossa di magnitudine 10 vicino all'ammasso globulare M107 che merita una visita per scoprire, e immaginare, un sistema planetario formato da tre pianeti, di cui uno potrebbe essere abitabile.

Wolf 1061: una stellina rossa di magnitudine 10 vicino all’ammasso globulare M107 che merita una visita per scoprire, e immaginare, un sistema planetario formato da tre pianeti, di cui uno potrebbe essere abitabile.

Questi sono solo tre esempi di stelle facili da osservare che nascondono pianeti, ma in realtà di osservazioni di questo tipo ne possiamo fare centinaia, se non migliaia, perché la grande maggioranza dei pianeti è stata scoperta attorno a stelle più brillanti della magnitudine 12, quindi accessibili a strumenti anche da 8-10 cm di diametro. Sta a voi fare qualche ricerca su Google e organizzare il miglior tour possibile tra stelle e pianeti. E ricordate sempre una cosa: non si vedono ma ci sono. E a noi, romantici esploratori celesti, tutto questo basta e avanza.

Cosa si vede con un telescopio amatoriale?

Il cielo è ricco di meraviglie, le cui forme e colori sono ben più vasti di tutte le opere d’arte mai concepite dall’uomo. Basta fare una rapida ricerca su internet con parole chiave come “galassie” o “nebulose” per innamorarsi dell’Universo. Proprio come un’irrazionale e irrefrenabile cotta adolescenziale, è questo il momento in cui rischiamo di perdere la lucidità e la calma, perché molto spesso si salta subito a una conclusione inevitabile: “Voglio vedere anche io quelle meraviglie, in diretta sul cielo, voglio comprare un telescopio e abbronzarmi con tutta quella luce e quei colori che mostra l’Universo!”

Purtroppo con questo post ho il poco gradevole compito di riportare tutti con i piedi per terra e di far capire quali sono i limiti e le possibilità che offre un telescopio amatoriale accoppiato al nostro strumento di osservazione, in gergo chiamato occhio.

Tutte le fotografie che possiamo osservare su internet sono, appunto, fotografie, ovvero rappresentazioni della realtà catturate attraverso strumenti molto più potenti dei nostri limitati occhi.

Il limite più grosso che ci impedirà sempre e comunque di avere le bellissime visioni, contrastate e colorate, che ci mostra invece google con estrema facilità è la modesta sensibilità del nostro occhio. Strumento formidabile per farci adattare e sopravvivere nell’aspro ambiente naturale, la nostra vista non ha dovuto di certo svilupparsi per osservare oggetti che fino all’invenzione del telescopio nessuno sapeva neanche che esistessero.

Arriviamo quindi alla prima e fondamentale regola che discrimina tra l’osservazione visuale e la fotografia: il nostro occhio non è abbastanza sensibile per vedere i contrasti e quasi sempre persino i colori di qualsiasi tipo di oggetto celeste, a esclusione delle stelle brillanti e dei pianeti. Non c’è telescopio che tenga: potremmo persino mettere l’occhio all’oculare di un telescopio da 10 metri di diametro ma tanto non riusciremmo a vedere una galassia colorata, come invece permette di fare la fotografia con strumenti persino più modesti di un telescopio giocattolo da 50 euro. Il motivo per cui molti appassionati passano spesso alla fotografia è per scoprire contrasti e sfumature di colore che solo i sensibili apparati fotografici possono rivelarci.

A prescindere dal colore, anche i contrasti percepiti degli oggetti variano molto tra l’osservazione e la fotografia. Come regola molto empirica e un po’ approssimata, ma che rende bene l’idea di quanta differenza ci sia tra quello che vediamo su uno schermo e quello che percepiamo all’oculare di un telescopio, non si fa un grande errore nell’affermare che tra una fotografia e l’osservazione visuale c’è di mezzo un fattore 10 in termini di diametro. Poiché il diametro del telescopio è ciò che per gran parte determina la visibilità e il contrasto degli oggetti osservati, quello che una buona fotografia mostra attraverso un telescopio di 10 centimetri di diametro è visibile, senza troppi sforzi, attraverso uno strumento 10 volte più grande, ovvero di un metro di diametro.

 

Impietoso confronto tra la fotografia, a sinistra, e quello che invece vede l'occhio attraverso lo stesso strumento e il medesimo cielo. Le immagini sono alla stessa scala!

Impietoso confronto tra la fotografia, a sinistra, e quello che invece vede l’occhio attraverso lo stesso strumento e il medesimo cielo. Le immagini sono alla stessa scala!

 

Confronto tra la resa di una fotografia a lunga esposizione ottenuta con un telescopio da 70 m di diametro, a sinistra, e la visione all'oculare di un telescopio binoculare da 60 cm di diametro. Al netto dei colori, tra osservazione e fotografia c'è una differenza di circa un fattore 10 a livello di diametro del telescopio.

Confronto tra la resa di una fotografia a lunga esposizione ottenuta con un telescopio da 70 m di diametro, a sinistra, e la visione all’oculare di un telescopio binoculare da 60 cm di diametro. Al netto dei colori, tra osservazione e fotografia c’è una differenza di circa un fattore 10 a livello di diametro del telescopio.

Poiché un telescopio da un metro di diametro non si trova in commercio per pochi euro, detta così sembra che sto dicendo che l’osservazione visuale sia una perdita di tempo: non è assolutamente vero. Quanto detto fino ad ora serve come terapia d’urto per farvi comprendere che non bisogna guardare le fotografie e sperare di osservare la stessa cosa attraverso il medesimo telescopio, perché non succederà mai.

Dopo aver distrutto tutte le false aspettative, è arrivato il momento di costruirne di nuove e sicuramente veritiere, perché una bella notizia in tutto questo pessimismo cosmico c’è: l’osservazione visuale può essere spettacolare e appagante, solo in modo diverso rispetto alle sensazioni e alle visioni che trasmette una fotografia astronomica. Quello che una fotografia astronomica, per quanto bella, non trasmetterà mai, è l’emozione di stare di fronte a un oggetto distante migliaia, se non milioni di anni luce, senza il freddo filtro del monitor di un computer. Quando si è all’oculare non importa se i contrasti sono deboli e i colori assenti, perché si è in contatto diretto con l’Universo, perché i nostri occhi stanno ricevendo luce che ha attraversato a 300 mila km/s i posti più remoti e affascinanti dell’Universo e in quel momento ha deciso di mostrarsi a noi e solo a noi, per regalarci uno sfuggente, quanto meraviglioso, sguardo verso il passato del Cosmo, un passato per noi presente, eppure distante migliaia, milioni di anni. Osservare il cielo al telescopio è il modo migliore e più emozionante per viaggiare a velocità incredibile a bordo di una immensa macchina del tempo ed esplorare luoghi e spazi dove nessun uomo è mai arrivato e che in pochi hanno persino osservato. E’ come stare in prima fila a uno, dieci, mille spettacoli teatrali; è come visitare milioni di musei, è come vivere mille vite tutte insieme.. E quando la nostra mente, impegnata nel comprendere la vastità e la grandiosità di quello che stiamo vedendo, ci fa percepire quel brivido di sfuggente consapevolezza che dura un millesimo di secondo o forse meno, ci si sente con un pizzico di orgoglio e tanta soddisfazione inquilini protagonisti e non più timidi ospiti di questo meraviglioso Universo.

Per osservare al meglio gli oggetti celesti serve prima di tutto un cielo scuro, lontano dalle luci delle città. Questo vale per le stelle, le nebulose, le galassie, gli ammassi stellari, ovvero per tutti gli oggetti a esclusione di Luna e pianeti, che invece possono essere osservati anche dalle inquinate città. Un cielo scuro di campagna o, meglio, di montagna, in notti in cui non è presente la Luna, è un requisito fondamentale per poter fare ottime osservazioni (e fotografie). Parleremo in un altro post della qualità del cielo e di come stimarla in dettaglio. Per ora accontentiamoci di qualche riferimento grossolano. Un cielo sufficientemente buio è infatti quello che nelle notti estive mostra con facilità la Via Lattea, spessa striscia di luce tagliata in due da un solco più scuro, che parte da sopra la testa e finisce verso l’orizzonte sud. Nelle notti invernali si deve percepire, seppur in modo molto attenuato, la stessa striscia. In tutti gli altri mesi dell’anno, invece, un buon indicatore della qualità del cielo è il piccolo carro: se riusciamo a vedere senza difficoltà tutte le stelle (non del grande carro, ma del piccolo!) allora il cielo è buono per fare proficue osservazioni telescopiche. La differenza tra un cielo illuminato e uno lontano dalle luci (e senza Luna) è enorme e può fare da discriminante, in molte occasioni, tra non vedere un oggetto e osservarlo quasi (QUASI!) come in fotografia.

Con un buon cielo a disposizione, occorre uno strumento che consenta di farcelo sfruttare, ovvero un telescopio. Anche su questo torneremo più volte, ma per ora capiamo bene i punti fondamentali, che sono due:

  • La potenza di un telescopio è determinata in larga parte dal diametro del suo obiettivo. Più è grande e più dettagli posso vedere;
  • Non c’è congegno elettronico che possa migliorare le prestazioni ottiche di un telescopio. Posso equipaggiare uno strumento con GPS, computer potenti, persino con generatori nucleari che garantiscono una vita (del telescopio, meno la nostra!) di centinaia di anni senza dover ricaricare le batterie, ma nessuno di questi congegni ci farà vedere meglio un oggetto, perché tutto dipende da quanto è larga la superficie che deve raccogliere la luce dell’Universo.

Detto questo, per osservare e non semplicemente intravedere gli oggetti del cielo profondo e i dettagli dei pianeti, serve uno strumento di un certo diametro. Fino a qualche lustro fa, il costo elevato degli strumenti costringeva a iniziare con telescopi da 60-80 mm di diametro, a volte 114: troppo poco per osservare con soddisfazione qualcosa oltre i crateri lunari, gli anelli di Saturno e qualche banda su Giove. Con la produzione cinese i prezzi si sono molto abbassati e oggi un telescopio già sufficientemente potente per poter osservare con relativa facilità centinaia di oggetti celesti (o migliaia) può costare meno di uno smartphone alla moda e durare sicuramente di più. Il diametro minimo, quindi, che permette di vedere buoni dettagli è intorno ai 15, meglio 20 centimetri. La configurazione migliore è quella Newton, perché più economica anche se ingombrante. In alternativa uno Schmidt-Cassegrain unisce anche leggerezza e compattezza. Cosa ci mettiamo sotto al telescopio, ovvero la montatura e gli eventuali sistemi computerizzati per puntare e seguire gli oggetti sono degli optional che facilitano la nostra vita ma non migliorano di certo le visioni che avremo. Per questo motivo, dal punto di vista delle visioni offerte all’oculare, un dobson da 20 centimetri, ovvero un telescopio newtoniano su un supporto molto spartano, che costa meno di 500 euro, offre le stesse prestazioni di uno Schmidt-Cassegrain su una pesante montatura equatoriali motorizzata, dal prezzo superiore ai 2000 euro. Quest’ultimo è uno strumento dedicato anche alla fotografia, utilissimo per puntare velocemente gli oggetti celesti e che ci evita di imparare a conoscere il cielo perché fa quasi tutto da solo.

Scendere sotto il diametro di 15 centimetri è consigliabile solo se siamo interessati all’osservazione di pianeti e stelle doppie, o se abitando in città, senza possibilità di spostarci, siamo obbligati a restringere il campo a queste categorie di oggetti brillanti. In questa situazione un rifrattore da 90-100 mm di focale, un Newton da 114-130 mm o un Maksutov o Schmidt-Cassegrain da 10-13 centimetri sono la scelta migliore, perché tanto non potremo mai sperare di sfruttare la grande capacità di raccolta della luce di diametri maggiori visto il luogo dal quale osserveremo e i pianeti presentano già interessanti dettagli con diametro di 10 centimetri.
Capito come funziona a grandi linee l’osservazione visuale e da cosa dipende, la domanda che sorge, direi spontanea, è la seguente: ma cosa posso sperare di vedere in concreto al variare del diametro del telescopio e della qualità del cielo?

Posto che i contrasti e i dettagli dipendono in modo forte dall’esperienza dell’osservatore (all’inizio sarà difficile vedere qualcosa, poi già dopo una settimana si vedrà molto di più) e dall’acutezza visiva, ho cercato di preparare una tabella in cui ci si può fare un’idea. La notizia buona è che quanto state per vedere rappresenta una situazione piuttosto pessimistica: con l’avanzare dell’esperienza la visione migliorerà nettamente.

Qualche oggetto del profondo cielo osservato con un telescopio da 50 mm di diametro (o un binocolo) sotto un cielo scuro.

Qualche oggetto del profondo cielo osservato con un telescopio da 50 mm di diametro (o un binocolo) sotto un cielo scuro.

 

Qualche oggetto del profondo cielo osservato con un telescopio da 150 mm di diametro sotto un cielo scuro.

Qualche oggetto del profondo cielo osservato con un telescopio da 150 mm di diametro sotto un cielo scuro.

 

Qualche oggetto del profondo cielo osservato con un telescopio da 250 mm di diametro sotto un cielo scuro.

Qualche oggetto del profondo cielo osservato con un telescopio da 250 mm di diametro sotto un cielo scuro.

 

Cosa dire invece di Luna e pianeti? Qui l’occhio si riprende la sua (parziale) rivincita, soprattutto sulla Luna, che mostra dettagli molto simili a quelli di una buona fotografia, con contrasti emozionanti e spettacolari giochi di luce.
Un po’ più difficoltosa l’osservazione dei pianeti luminosi, ma per un mero gioco di illusioni: durante le prime esperienze tutti i pianeti appariranno sempre troppo piccoli nel campo dell’oculare, eppure Giove, a 40 ingrandimenti è già grande quanto la Luna piena vista a occhio nudo. In questo contesto non bisogna cercare l’ingrandimento smodato (termine tecnicissimo!) ma convincere il cervello che stiamo vedendo un’immagine già sufficientemente grande a 150-200 ingrandimenti. Andare oltre questi valori necessita di telescopi da almeno 150 mm di diametro e una notevole stabilità dell’atmosfera.

Marte, a sinistra, e Giove, a destra, visti attraverso uno strumento da 100 mm di diametro a circa 200 ingrandimenti. Con il progredire dell'esperienza si vedranno molti più dettagli di queste due, pessimistiche, simulazioni.

Marte, a sinistra, e Giove, a destra, visti attraverso uno strumento da 100 mm di diametro a circa 200 ingrandimenti. Con il progredire dell’esperienza si vedranno molti più dettagli di queste due, pessimistiche, simulazioni.

 

A sinistra: tipico panorama lunare visibile già con strumenti da 80 mm di diametro a 100-150 ingrandimenti. A destra, lo stato dell'arte dell'osservazione lunare, grazie alla maestria di Giorgio Bonacorsi e un piccolo rifrattore da 80 mm di diametro. Riuscite a comprendere quanto conta l'esperienza?

A sinistra: tipico panorama lunare visibile già con strumenti da 80 mm di diametro a 100-150 ingrandimenti. A destra, lo stato dell’arte dell’osservazione lunare, grazie alla maestria di Giorgio Bonacorsi e un piccolo rifrattore da 80 mm di diametro. Riuscite a comprendere quanto conta l’esperienza?

 

Stesso strumento, stessa serata, stesso ingrandimento ma diversi osservatori, uno esperto e l'altro alla prima esperienza. Il modo migliore per migliorare non è comprare sempre nuovi e più potenti telescopi ma allenarsi sotto cieli scuri.

Stesso strumento, stessa serata, stesso ingrandimento ma diversi osservatori, uno esperto e l’altro alla prima esperienza. Il modo migliore per migliorare non è comprare sempre nuovi e più potenti telescopi ma allenarsi sotto cieli scuri.

Fotografia astronomica con meno di 200 euro

La fotografia astronomica è giudicata, spesso a ragione, come un hobby molto costoso e complicato, accessibile solo a chi dispone di una certa disponibilità di denaro. Per fortuna questa regola è valida solo per chi vuole fare riprese al telescopio, un campo che rappresenta una delle possibili branche di questa entusiasmante attività. In realtà il cielo è così vasto e ricco di soggetti che non è necessario per forza di cose un telescopio super corretto e sorretto da una solida montatura equatoriale per effettuare scatti spettacolari.

La fotografia a grande campo di soggetti estesi come costellazioni, la Via Lattea, alcune galassie, ammassi aperti o fenomeni come la luce zodiacale e le aurore polari, a volte è più spettacolare delle riprese al telescopio e di certo permette di catturare eventi e fenomeni che nessuno strumento astronomico ci potrà mai regalare a causa del piccolo campo disponibile. A torto ritenuta la parente povera della fotografia astronomica, in questi ultimi anni la fotografia a grande campo si è guadagnata lo status di branca indipendente, e spettacolare, dell’astronomia.

Il mercato attuale prevede molte soluzioni in grado soddisfare sia chi è già esperto che i neofiti. Gli astroinseguitori, come lo Star Adventurer, sono accessori versatili, leggeri, precisi e tecnologicamente in grado di soddisfare le più disparate esigenze, come la creazione di spettacolari filmati time-lapse e la possibilità di essere montati su qualsiasi treppiede fotografico. Se abbiamo a disposizione la cifra richiesta per l’acquisto di un buon astroinseguitore e la nostra passione è già consolidata, allora non c’è niente di meglio per accompagnarci alla ricerca degli spettacoli e dei cieli più scuri del mondo, comodamente sistemato in un comodo zaino da portare ovunque.

Se invece siamo alle prime armi e non abbiamo a disposizione il denaro richiesto per l’acquisto di uno strumento che rappresenta il meglio per quanto riguarda le foto a grande campo, possiamo rinunciare a qualche comodità tecnologica, senza però dover rinviare la nostra voglia di fotografia astronomica. Alla fine, infatti, per fare fotografia a grande campo del cielo serve solo una cosa, oltre al cielo scuro: una piccola montatura che controbilanci il movimento della Terra e ci permetta di avere stelle puntiformi.

La soluzione più economica per fare fotografia a largo e medio campo (oltre alla reflex, che dobbiamo già avere!) è rappresentata proprio da una piccola montatura equatoriale motorizzata, magari semi-sconosciuta o sottovalutata, ma che nel silenzio generale fa il suo dovere senza troppi problemi. La EQ2 Astrofoto è un gioiellino che per il prezzo di vendita, minore di 200 euro, non ha eguali. Dotata già di un robusto treppiede e di tutti gli accessori per collegare sia una reflex che un piccolo telescopio, viene fornita con il motore in ascensione retta e una pulsantiera, il tutto alimentato a batterie.

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La EQ2 astrofoto è la montatura equatoriale motorizzata più economica per effettuare con successo fotografie a largo campo e lunga posa.

Ho utilizzato con successo questa configurazione per i miei viaggi intorno al mondo, dal deserto australiano alla tundra della Lapponia, passando per i cieli montani di mezza Italia. Una volta stazionata a dovere, con un po’ di pratica per sopperire alla mancanza del cannocchiale polare, il pacco batterie garantisce più di dieci notti di funzionamento e l’inseguimento è sufficientemente preciso per effettuare pose di durata illumitata fino a obiettivi da 20 mm di focale. Con obiettivi dell’ordine dei 55 mm si può arrivare a 10 minuti senza mosso. Addirittura, se ci colleghiamo un piccolo rifrattore da 60-70 mm f5-7 può garantire pose inseguite anche fino a un minuto di esposizione. Non sembra tanto, ma può consentire di ottenere risultati di tutto rispetto anche su soggetti telescopici, come la nebulosa di Orione, la Rosetta, la Testa di Cavallo, la Laguna e molti altri angolarmente estesi, il tutto senza utilizzare un’autoguida, senza cavi e senza disporre di corrente elettrica.

La EQ2 Astrofoto non sarà di certo la raffinata soluzione adottata dai moderni astroinseguitori, non ha un cannocchiale polare, è un po’ delicata, non può fare autoguida e non possiede elettronica, ma per iniziare a divertirsi e fare la necessaria pratica non ha eguali. E con meno di 200 euro siamo pronti per fare spettacolari scatti al cielo; perché l’importante, in molte cose della vita, è non permettere alla mancanza di denaro di fermare i nostri inestimabili sogni.

Orione ripreso con un obiettivo da 16 mm f2.8 dall’Australia su montatura EQ2 Astrofoto. 4 pose da 5 minuti.

Orione ripreso con un obiettivo da 16 mm f2.8 dall’Australia su montatura EQ2 Astrofoto. 4 pose da 5 minuti.

 

La grande nube di Magellano ripresa con un obiettivo da 85 mm f1.2. 22 scatti da 2 minuti.

La grande nube di Magellano ripresa con un obiettivo da 85 mm f1.2. 22 scatti da 2 minuti.

 

Al limite delle potenzialità della montatura EQ2 Astrofoto: la nebulosa Testa di Cavallo ripresa con un rifrattore acromatico 80 mm F400 mm. 167 pose da 30 secondi.

Al limite delle potenzialità della montatura EQ2 Astrofoto: la nebulosa Testa di Cavallo ripresa con un rifrattore acromatico 80 mm F400 mm. 167 pose da 30 secondi.